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domenica 29 gennaio 2012

E i Wolves diventarono Campioni del Mondo....

Ci sono favole dove non sempre il lupo è cattivo. Ci sono paesi dove è amato e rispettato. Ci sono luoghi, dove il lupo vive in pieno centro urbano. In una città nel cuore delle West Midlands inglesi, chiamata Wolverhampton. Esattamente fra la Jack Hayard way e Waterloo road, in una tana “dorata” chiamata Molineux. Dove, proprio davanti all'ingresso del covo, c'e un uomo di bronzo con un pallone da calcio in mano che corre e sembra fuggire dalla tana del lupo. Quell'uomo si chiamava William “Billy” Ambrose Wright, faceva il calciatore, ma poteva fare anche il santo, se è vero come è vero che in 541 partite non è mai stato ammonito, nè, tanto meno, espulso. Un gentiluomo nato a Ironbridge, poco fuori da Telford, il 6 febbraio 1924. E lui, proprio come San Francesco ha parlato con il lupo, ma non per ammansirlo. Anzi, voleva che tutti lo temessero. Ha contribuito a farlo diventare famoso, importante. Il lupo in questione per chi non lo avesse ancora capito è una squadra di calcio con delle divise color oro. E' il Wolverhampton Wanderers. E in un gelido lunedì del dicembre 1954 è diventato campione del mondo...





Bisogna fare un piccolo ma doveroso passo indietro. Wembley, 25 novembre 1953. Mentre i Wolves viaggiano sicuri verso il loro primo titolo nazionale, Inghilterra e Ungheria si affrontano in una sorta di disfida per decidere chi fra i maestri d'oltremanica e i fenomenali magiari fosse la squadra del momento. In un nebbioso pomeriggio nel nord di Londra, le antiche e radicate certezze inglesi crollarono di fronte alle prodezze di Puskas e compagni. Il 3-6 finale fu un autentica onta per la nazione. Ogni speranza di vendetta, “una vittoria per il mio regno” mutuando sportivamente il Riccardo III, da consumarsi nella gara di ritorno, fissata per il 23 maggio 1954 al Nepstadion di Budapest, fu spazzata via insieme alla squadra coi tre leoni sul petto, con un risultato ancora più umiliante. Ungheria 7 Inghilterra 1.
Intanto in First Divsion, il Wolverhampton conquista il titolo e si lancia in una serie di amichevoli in notturna per raggiungere una fama che esca anche dai confini nazionali. Il 30 settembre 1953, si accendono le luci sul Molineux nel senso letterale del termine. C'e da inaugurare l'impianto di illuminazione e fu chiamata la nazionale sudafricana. Finirà 3-1 per i padroni di casa. Altri avversari furono il Celtic di Glasgow, gli argentini del Racing Club Avellaneda, il First Vienna, il Maccabi di Tel Aviv e lo Spartak Mosca. Tutti sconfitti tranne i viennesi, che costrinsero i Wolves al pareggio senza reti. Quando fu annunciato che la prossima squadra a tentare di espugnare il Molineux sarebbe stata la grandissima Honvéd, l’attesa, non solo a Wolverhampton, ma in tutto il Paese, fu immensa. Il trono d'Inghilterra sfidava i più forti d’Europa. Walter Scott avrebbe fatto suonare trombe da torneo come nei duelli del suo Ivanohe.
Per il football inglese era l’occasione per una piccola rivincita e per recuperare una parte dell’orgoglio perduto. Il compito dei lupi era di quelli proibitivi. Dovevano affrontare una formazione per cinque undicesimi (Bozsik, Lorant, Kocsis, Puskás e Czibor) identica alla squadra che a Budapest, la primavera precedente, aveva impartito alla nazionale un’autentica lezione di calcio. Era anche una chance per il nostro Billy Wright di mettere a posto un paio di cosette. Capitano nel Wolverhampton e in nazionale, era stato l’unico del suo club presente a Wembley e al Nepstadion e ora doveva vedersela di nuovo con lui, il “Colonnello” Férenc Puskás.
Il 13 dicembre, in 55.000 ammirano i Wolves scendere sul terreno di gioco sfoggiando le nuove casacche satinate, scelte, perché risultassero più brillanti sotto la luce dei riflettori. La Honvéd si presenta in tenuta bianca listata da strisce orizzontali rosse sulla maglia. Il campo è pesante le squadre fanno fatica. I primi minuti trascorrono in sterili batti e ribatti sulla metà campo. Il fango avvinghia il pallone incollandolo al terreno, mentre la zona di centrocampo assomiglia sempre di più a un campo arato.
L’atmosfera però è straordinaria si respira l'aria del grande evento, ma lo stadio ammutolisce quando, da una fortunosa punizione di Puskás dal limite, concessa dopo che la palla era rimbalzata su una mano di Flowers, Kocsis insacca di testa. Wolves 0, Honvéd 1. Appena un minuto dopo, il centravanti inglese Swinbourne ha nei piedi l'occasione per pareggiare ma il portiere ospite Farago è attento e sventa la minaccia. Brillante contrattacco ungherese e Machos, al 14’ infila il secondo pallone alle spalle di Williams. Sotto due a zero in meno di un quarto d’ora. La partita sembra in ghiaccio. Però i Wanderers rifiutano la resa e ricacciano la Honvéd nella sua metà campo, concedendole solo qualche timido contropiede. Per due volte Smith, schierato all’ala sinistra al posto dell’infortunato Mullen, potrebbe accorciare le distanze. Farago è chiamato in causa più volte, ma risponde sempre presente. Dopo l'ultima parata Wright si guarda intorno incredulo. Intanto arriva la fine del primo tempo e sinceramente in pochi credono nell' impresa. Ma occorre sempre diffidare della grinta e dell'orgoglio delle squadre britanniche. La voce del manager Stan Cullis risuona nel silenzio dello spogliatoio:
“Siete troppo nervosi. Tornate in campo e giocate come fate sempre”. L'incitamento sortisce l’effetto desiderato, dato che nel giro di quattro minuti i suoi ragazzi tornano in partita. Appena entrato in area, Hancocks viene atterrato da Kovács. L’arbitro concede il penalty fra le proteste degli ungheresi. Il minuscolo numero sette si rialza e dal dischetto calcia secco in rete: 1-2. È il segnale per l’assalto alla diligenza ungherese. Puskás e compagni si chiudono cercando di colpire solo di rimessa. Broadbent giganteggia sulla linea mediana, Flowers e Slater danno grande sostegno a Wright, mentre Shorthouse e il sudafricano Stuart, l’unico non inglese in maglia oro, si esaltano. La gara riveste un importanza tale da essere trasmessa in diretta per radio e alla BBC. Il pubblico di casa impazzisce di gioia quando, a quattordici minuti dal termine, Swinbourne guadagna il meritato pareggio. I Wolves poi infilano una serie di corner che però non porteranno a niente. Arriva anche un traversone di Wilshaw che impatta la testa di Swinbourne ma la palla sfila di poco fuori. L'azione successiva sarà quella del trionfo. Smith vola sulla fascia sinistra, supera due difensori e centra per lo stesso Swinbourne che gira a rete fra il boato della folla: 3-2.
“Adesso i Wolves possono dirsi campioni del mondo” scriverà il “Daily Mail”. La cosa non va giù all’inviato de “L’Équipe” Gabriel Hanot che ribatte: “Questa è stata solo una partita, ma deve essere presa in considerazione l'idea di un torneo europeo per squadre campioni nazionali”. Il suo giornale porterà a fondo la proposta trovando un formidabile alleato in Santiago Bernabéu. Pochi mesi dopo la Coppa dei Campioni è realtà. Ma questa è un altra storia..


