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lunedì 30 aprile 2012

Il giorno che Belfast rise. 25 giugno 1982


Il vento tira forte. Ostinato. Spazza strade larghe. Piega la testa della gente. Pochi sguardi, assenza apparente di calore umano. Belfast è una città che ti afferra la gola all'improvviso, che stritola, con una presa invisibile fatta di pelle biancastra, facce paonazze, sguardi torvi e odori rancidi di fritto mattutino. Salcicce, sanguinacci, uova e tè bollente lasciato troppo in infusione. In centro e nei quartieri più poveri tutto racconta gesti, desideri, sofferenze e ricordi fra imponenti edifici vittoriani e modeste case popolari in mattoni rossi.

Dopo la brillante partecipazione a i mondiali di Svezia del 1958, la coppa del mondo di Spagna 1982 è la seconda partecipazione alla fase finale per la nazionale dell' l'Irlanda del Nord. Il sorteggio dei gruppi non è quello dei più fortunati. I verdi pescano i padroni di casa spagnoli e la Jugoslavia di Miljan Miljanic, una delle compagini più attese della manifestazione, e infine l'Honduras come solo “teorica” comparsa. L'esordio avviene il 17 giugno allo stadio La Romareda di Saragozza, il giorno dopo la pessima figura delle furie rosse che non andranno oltre il pareggio proprio contro l'Honduras. Jennings, Jimmy e Chris Nicholl, Donaghty, Martin O'Neill, Sammy McIlroy: la squadra è piena di giocatori di ottimo livello. I presupposti per non sfigurare ci sono tutti.

Falls Road. Impossibile non andarci. Impossibile non avere paura. L'emozione ti si appiccica addosso, si riesce a sentirla, ti tocca il cuore. Grandi murales colorati che inneggiano alla libertà irlandese, calligrafie sgangherate su muri crepati e sbiaditi. Ci si domanda perché si debba morire per simili motivi. Ci si chiede se mai è possibile tanto rancore. Ci sono chiese bruciate, bambini con la faccia da bullo che metterebbero in riga intere nostre scolaresche di quell'età. Giocano in mezzo alla strada. Ti guardano male. Le scuole hanno il filo spinato ma tutto sembra normale. Un muro. Lugubre, lunghissimo. Come a Derry. Peggio, come in Cisgiordania, come nella striscia di Gaza. “Peace line”. E tutto intorno case violentate. Buchi di proiettili, e scritte oscene contro gli irlandesi. E ti vengono i brividi.

Ma a far parlare i giornalisti è soprattutto l'impiego dal primo minuto di Norman Whiteside. Diciassette anni, volto sassone, e palleggio virile con alle spalle solo qualche scampolo di partita nella prima divisione inglese, sia pure nel Manchester United di Big Ron Atkinson. Interventi duri, mai sporchi. Scorribande alla Francis Drake.
Su di lui, che con 17 anni e 41 giorni riuscirà a battere il record di precocità in un mondiale di Pelè, il tecnico Billy Bingham sa di giocarsi buona parte della sua credibilità: il ragazzo scoperto dal talent scout dei red devils Bob Bishop (a cui pare si debba anche la scoperta di George Best) si presenta come attaccante, ma Bingham ha intuito la sua ecleticcità tattica e confida che sarà una delle sorprese del torneo. Contro la Jugoslavia va subito dentro. Classe, e grinta da vendere. Finirà zero a zero con scarse emozioni. Ci sarà solo un sussulto per un sospetto fallo da rigore proprio sul ragazzino nativo di Belfast.

Shankill Road. Strade lucide e laceri manifesti arancioni. Lealisti, Orangisti. Anche qui murales inneggianti ai propri ideali, al proprio credo. Dogmatici e fanatici. “Evviva mio figlio è morto in guerra”. Anche qui bambini. Sassi in tasca e occhi guizzanti. Mazzi di fiori davanti a marciapiedi e portoni, negli angoli. Giardini tristi e improvvisati. Fiori freschi, dai colori vivaci, oppure ormai avvizziti e spenti. E quando i petali sono secchi spesso ci si è gia scordato di chi è morto in quel punto.

Il 21 giugno, sempre a Saragozza, la grande occasione sprecata con l'Honduras: dopo il vantaggio rocambolesco di Armstrong, in seguito ad una calmorosa doppia traversa di McIlroy e Chris Nicholl, il migliore in campo diventa addirittura Jennings che riesce a parare tutto tranne un colpo di testa di Laing: 1-1 e tutto rimandato all' ultimo match del girone, che arriva dopo il 2-1 sofferto della Spagna alla Jugoslavia e l'1-0 risicato dagli slavi all'Honduras, con l'ennesimo rigore dubbio di questa competizione.
Stadio Luis Casanova di Valencia, 25 giugno, Spagna-Irlanda del Nord con i padroni di casa e la Jugoslavia a tre punti, la squadra nord irlandese e il già eliminato Honduras a due. Per passare il turno l'Irlanda del Nord ha una sola possibilità: vincere. Nonostante l' immancabile accostamento del tipo "birra e fidanzate", che non si nega a nessuna squadra britannica, l'ambiente è in realtà fin troppo carico, tanto che Bingham ha dovuto interrompere gli allenamenti di due giorni prima per rissa durante la partitella di rifinitura. Il manager è irato con i suoi per l'ultima partita, litiga con O'Neill che non ha gradito la sostituzione con gli Honduregni, e nella conferenza stampa della vigilia va giù ancora più duro: "Avevamo pescato la carta giusta ma l'abbiamo buttata via: adesso al novanta per cento siamo fuori". Evita però punizioni per qualche scorribanda notturna e tavoli da poker clandestini: sa quanto sia difficile andare a un Mondiale e controproducente fare il sergente di ferro con giocatori sì professionisti ma probabilmente non del tutto adatti a regimi continentali..
Nell'ambiente spagnolo la tensione è comunque ancora più alta, per una coppa del mondo nata male, con lo sciopero dei giocatori indetto da Zamora, e proseguito peggio, con svariate correnti di pensiero politiche e mediatiche a disturbare il lavoro del Ct Santamaria. Da bravo ex difensore, l'uruguaiano naturalizzato spagnolo blocca tutti. Con parole dure, ma anche con grande ottimismo, tanto che assicura a stampa e dirigenti che la vittoria del girone è cosa fatta. L'albergo a Navajerreta, vicino a Madrid sede dell'eventuale turno successivo è già prenotato. Zamora è al centro di un ennesimo caso, una misteriosa tendinite che in realtà sembra una sorta di vendetta per l'impiego tattico non gradito: Santamaria è stufo e medita di schierare il madridista Ricardo Gallego, o addirittura Saura, che in quel momento sembra l'uomo della “suerte” .