Wolverhampton (Molineux Ground), 13 dicembre 1954
Wolverhampton Wanderers-Honvéd 3-2
Wolverhampton Wanderers (2-3-5): Williams - Stuart, Shorthouse - Slater, Wright, Flowers - Hancocks, Broadbent, Swinbourne, Wilshaw, Smith.
All.: Cullis.
Honvéd (2-3-5): Farago - Palicsko, Kovaks - Bozsik, Lorant, Banyai - Budai, Kocsis, Machos, Puskás, Czibor.
All.: Marosi.
Arbitro: Griffiths.
Marcatori: Kocsis (H), Machos (H), Hancocks (W) su rigore, Swinbourne (W) 2.
Spettatori: 55.000 circa.






Ron Atkinson



di Sir Simon

giovedì 26 gennaio 2012

You'll Never Walk Alone

You'll Never Walk Alone

"When you walk through a storm
Hold your head up high
And don't be afraid of the dark
At the end of the storm
Is a golden sky
And the sweet silver song of a lark
Walk on through the wind
Walk on through the rain
Tho' your dreams be tossed and blown
Walk on, walk on
With hope in your heart
And you'll never walk alone
You'll never walk alone"


Non camminerai mai da solo

"Quando cammini nella tempesta
tieni la testa ben alta
E non farti impaurire dall’oscurità
Alla fine del temporale
C’è un cielo dorato
E il canto dolce e argenteo dell’allodola
Vai avanti incontro al vento
Vai avanti incontro alla pioggia
Anche se i tuoi sogni venissero svuotati e dispersi
Vai avanti, vai avanti
Con la speranza nel cuore
E non camminerai mai da solo
Non camminerai mai da solo."

You'll Never Walk Alone” - in italiano “Non camminerai mai da solo” - è una canzone di scena, scritta dalla coppia statunitense Rodgers/Hammerstein per il musical del 1945 “Carousel “.

Originariamente concepita per marcare due momenti salienti dell'azione, in seguito è divenuta uno standard per numerosi cantanti, tra cui Nina Simone, Frank Sinatra, Doris Day, Patti LaBelle, Barbra Streisand, Judy Garland, Johnny Cash, Elvis Presley, Tom Jones; ma è grazie al gruppo di Liverpool Gerry and the Pacemakers, il primo gruppo a incidere il brano in Europa, che si deve la sua massiccia diffusione anche in ambito popolare, fino a divenire di fatto l'inno ufficiale della squadra di calcio inglese del Liverpool FC.

Il musical Carousel, adattamento di un lavoro teatrale dell'ungherese Ferenc Molnár del 1910, andò in scena nel 1945 con musiche di Richard Rodgers e testi di Oscar Hammerstein II.

You'll Never Walk Alone ricorre in due momenti importanti della rappresentazione, uno tra i primi musical a sfondo drammatico: il primo quando un'amica della protagonista canta tale brano per consolarla della vedovanza, il secondo quando, nella scena finale, la classe della giovane figlia della protagonista, in prossimità degli esami finali, canta tale canzone mentre il padre, temporaneamente tornato sulla terra, assiste alla scena.

Proprio in ragione del fatto che tale brano è collegato agli esami finali, esso divenne ben presto uno standard in occasione delle feste di diploma negli Stati Uniti.

La scena musicale di Liverpool, nei primi anni sessanta, era popolata da numerosi gruppi, dei quali i Beatles erano il fenomeno più vistoso. Altre band famose erano ad esempio Rory Storm and The Hurricanes (la band che vide esordire Ringo Starr), i Searchers e, appunto, Gerry and the Pacemakers, che erano usi proporre al pubblico sia canzoni scritte in proprio che cover di canzoni standard di vari generi.

You'll Never Walk Alone fu incisa da Gerry and the Pacemakers nel 1963. In quel periodo le tifoserie del Regno Unito avevano l'abitudine di intonare in coro, dagli spalti, i pezzi più in voga del momento e You'll Never Walk Alone era uno di essi. Un operatore della BBC riprese nel 1964 i tifosi del Liverpool che dagli spalti del Kop, la celebre tribuna dello stadio di Anfield, cantavano in coro il brano.
Un anno più tardi, nel corso della finale di Coppa d'Inghilterra contro il Leeds a Wembley, i tifosi del Liverpool giunti fino a Londra intonarono il brano, come a sottolineare ai loro giocatori che «non avrebbero mai camminato da soli» e il celebre commentatore televisivo Kenneth Wolstenholme (che nel 1966 fu il telecronista per la BBC della finale di Coppa del Mondo Inghilterra - Germania Ovest) elogiò l'uso di tale canzone come «biglietto da visita del Liverpool» (più propriamente, parlò in inglese di signature tune ).

A parte l'essere di fatto divenuta l'inno ufficiale del Liverpool, tanto da vedere il suo titolo inscritto sulla testata dello Shankly Gate, uno degli accessi dello stadio di Anfield, nonché nello stemma ufficiale del club, You'll Never Walk Alone è stata adottata da altre tifoserie del Regno Unito, in particolare quella della squadra scozzese del Celtic, compagine di Glasgow. Al riguardo, una disputa sorta tra le due tifoserie circa la “primogenitura” dell'uso di tale brano come coro da stadio trova la risoluzione più accreditata nella considerazione che, essendo il brano giunto per la prima volta in Europa nel 1963 come cover a opera dei citati Gerry & the Pacemaker (come già detto, di Liverpool), e cantato dagli spalti di Anfield già nello stesso anno, è decisamente improbabile che, prima di tale data, i tifosi scozzesi del Celtic, usi anch'essi intonare brani in voga, facessero ricorso a un brano proveniente da un musical americano non ancora famosissimo nel Regno Unito. È dunque certo che siano stati i tifosi del Liverpool i primi del Regno Unito, e altrettanto verosimilmente i primi in assoluto, a usare You'll Never Walk Alone come coro da stadio. Ad avvalorare tale supposizione, la testimonianza dell'ex calciatore del Liverpool Tommy Smith che, nel suo libro “Anfield Iron” (2008), narra che nell'estate del 1963 Gerry Marsden, il leader dei Pacemakers, introdusse al pubblico il tecnico della squadra Bill Shankly al suono del brano, all'epoca in fase di pre-pubblicazione: «Shanks [Bill Shankly] era sorpreso di quel che aveva udito… I giornalisti sportivi locali al seguito, affamati di notizie fuori dall'ambito tecnico, riportarono l'accaduto alle loro redazioni, con l'effetto che tutti crebbero che tale nuovo brano fosse l'inno ufficiale del Liverpool. Lo stesso Gerry Marsden, peraltro, già nel 2006 aveva raccontato ai microfoni di BBC Radio che il disc jockey di Anfield aveva l'abitudine di presentare le canzoni della hit parade settimanale nel classico ordine a partire dal 10° posto, e con la canzone al 1° posto diffusa poco prima del calcio d'inizio; i tifosi, dal canto loro, avevano l'abitudine di cantare sulle note di tali canzoni. Quando You'll Never Walk Alone uscì dai primi dieci, la Kop continuò a cantarla ugualmente, adottandola come proprio inno.

La canzone fu in seguito copiata da varie tifoserie tra le quali, oltre a quella già citata del Celtic, anche quella degli olandesi del Feyenoord (Rotterdam) e quella tedesca del Borussia Dortmund, senza comunque raggiungere il livello di intensità e suggestione che trova ad Anfield.

Una registrazione di You'll Never Walk Alone cantata dal Kop compare nel finale del brano Fearless, terza traccia dell'album Meddle (1971) dei Pink Floyd, mentre un'edizione del brano fu incisa a scopo benefico nel 1985 da un gruppo di cantanti, tra cui lo stesso Gerry Marsden e Paul McCartney, in sostegno dei familiari delle vittime dell'incendio di Valley Parade, impianto del Bradford City, in cui morirono 56 persone.

Per il presidente del Comitato Olimpico Spagnolo Alejandro Blanco, l’emozione provata nell'aver sentito i tifosi del Liverpool FC cantare ad Anfield You’ll Never Walk Alone è stata fonte d'ispirazione a cercare un testo per l'inno nazionale del suo Paese (attualmente completamente strumentale) in vista delle olimpiadi di Madrid del 2016.

Feste, drammi, You’ll Never Walk Alone si sposa bene con qualsiasi tipo di evenienza, inno alla vita ma anche alla morte, in qualsiasi occasione ed in qualsiasi luogo le sue note vengono suonate con successo, ma è sicuramente fra le mura di Anfield che raggiunge la sua massima espressione.

You’ll Never Walk Alone, la più bella, la più famosa, la più schockante canzone mai planata su un campo di calcio.


eccovene una versione..




by Cody-wan-Kenoby



mercoledì 25 gennaio 2012

24 Aprile 1988. Il giorno dei Cappellai Matti.

Un altro stupendo racconto dell'amico Simon:


Questo racconto non è un racconto, è un accozzaglia di ricordi alla rinfusa, recuperati come sempre dal solaio disordinato delle memorie adolescenziali e da qualche filmato d'archivio. Ma perché mi ritrovo sempre con il gusto di raccontare cose vecchie, “cose mie” cose che non hanno interesse neppure per l'antiquario, ma solo per il rigattiere? Cose che ai ragazzi di oggi strappano spesso un malcelato sorrisetto ironico. Sarà forse per via del fatto, che arrivato ai quaranta anche i ricordi più banali assumono profondità, spessore, assumono il valore affettivo del “c'era una volta”. O forse perché il calcio inglese degli anni 80 mi coinvolge nel gioco subdolo e sottile del “come eravamo”, come se riguardando certe immagini dovessi dire a tutti: “ Ecco io quella sera stavo proprio guardando quella partita mentre i miei coetanei scorrazzavano fuori in motorino, ero solo un ragazzino a quei tempi..” 

“Eppure non dovrebbe essere molto lontano. Cartina e indicazioni coincidono, ma qui a Bury park sembrano esserci solo file interminabili di case a schiera..”

Mad as a hatter. Sono matti questi cappellai. Non un semplice proverbio. C'è del vero. Se, come riportano le cronache, durante la lavorazione dei cappelli vigeva l'abitudine di utilizzare il mercurio. Sostanza che alla lunga aveva effetti rovinosi sulla salute mentale degli artigiani. Forse Louis Carroll nel suo Alice in Wonderland ha probabilmente ironizzato sul detto popolare quando ha ideato la figura del cappellaio matto. Surreale ed enigmatico personaggio accusato di ammazzare il tempo, che risentito, si bloccò alle sei del pomeriggio in una folle e perenne ora del tea. Forse Louis Carroll avrà pensato a Luton. Alla Luton del XVII secolo quando la cittadina era all'apice in Inghilterra nella produzione di cappelli. Oggi Luton, sobborgo poco più a nord della cintura londinese, non è più famosa per i suoi cappelli se non da un punto di vista prettamente storico, e, a dire il vero non è nemmeno più famosa per i suoi motori dopo che nel 2002 la Vauxall ha deciso di chiudere lo stabilimento aperto agli inizi del secolo, innalzando vertiginosamente il tasso di disoccupazione. Attualmente la leva economica più importante è senza dubbio il Luton Airport che convoglia fra perimetro e indotto circa il 55% della forza lavoro locale.

“No aspetta, eccolo lì, i riflettori non mentono mai. Ecco lo stadio. Ma ne valeva veramente la pena lasciare Londra e salire fin qui nel Bedfordshire a cercare l'impianto degli Hatters incastonato nella didascalica e geometrica edilizia di quartiere inglese?"

Ed è proprio una compagnia aerea che oggi sponsorizza il Luton Town FC 1885. Inadempienze societarie hanno fatto precipitare il club in Football Conference. Quinto livello della piramide inglese. Un limbo di semiprofessionismo. Crepuscolo di speranze e passione. Ma al Kenilworth road sono spesso brillati bagliori di gloria vera. E il più grande di tutti è stato quello che ha illuminato la sera del 24 Aprile 1988. League Cup final. Nell'anno precedente il Luton aveva conquistato un sorprendente settimo posto in First Division, lasciando agli occhi di tutti la prospettiva di un possibile miglioramento nel torneo successivo. Tre anni prima la società decise di ricoprire il terreno di gioco con una superficie artificiale seguendo quello che era stato l'esempio del QPR nel 1981. L'innovazione che da subito venne osteggiata dalla federazione inglese e da quasi tutti i club della lega ebbe a dire il vero vita molto breve tanto che nel 1991 il sintetico dovette essere abbandonato per sempre.