Belfast dicono che sia emersa dalle acque come per miracolo. Un Atlantide che affiora dal mare. Mezzo milione di anime considerando anche la periferia di Greter Belfast. Due cattedrali, un porto e tante strade. Un luogo in cui si è disposti a morire per pochi brandelli di stoffa colorata. Questo sanno i suoi cittadini divisi da secoli di differenze religiose e civili. Un assurdità, una realtà da rompicapo che ribolle avvelenando il sangue.

Finalmente si gioca. L'Irlanda del Nord decide di non caricare a testa bassa con il suo 4-3-3 flessibile. Gli spagnoli conoscono i tori e generalmente tendono a “matarli”. Infatti aspetta la Spagna che nonostante i tanti attaccanti resta timorosa e impacciata e non si scopre. Poi l'Irlanda del Nord inizia a costruire gioco, una tela di ragno pronta a colpire. La Spagna pare non aspetti altro e gliela spezza, rabbiosa, con tutta una serie di falli interpretati ovviamente molto generosamente dal signor Ortiz. I padroni di casa ripartono bene, ma senza creare niente di concreto. Su un corner, al 40', il piedino di Lopez Ufarte trova la testa di Alexanco. Palla che sfiora il montante, con Jennings che ringrazia. Nella seconda parte di gioco arriva l'inaspettata svolta. Armstrong parte prepotente dalla sua metà campo, e arrivato sulla tre quarti appoggia sul settore di destra per Hamilton e si getta a cercare gloria in mezzo all'area come uno Spitfire sui cieli scuri di Londra del 1940. Hamilton resiste stoicamente a Gordillo, lo supera in velocità, e senza nemmeno alzare la testa mette in mezzo un pallone velenoso. Qui Arconada inventa un numero che lo marchierà a fuoco in negativo per tutta la carriera successiva, smanacciando il pallone in mezzo all'area senza essere pressato da nessun avversario. Armstrong arriva e con un missile che brucia l'erba spagnola si guadagna una pagina di storia.
A questo punto entrambe le squadre in campo sarebbero qualificate e ce ne sarebbe abbastanza per un finale indolore. Ma la Spagna non ci sta. L'orgoglio vince la matematica. Vuole il primo posto, per evitare la Germania, e si butta all'assalto: Jennings salva su Lopez Ufarte, poi fa un'altra prodezza sulla punta del Real.In ogni zona del campo è una battaglia. Fra Donaghty e Juanito è duello all'OK Corral: a finire negli spogliatoi è però solamente il difensore del Luton Town, oltretutto per un fallo non sul provocatore ma su Camacho. Il non più giovane Quini, subentrato per Satrustegui, sgomita e si batte in area, ma nei mischioni i nordirlandesi sanno come cavarsela. A sette minuti dalla fine Gallego, entrato per Lopez Ufarte, crossa senza troppe pretese, ma Jennings si esibisce in un'uscita degna del suo collega spagnolo: tutto il Casanova grida al gol, ma Quini non riesce ad arrivare al colpo vincente davvero per un nulla. Il portiere dell'Arsenal si rifarà su un tiro di Gordillo salvando definitivamente la propria porta. E' finita.
Entrambe le squadre si guadagnano il girone di qualificazione per le semifinali. Entrambe saranno eliminate nei due stadi di Madrid da Germania e Francia, ma per l'Irlanda del Nord fù e resterà un risultato storico.

Quando cala la sera e dal mare si alza una brezza leggera a Belfast parla il vento. Dice che l'odio è come Dio. Non è dato vederlo ma se credete in lui, se combattete in suo nome egli riscalderà le vostre notti. Noi non capiamo, ma intanto su Belfast sta per sorgere un altra alba.

25.06.82. Valencia, Estadio Luis Casanova
Irlanda del Nord-Spagna 1-0
Reti: 1-0 Armstrong 48°
Irlanda del Nord: Jennings, J. Nicholl, C. Nicholl,McClelland, Donaghy, McIlroy (50° Cassidy), M. O'Neill (c), McCreery, Armstrong, Hamilton, Whiteside (72° Nelson)
Spagna: Arconada (c), Camacho, Tendillo, Alexanco, Gordillo, Sanchez, Alonso, Saura, Juanito, Satrustegui (48° Quini), Lopez Ufarte (78° Gallego)
Arbitro: Ortiz (Paraguay)






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by SIR. SIMON