"Ma siamo sicuri che questo è l'ingresso? “ Ma certo. Oak Stand. Quasi una sorta di passaggio segreto mimetizzato fra le palazzine. Stretto e angusto. Non sembra davvero di essere a ridosso di uno stadio. “Ci sarà qualcuno per farci entrare o da buoni italiani tentiamo appena possibile di sgattaiolare all' interno?” “Mmm.. forse per il momento conviene cercare lo shop del club, magari lì domandiamo se ci fanno fare qualche foto, almeno una..”





La coppa di lega 1987/88 inizia in un doppio turno contro il Wigan Athletic che viene battuto in entrambe le partite prima per 0-1 in trasferta poi 4-2 in casa. Per guadagnarsi il terzo turno bisogna salire sino a Filbert Street di Leicester, ma le foxes non c'entrano niente, l'avversario è il Coventry City che si arrenderà 3-1. Negli ottavi il Luton sbanca Portman Road sconfiggendo i padroni di casa dell' Ipswich per 1-0. Si resta a Kenilworth road invece per i quarti e la vittima degli uomini di Ray Harford è il Bradford sconfitto con il classico 2-0. Adesso l'impresa inizia a concretizzarsi, tanto che anche il nome della semifinalista non sembra incutere eccessivi timori. Nella doppia semifinale arriva l'Oxford United che due anni prima aveva sorpreso vincendo proprio questa manifestazione battendo in finale il QPR 3-0. Ma gli U's dovranno far strada al Luton Town che dopo aver pareggiato 1-1 al Manor ground, risolvono il discorso qualificazione sul sintetico di casa per 2-0. E' fatta. Gli Hatters sono in finale, ma davanti si troveranno un autentico mostro sacro. L'Arsenal di George Graham e dei suoi campioni.

“E' aperto meno male.. guarda che meraviglia..” Un surreale prefabbricato biancastro è il club shop degli hatters. Improbabile, quasi anonimo, ma in quel momento avevo l'impressione che contenesse anche il Sacro Graal. Il commesso ci guarda vagamente perplesso, quasi divertito. Difficile farli credere che siamo qui per il Luton Town, ma il mio entusiasmo sembra convincerlo e ci mette davvero a nostro agio."

Il pullman del Luton Town partì per Wembley la mattina del 24. Era difficile mantenere la concentrazione, l'emozione era alle stelle. Quel giorno c'era qualcosa di magico, qualcosa che difficilmente si sarebbe ripetuto. Accadono queste cose. Inaspettate. Come uno starnuto improvviso. Silenzio. In lontananza, incombevano le torri dello stadio con i pennoni e loro bandiere; appena dietro alla seconda, il leone di rame scintillava di verde nella luce brillante di una gradevole primavera londinese. Ma adesso è giusto entrare in dettagli più tecnici. 

Il Luton di manager Harford, sarebbe sceso in campo con questa formazione: Dibble, Breacker, Johnson, Hill, Foster, Donaghy, Wilson, Stein, Harford, Preece, Black. In panchina a disposizione c'erano Antony Grimes e Mark Stein. 

L'Arsenal che per la cronaca aveva vinto la coppa l'anno precedente sconfiggendo 2-1 il Liverpool, andò in campo con quella che per i tifosi dei gunners assomigliava molto a una litania religiosa: Lukic, Winterburn, Sansom, Thomas, Caesar, Adams, Rocastle, Davis, Smith, Groves, Richardson. Con loro ma bordo campo Hayes e Martin.

“Con un maldestro ma comprensibile inglese, chiedo se per caso hanno la replica della finale della coppa di lega 1988. Me la ricordo. Maglia bianca su pantaloncini royal navy, sponsor tecnico adidas circondato dalla dicitura a ricordo dell'evento, fantastico crest con l'immancabile cappello di feltro a sormontare lo stemma e sponsor Bedford in bella mostra. “Erano degli autocarri vero?” Il commesso mi guarda fra il divertito e l'ammirato, poi ci mostra la “reliquia”. Non guardo nemmeno il prezzo, è mia."

Wembley è una scacchiera di un verde meraviglioso. Uscendo dal tunnel che porta sul terreno di gioco Ray Harford si irrigidisce, poi il boato. Non ce più tempo per pensare. Ci siamo. Joe Worrall fischia l'inizio davanti a una folla di 95732 persone.
Il Luton avverte quello che in gergo si chiama timore reverenziale, appare contratto, quello stadio fa tremare le gambe. Molto meno agli ormai esperti biancorossi di Highbury. E poi sugli spalti loro sono molti di più, più rumorosi. Sembrano dei professionisti delle finali. Marinai di mille navigazioni. Devono aver incontrato corsari e marosi. Devono aver fatto mille battaglie e per ciascuna hanno forse tatuato un cannone sul petto...Ma per diamine, penso io, davanti alla TV anche dalle parti di Kenilworth avranno bevuto mille birre e masticato tabacco, anche loro alla fine non sono agnellini, anche loro è gente che ha visto molto, e molto ha vissuto. Come quella sera con il Millwall. Pagina triste di una serata di FA Cup.
E intanto sul campo Steve Foster regala uno splendido assist a Brian Stein che spezza in due tutta la difesa dell' Arsenal, e batte da breve distanza John Lukic, 1-0. E siamo solo al 13° minuto del primo tempo.

“Compro la maglia e una sciarpa e poi quasi imploro il commesso di poter fare una foto all'interno dello stadio. Il mio amico molto meno patito di football di me ride sommessamente. Sto per ucciderlo lì sul posto. Omicidio al club shop del Luton Town. Poi capisce che non è molto producente e torna serio. Il nuovo libro di Aghata Christie non verrà mai pubblicato. “Follow me” e io dietro come un bambino al luna park con il padre."

Il primo tempo si chiude con il vantaggio del Luton. Per il momento sembra già un impresa. Poi arrivano i 20 minuti più lunghi della storia della League cup, sponsorizzata Littlewoods. Al 71° Martin Hayes subentrato a un poco incisivo Groves firma in mischia il pari per l'Arsenal. L'inerzia del match si inverte nettamente, tanto che tre minuti dopo Alan Smith con la difesa degli Hatters in totale confusione sigla il vantaggio dei Gunners e quella che in quel frangente sembrava davvero la fine delle residue speranze degli uomini di Harford. L' Arsenal ora passeggia sul campo. Quasi irride l'avversario. Poi arriva un episodio. David Rocastle penetra agevolmente all'altezza del vertice sinistro dell'area di rigore del Luton e il nord irlandese Mal Donaghy lo tocca. O forse no. Fatto sta che Worrall è inflessibile e concede il rigore per l'Arsenal. E qui accade che il genietto perverso dello spettacolo ha in serbo un finale diverso. Incredibile. Winterburn si fa ipnotizzare da Dibble che con un balzo sventa la minaccia neutralizzando il rigore. E' la nemesi. Sul ribaltamento di fronte un goffo Gus Caesar svirgola il rinvio inciampando sul retropassaggio di testa di Sansom, innescando un azione caotica che al termine di una serie di tiri e rimpalli porterà al pareggio di Wilson. Ma non è finita perché proprio al 90°, con un finale da brividi, arriva la sorprendente conclusione. Tony Adams, che ha già la fascia di capitano del club, stende sulla tre quarti Stein. Sulla susseguente punizione è lo stesso Adams che prova a liberare ma metterà in movimento sulla fascia il neo entrato Ashley Grimes che scodella il pallone in mezzo all'area dove ancora lui, ancora Brian Stein anticipa tutti depositando in rete il goal vincente del 3-2. Esultano i giocatori, esulta Harford e i suoi assistenti in panchina. Impazzito lo spicchio di Wembley dove sono assiepati i tifosi del Luton. Fiumi di birra scorrono al Duke of Clarence, mentre capitan Foster solleva la coppa.


   



“Ci sono, siamo dentro. Faccio solo un paio di foto per non approfittare della straordinaria cortesia del commesso. Il mio amico mi chiede:”Ancora non ho ben capito perché sei voluto venire qui..” Lo guardo e dopo un attimo gli rispondo:”Per loro, per quei ragazzi che nel 1988, mentre magari tu eri fuori a giocare a nascondino, ignaro di ciò che stava succedendo a Londra, hanno vinto la coppa di lega a Wembley”.




di Sir Simon



sabato 21 gennaio 2012

Recensione: "Come gli S.S. Wanderers vinsero la Coppa d'Inghilterra" di James Lloyd Carr

Questo è un libro davvero originale, appassionante ed interessante che consiglio a tutti gli amanti del football in puro stile british, a chi ama le “favole” delle piccole squadre e la magia della meravigliosa FA CUP, la leggendaria Coppa di Inghilterra. Ma non si tratta solo di football, si tratta della vita in generale.
In questo libro non si parlerà di grandi campioni, di fuoriclasse strapagati e pieni di successi, ma di una piccola squadra semplice, ma allo stesso tempo coraggiosa e molto umile.
Questo romanzo scritto da James Lloyd Carr che si immedesima, raccontando questa storia, in Mr Gidner, testimone e protagonista dell’incredibile storia di quando, come dice il titolo, gli “S.S. Wanderers” vinsero la Coppa d’Inghilterra….
Non andate a cercare nei libri storici il nome di questo Club… non lo trovereste semplicemente perché non è mai esistito (purtroppo)!!
Infatti questa è una bellissima storia di fantasia anche se leggendone le pagine sembra tutto così realistico e spesso ci si immagina certi avvenimenti così ben narrati come se fossero realmente accaduti…
Purtroppo non è così!!
Dico “purtroppo” perché, nonostante la FA CUP, quella vera, ci abbia regalato nella sua lunghissima e gloriosa storia tante bellissime imprese, tante sorprese e tante grandi partite, mai ci sogneremmo di pensare che nella realtà, soprattutto nel calcio moderno e ricco di oggi in cui i grandi Club sembrano sempre più inarrivabili per piccole squadre di provincia,  possa accadere che un gruppo di semplici dilettanti possa addirittura arrivare a Wembley e vincere la finale della più bella e famosa competizione calcistica!
Ma partiamo dall’inizio e, come dice l’autore nella prefazione del libro, sta al lettore decidere se questa storia è credibile oppure no, secondo me lo è, basta crederci, basta immergersi nella lettura, poi chiudere gli occhi ed immaginare… immaginare un football meraviglioso, una storia di uomini veri, determinati e disposti a qualsiasi sacrificio pur di raggiungere il proprio sogno!
Io l’ho fatto ed è stato bellissimo lasciarsi trascinare in questo incredibile ed avvincente racconto e, dentro di me, gli S.S. Wanderers sono realmente esistiti ed hanno per davvero vinto la FA CUP a Wembley!!!
Come dicevo il narratore di questa storia ambientata in Inghilterra nel 1974 è Mr Gidner l’ “onorevole Segretario” dei Wanderers, colui che è stato incaricato dal Presidente Mr Fangfoss di scrivere la storia ufficiale di questa stagione calcistica pazzesca, ma che, in questa narrazione, preferisce raccontarci non le statistiche o i dettagli dei risultati, dei marcatori ecc.., ma piuttosto le emozioni vissute in prima persona nel corso di quegli avvenimenti così straordinari e di come tutto nacque.
Siamo in un piccolo paesino dello Yorkshire, Steeple Sinderby (da qui l’abbreviazione S.S.), un paese di semplici contadini molto tranquillo nel quale Mr Gidner si trasferì rispondendo ad un annuncio di lavoro e nel quale trovò quella pace e serenità che sempre aveva cercato e nel quale, pur svolgendo piccole mansioni, poteva sentirsi importante almeno per quella piccola comunità.
Come Mr Gidner anche altri due importanti personaggi di questa storia si erano in passato trasferiti, per motivi diversi, a Steeple Sinderby: il Dottor Kossuth, ungherese, ma ormai inglese a tutti gli effetti, ed il giovane Alex Slingsby che aveva giocato a calcio come professionista disputando sei partite per l’Aston Villa prima di ritirarsi, a causa di un grave incidente capitato alla moglie, nella tranquillità di questa paesino.
Entrambi lavoravano per la scuola del paese, Kossuth era il Preside, mentre Alex era anche l’allenatore della squadra di calcio del paese, i S.S. Wanderers, squadra che nella stagione in corso disputò un campionato discreto.
Furono proprio questi due personaggi i protagonisti dell’inizio delle fortune di quella piccola e sconosciuta squadra di calcio….
Il Dottor Kossuth aveva una mente geniale e gli alunni della scuola venivano istruiti con metodi innovativi sensazionali tanto da ricevere i complimenti da parte di un ispettore che venne a valutare il livello della scuola.
Un giorno, il 14 marzo, Alex, disse al Dottore queste fatidiche parole, che sarebbero poi diventate storiche “Dottore, se lei vi dedicasse le sue intere facoltà mentali, scommetto che riuscirebbe ad escogitare qualcosa di altrettanto rivoluzionario per il calcio. Se mai lo farà, lo considererei un favore se lei permettesse agli Steeple Sinderby Wanderers di essere i primi a sperimentare qualunque trovata lei abbia architettato”.
Kossuth rispose semplicemente “Ci penserò su
A quei tempi i Wanderers erano una semplicissima squadra di paese per la quale Mr Gidner si impegnava con grande passione mandando ad un giornale locale i resoconti delle partite, i risultati al segretario della lega calcistica nella quale si giocava, scrivendo la lista dei giocatori convocati per le partite esponendola sulla bacheca del pub “Black Bull”, portando le divise sporche dei calciatori al lavaggio. Il sabato era la grande giornata del match e Gidner, aiutato da “Caporale” sistemava il campo ed organizzava tutto ed infine si posizionava all’ingresso dello stadio a vendere i biglietti d’ingresso.
Per Gidner l’importante era sentirsi utile, anzi indispensabile, questo lo teneva impegnato e la consapevolezza di essere importante per qualcuno gli dava conforto e soddisfazione.
Il sabato della partita allo stadio si presentò anche il Dottor Kossuth che, la settimana successiva, si recò a Leicester per assistere ad una partita di calcio professionistica. Aveva preso sul serio la richiesta di Alex!
Al suo ritorno espose le sue sensazioni proprio a Gidner e ad Alex dicendo che c’era ben poca differenza tra il Leicester e i Wanderes, le regole erano le stesse, così come le dimensioni del campo e il numero di giocatori, ed anche gli schemi di gioco erano per il 90% gli stessi e sostenne che la principale differenza stava nel gioco aereo.
Poi elencò sette punti (che divennero famosi come i Postulati di Kossuth) per lui fondamentali per comprendere come una squadra dilettante come i Wanderers potesse competere con delle squadre composte da giocatori professionisti.
Questi postulati vennero in seguito esposti da Alex durante il Consiglio dei Wanderers che si teneva ogni settimana al Black Bull e che era composto dal Presidente Mr Arthur Fangfoss (che a Steeple era l’uomo più ricco ed importante ed era a capo di tutte le associazioni), che non era un tifoso, né un intenditore di calcio, da Alex, Mr Gidner e dal reverendo Giles Montagu.
Alex propose che i Wanderers si iscrivessero alla prossima edizione della Coppa d’Inghilterra; la proposta, data la grande fiducia che tutti riponevano in Alex, venne accolta da Consiglio e vennero poi esposti i Postulati di Kossuth.
Non ve li svelo altrimenti poi vi dico troppe cose…. Comunque sono tutti aspetti interessanti riguardanti le tecniche di gioco, ma anche riguardanti fattori esterni come i tifosi e il campo di gioco.
Il progetto quindi di partecipare alla FA CUP fu accolto con entusiasmo e tutti si dedicarono per organizzare al meglio la squadra, la cosa più importante per vincere è la volontà di volerlo fare realmente, la convinzione di poterlo fare. Spesso viene ricordato l’esempio dell’Hereford, protagonista (nella realtà) di uno dei più famosi Giantkilling ai danni del Newcastle.
Alex reclutò dei giocatori adatti a quanto esposto dai Postulati e, durante l’estate che precedeva la nuova stagione calcistica riuscì a convincere (nonostante le proteste delle mogli dei giocatori) ad organizzare una vacanza-ritiro a Snainton-on-Sea per i giocatori e le proprie famiglie per prepararsi in modo ottimale all’imminente inizio della Coppa.
Solo un giocatore si rifiutò di partecipare e per questo motivo, pur essendo uno dei migliori della rosa, venne escluso in maniera definitiva dalla squadra. Alex era così, voleva la squadra unita, umile e determinata.
Proprio durante il ritiro Alex incontrò la sorella del reverendo Giles, Biddy, che girava per le città del Distretto per diffondere la sua religione con una tale volontà e caparbietà che lo colpì e che gli fece venire una brillante idea… convincere Biddy a parlare con Sid Swift, la “Meteora”…
Swift giocò una strabiliante stagione in Prima Divisione nel Birmingham segnando 52 gol, ma poi scomparve afflitto dalla depressione ritirandosi a vita privata in un paesino vicino a Sinderby.
Biddy non solo riuscì a parlare con la “Meteora” convincendolo a tornare a “vivere” seguendo la sua religione ma gli donò finalmente la voglia di rimettersi in gioco e di ricominciare a giocare a calcio… naturalmente nelle file dei Wanderers!!
Finita l’estate la squadra era stata ormai allestita, questa la formazione: Tonks, Hardcastle, Ormskirk, Crummock, Slingsby (Alex), Maidstone, Montagu (il reverendo!), Midgely, Swift, Hutton, Sledmer.
Arrivarono anche le nuove divise ufficiali di un colore giallo ranuncolo che non piaceva a nessuno (ma Alex sosteneva che era il colore più visibile in mezzo al fango dei campi di calcio di provincia…), ma per fortuna, dopo il primo bucato, il colore cambiò e tutti furono messi d’accordo!
Oltre a giocare il normale campionato, i Wanderers cominciarono a giocare i Turni preliminari di qualificazione alla FA CUP, il primo match giocato fuoricasa contro il North Baddesley fu vinto per 11-0!
Il secondo match si giocò contro gli Hackthorn Young Conservatives che schierarono, vista l’indisponibilità di un giocatore, una ragazza…si giocava in casa questa volta, al Parson’s Plow e si vinse 9-0… con la indomabile Dolly Preston che si battè fino alla fine!!
Iniziò così il primo girone di qualificazione e l’avversario fu il Barchester City, i vicini di casa “belli”… la città era più bella, aveva anche una Cattedrale, e la squadra era molto forte e seguita dai tifosi locali e di conseguenza la più odiata in tutta la Contea.
Ma i Wanderes non si fecero intimorire battendoli per 0-6!
Alex era molto coinvolto e pretendeva che tutti i giocatori dei Wanderers fossero convinti in quello che stavano facendo, l’obiettivo era quello di andare più avanti possibile nella Fa Cup e per farlo era necessario che tutti ci credessero e che tutti fossero disposti a dare sempre il massimo.

Una sua frase fu “dobbiamo pensare al calcio e sognare il calcio, tutti noi undici e anche le riserve! Se ci battono dobbiamo lasciare il campo consapevoli che non c’era niente, niente, niente di niente che potevamo fare e che non abbiamo fatto. In questo modo io per primo non sarei dispiaciuto di aver perso”, questa era la sua mentalità e nessuno lo avrebbe potuto fermare!"

Il prossimo avversario era il Tetford United, squadra forte che aveva vinto le ultime tre edizioni della Fenland League, un paese di 11.000 abitanti che si lamentava di dover giocare in casa contro una squadra di coltivatori di cavoli che avrebbe portato nelle casse meno soldi di una normale partita di campionato.
I Wanderers dovettero fare a meno di Giles Montagu, impegnato a svolgere l proprio ruolo di reverendo del paese… ma a Tetford, nonostante le ostilità, si vinse a sorpresa per 0-2.
La partita successiva ancora in trasferta, era contro il Tampling Athletic, squadra che militava nella Southern League Premier Division. Seguendo uno dei Postulati di Kossuth, Mr Gidner, che continuava a seguire la squadra dappertutto, organizzò un tifo in trasferta in modo da far sentire i Wanderers a casa…
Il Tampling sottovalutò gli S.S. nonostante le vittorie precedenti e perse malamente per 0-3…
Il Tampling esonerò il proprio allenatore e chiese di poter acquistare alcuni dei giocatori dei Wanderers, ma Mr Fangfoss rifiutò qualsiasi offerta.
Erano finiti i duri turni preliminari dai quali il Sinderby era sopravvissuto e il sorteggio decise che la prossima partita si sarebbe giocato al Parson’s Plow contro i professionisti dell’Hartlepool! Era arrivato il fatidico Terzo Turno ed i giornali nazionali cominciarono a parlare dei Wanderers.
I preparativi per quel match furono molto impegnativi, si doveva preparare il campo ed ospitare i tantissimi tifosi che sarebbero arrivati allestendo parcheggi provvisori, transenne per impedire di entrare nello stadio senza il biglietto e preparando degli altoparlanti posizionati in un campo per chi non fosse riuscito ad entrare. La cronaca del match sarebbe stata affidata a Ginchy Trigger, il cui sogno era lavorare per la BBC…
Arrivò il giorno del grande match e Sinderby venne invasa dai tifosi ospiti, ma l’ottima organizzazione permise che tutto andò per il meglio.
Fu una grandissima partita, i Wanderers vinsero per 3-0 scatenando l’ira dei tifosi avversari che accennarono delle risse che però vennero domate dai “padroni di casa”.
Il sorteggio per il Quarto Turno decise che il prossimo avversario sarebbe stato il famoso Leeds United!
Non era il grande Leeds di Revie, ma era pur sempre una squadra di Prima Divisione!
Si doveva andare all’Elland Road di Leeds, magnifico!! La mattina della partenza Alex venne a sapere che Midgeley la sera prima aveva esagerato bevendo troppo… venne escluso dalla squadra e fu promosso titolare il giovane Wimslow.
Anche in questa occasione Alex dimostrò la sua forte determinazione e la sua serietà e convinzione oltre alla sua inflessibilità nel far rispettare le regole e nel voler far mantenere un atteggiamento professionale e responsabile a tutta la squadra.
Fu una partita leggendaria, una vera e propria battaglia che i Wanderers vinsero grazie ad un gol in contropiede di Sledmer nei minuti finali del match. Fu un grande ed incredibile trionfo!
Il prossimo avversario sarebbe stato il grande Manchester United e si doveva giocare a Sinderby! Immaginare quel paesino invaso dai tifosi del Manchester preoccupò Mr Fangfoss che chiese inutilmente di giocare a Manchester.
Una simile affluenza di pubblico avrebbe bloccato tutto il traffico e provocato una situazione di pericolo mai vista a Sinderby e la preoccupazione era quella di non essere attrezzati per fronteggiarla.
Ma anche in questo caso l’organizzazione si rivelò perfetta ed anche la distribuzione dei biglietti venne fatta seguendo dei precisi criteri privilegiando quei tifosi che avevano seguito la squadra anche nelle trasferte delle partite precedenti.
Il caos fu incredibile, il traffico congestionato, arrivarono molti giornalisti ed il pullmann che doveva portare la squadra del Manchester allo stadio rimase bloccato e così i giocatori dovettero fare un bel po’ di strada a piedi… cosa che li fece innervosire parecchio...
La partita fu un’altra incredibile battaglia con i Wanderers che trovarono il gol con Swift e che poi si chiusero indietro per difendere il prezioso vantaggio. La folla rumorosa del Manchester però stava per mettere in soggezione i ragazzi del Sinderby, ma, all’improvviso, le campane della Chiesa (su richiesta di Fangfoss si dice…) cominciarono a suonare così forte da stordire il pubblico ed i giocatori in campo!
La partita si concluse con l’ennesima impresa degli S.S. Wanderers!!
Dopo la partita qualche tifoso avversario fece sentire la propria rabbia cercando di danneggiare la città, ma senza riuscirci vista la ferma reazione dei paesani.
Per Mr Gidner le partite duravano tutta la settimana, i preparativi, l’attesa, l’ansia…. La partita alla fine era solo un dettaglio!
La semifinale si giocò contro a Wolverhampton contro l’Aston Villa, ma anche in questo caso per Mr Gidner la semifinale si giocò al “Bull”… la fama dei Wanderers era ormai ai massimi livelli e tutto il Paese era curioso di conoscere questi dilettanti che erano stati capaci di eliminare Leeds e Manchester United!
Un uomo d’affari, Mr Furlong, che aveva delle proprietà a Sinderby pretese di essere il Presidente della squadra e cercò di imporre le proprie idee, gentilmente e decisamente rifiutate da Mr Fangfoss… che gli rimproverò il fatto di essersi fatto vivo soltanto ora e non quando la squadra avrebbe avuto bisogno di lui!

La partita fu vinta per 2-1, ma purtroppo arrivò una notizia molto triste a rovinare la festa… infatti Diana, la moglie di Alex, morì in seguito alla sua malattia.
Alex amava moltissimo sua moglie, ma fu molto forte e, nonostante il grande dolore, riuscì a reagire e la sua voglia e determinazione aumentarono sempre di più, trasformando il dolore in rabbia agonistica... Wembley era ormai vicinissimo e l’avversario sarebbero stati i grandi Rangers di Glasgow (forse l’autore immaginava che prima o poi la Fa Cup inglese sarebbe stata fusa con quella scozzese).
La fama dei Wanderers aumentò e la curiosità e l’ammirazione anche… non soltanto giornalisti, ma tantissima gente comune che vedeva in questa incredibile impresa un motivo per andare avanti nonostante le difficoltà, un incentivo a credere in sé stessi, nelle proprie capacità… moltissime lettere e telefonate invasero l’ufficio del Club e Mr Gidner e Caporale dovettero chiedere l’aiuto di altre persone per cercare di leggere tutte le lettere e per rispondere alle telefonate…. I simboli di questa impresa erano certamente Alex, il capitano di mille battaglie, Mr Fangfoss, l’uomo potente e forte, e Swift, la “Meteora” che ebbe la forza di risollevarsi dopo un lungo periodo di crisi.
Mr Fangfoss divenne una vera e propria celebrità a livello Nazionale, tutti vedevano in lui un uomo di grande potere, determinato e vincente soprattutto dopo che, intervistato per una famosa trasmissione televisiva, dichiarò le sue idee in maniera forte e chiara mettendo in grande imbarazzo il famoso conduttore.
Per allentare la tensione ed allontanarsi dal caos dei mass-media la squadra si ritirò in un luogo segreto per prepararsi alla Finale… i giornali diedero per dispersi i giocatori degli S.S., la curiosità e la tensione aumentava, l’attesa era grandissima!
Arrivò poi il grande giorno, quel sabato a Wembley c’erano tutti, c’era il Dottor Kossuth, c’era Mr Fangfoss ed addirittura più membri della Famiglia Reale del solito, anche loro evidentemente incuriositi da questa incredibile impresa di una squadra di dilettanti paesani.
C’era Ginchy Trigger ed ovviamente anche il nostro Gidner esausto e forse inconsapevole di quello che stava realmente accadendo, ma felice e sicuro di vincere la partita!
La partita fu una battaglia epica, si arrivò al 90° ancora sullo 0-0, l’arbitro concesse qualche minuto in più perché si era perso del tempo quando dei tifosi scozzesi avevano invaso il campo pensando che i Rangers avessero segnato all’89° minuto… ma il gol venne annullato per fuorigioco…
Sembrava che quella battaglia dovesse protrarsi ai tempi supplementari, l’agonia sembrava dover continuare, ma poi successe l’incredibile tra lo stupore generale e la gioia senza confini, tra l’incredulità e la pazzia!!

La palla sembrava impazzita nell’area dei Wanderers… McGarritty tira una cannonata abbattendo Melver, sul rimpallo Airey tira verso la porta colpendo in pieno la traversa, la palla arriva a Kelso che la crossa di nuovo in mezzo dove il portiere Tonks non intercetta la palla forse a causa di una spinta involontaria del compagno di squadra Maidstone.. la palla giunge di nuovo a McGarritty che la scaglia verso la rete, ma lì Wimslow si immola respingendola, la porta è vuota, il Sinderby sta per crollare, ma poi arriva lui, Alex Slingsby che recupera la palla e la lancia in profondità verso Swift dimenticato da tutti che si invola verso la porta dei Rangers e tira un gran tiro che supera il portiere in uscita, ma la palla colpisce clamorosamente la traversa! Wembley è attonito, c’è silenzio… la palla arriva all’accorrente Alex che questa volta tira una cannonata che colpisce McClusky, il portiere scozzese, in pieno stomaco spingendolo oltre la linea di porta!

E’ l’incredibile gol che decide la partita e che regala la gloriosa FA CUP ai S.S. Wanderers! Un’impresa senza pari, irripetibile!!!
Ci furono alcuni festeggiamenti, ma già negli spogliatoi Alex, il Capitano, parlò alla squadra dicendo che si era giunti, almeno per lui, alla fine di questa incredibile avventura, era la fine dei Wanderers che sarebbero tornati a giocare il loro campionato locale, ma senza più iscriversi alla FA CUP.
Molti giocatori rimasero sorpresi, ma per Alex la missione era compiuta, adesso voleva solo ritirarsi con il suo dolore, lontano dalla fama e dalle luci della ribalta. I giocatori che avrebbero voluto continuare a giocare lo avrebbero potuto fare, sicuramente sarebbero arrivate tante offerte da Club professionistici, ma la fama e la gloria erano pericolose compagne dalle quali Alex non voleva farsi travolgere.
Ringraziò Gidner per il grande lavoro svolto, salutò la squadra ed una volta tornati a Sinderby ognuno prese la propria strada.
Soltanto cinque giocatori dei S.S. accettarono di diventare professionisti, altri, anche grazie ai soldi guadagnati con la conquista della FA CUP, preferirono continuare la loro vita umile, ma piena di semplicità.
Alex si ritirò su una piccola isola, Mr Fangfoss continuò a rimanere l’uomo più importante del paesino, il Dottor Kossuth, diventato famoso, tornò in Ungheria, Sid si ritirò definitivamente dal calcio avendo trovato altre ragioni per cui valesse la pena di vivere insieme a Biddy, Giles e Tonks si sposarono conducendo una vita normale…
A Gidner rimase la nostalgia… lui restò a Sinderby continuando le sue attività di scrittore e spesso rimpiangeva quei fantastici momenti… non gli riuscì nemmeno di sposarsi… Ginchy gli aveva preferito Giles.. ma continuò la sua vita semplice ed umile e passeggiando per vie di Sinderby il ricordo lo assaliva e gli faceva male, pensava a quando quelle strade erano invase da orde di tifosi, e poi guardava il frutteto in cui venivano posti gli altoparlanti per chi non aveva trovato spazio nello stadio e poi vedeva Parson’s Plow e rivedeva con l’immaginazione Alex, Sid e tutti gli altri che sfrecciavano per il campo!
Era triste pensare che quei giorni non sarebbe mai più tornati…

Un sabato Gidner era lì fermo a ricordare e ad immaginare quando si accorse che fermo vicino a lui c’era Mr Fangfoss, l’uomo potente ed insensibile che pensava, apparentemente, solo agli affari (aveva attrezzato un vero e proprio Museo della squadra ed aveva ordinato a Gidner di scrivere la storia ufficiale di quella stagione pazzesca), ma che ad un certo punto pronunciò queste inattese parole che rimasero per sempre impresse nella mente di Gidner

“Lo so cosa stai cercando. Ma se ne è andato, e non tornerà mai più. Ed è un vero peccato ragazzo”.

Una storia incredibile e meravigliosa che, come Gidner, anch’io voglio pensare che sia realmente accaduta e che, quando ho voglia di sognare, immagino e mi da la forza per capire che nella vita, come nel calcio, tutto è possibile se veramente lo si vuole, se veramente si è determinati e se si lotta con tutte le forze per raggiungere un obiettivo.

Questo è quello che mi ha insegnato la storia dei fantastici S.S. Wanderers.

Conor


La copertina del libro

James Lloyd Carr