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giovedì 12 luglio 2012

Le Rose Bianche di Leeds


A Leeds l'inverno è talmente egocentrico, che ogni anno pretende di essere il più freddo di sempre. Scatena un vento pungente che ti sferza la faccia, duro, come le vocali strette degli inglesi del nord. Un inverno così lungo, che sembra nessuno si ricordi cosa c'era prima, a parte quella breve parentesi autunnale che piega gli alberi e riempe le strade di foglie morenti. Il sole? Una band d'apertura che si sgola qualche minuto e poi cede il passo al protagonista. A precipitazioni prive d'indulgenza che si abbattono al suolo tramando contro l'eroismo di piccoli fiori sbocciati nei giardini di Bramley, di Horsforth o di Roundhay. Ma, no. Non spaventiamo nessuno. Lo scenario non è così cupo. Anzi. La città brulica di vita e di attività, essendo uno dei centri finanziari più importanti dell'intero paese. Affollatissime le zone pedonali, piene di negozi, ristoranti, gallerie, pub che chiudono a tarda ora, e locali alla moda pieni di studenti in Erasmus. Su tutto si erge, lungo l’argine del suo canale anche l’imponente ed austero edificio della Royal Armouries. In ogni caso benvenuti a Leeds, la porta d'ingresso dello Yorkshire, dove le brughiere si alternano ai villaggi, in un coloratissimo patchwork di colture e vegetazioni diverse.
Benvenuti nella città del Leeds United AFC. Ma non iniziamo subito ad associare questa squadra con quella che per circa un decennio, a cavallo fra gli anni 60 e 70, visse un autentico periodo da protagonista sia in Inghilterra sia in Europa, raccogliendo trofei importanti, ma anche beffarde sconfitte e conosciuta con il celebre sopranome di dirty Leeds. Si è vero, non erano una comitiva di santi, ma alla fine, nel calcio l'aggettivo “sporco” o “cattivo” potrebbe fare compagnia a molte altre squadre che si vantano di avere una fedina penale pulita e che invece di misfatti dentro e fuori il rettangolo verde ne hanno combinati diversi. Non ci distraiamo, torniamo alle origini allora. Fumi, rumori, abitazioni povere e umide. E' la Leeds del 1904. Quando all'anagrafe cittadina questo club aveva un nome diverso. Leeds City. Ma il sodalizio venne radiato dalla Federazione nel 1919 a causa di certi pagamenti illegali compiuti per l'acquisto di alcuni giocatori durante il periodo del primo conflitto mondiale. Tra i coinvolti anche il futuro tecnico dell'Arsenal Herbert Chapman che successivamente se la cavò grazie a un amnistia. Ma non si poteva restare senza calcio. E quasi subito si decise di formare un nuovo club che rappresentasse la città, ed ecco il Leeds United. Primi anni nella Midland Football League, un campionato di seconda fascia dove spesso giocavano le squadre giovanili delle formazioni della prima divisione. E fu proprio grazie al posto vacante lasciato dalla formazione riserve del Leeds City che la neonata formazione poté iscriversi al torneo. Nel 1920, la squadra venne riconosciuta a tutti gli effetti, acquisendo così il diritto di partecipare ai campionati nazionali. In quello stesso anno il club venne acquistato da Hilton Crowther, ricco proprietario di un lanificio nonché dell' Huddersfield Town, deluso dalla scarsa partecipazione del pubblico dei Terriers, e a quanto pare invece affascinato dalla grande passione della gente di Leeds. Non ci fu la fusione tanto temuta dai tifosi di Huddersfield. Alla fine le due compagini rimasero ben distinte e Crowther si dedicò esclusivamente allo United.
L'esordio ufficiale avviene in seconda divisione il 28 agosto 1920 contro il Port Vale, terminato con una sconfitta per 2-0, ma quello che più contava in questo caso non era il risultato ma il ritorno all'attività sportiva per i bianchi del West Yorkshire, che nell'anno di grazia 1923/24 faranno la loro prima apparizione nel massimo campionato. Ho volutamente commesso un errore cromatico. Quel Leeds non giocava in bianco. Fino al 1934 le divise presentavano un disegno a strisce verticali bianco blu. Richiamo voluto al momento dell' aquisizione della squadra da Crowther nel tentativo poi andato a vuoto di unire le due società. Nel settembre del 1934, arrivò l'adozione di una maglia blu e oro simile all'emblema cittadino, e il nick name di "The Peacocks". Intanto due anni prima nel 1932 nello storico impianto di Elland Road l'attesa per la gara con l'Arsenal fu talmente febbrile e coinvolgente che quattro ore prima il pubblico era già al suo posto ad aspettare il fischio d'inizio. Era il 27 dicembre, e sotto le tribune gocciolanti ai piedi di Beeston Hill, ci sono 56796 cappotti e probabilmente altrettanti berretti. Il loro record d'affluenza resisterà per 35 anni. Gli anni seguenti la seconda guerra mondiale si fanno luce giocatori come Willie Edwards, Ernie Hart, e Wilf Copping, con quest'ultimo che si prende anche la soddifazione di vestire la maglia della nazionale inglese. La storia a alti e bassi del Leeds non conosce soste, nel 1947 ecco l'ultimo posto in campionato e la conseguente retrocessione. Ma il sorriso dalle parti di Elland Road non tarda a tornare. Al timone della squadra in quegli anni c'è Frank Buckley. Anzi a dirla esattamente il Maggiore Frank Buckley. Nasce a Urmston nel Lancashire nel 1882. Calciatore e soldato, farà della disciplina e del rigore morale la sua filosofia preferita. Ma lo sguardo burbero non riesce nascondere una malcelata gentilezza che lo renderà benvoluto e rispettato da tutti. Nel 1948 scova un colosso gallese dalla fisicità dirompente e dall'aspetto bonario. Si chiama John Charles e gioca nello Swansea. Nel gennaio del 1949 firmerà il suo primo contratto da professionista con il Leeds United. Centromediano dinamico e sicuro, travolgente negli inserimenti offensivi con un colpo di testa a dir poco strepitoso, ben presto si guadagnerà l'appellativo di “King John”. Un idolo assoluto che nella stagione 1953/54 vincerà il titolo di capocannoniere con l'invidiabile bottino di 42 reti. Ciò nonostante la squadra non toccherà i vertici della classifica, a differenza degli anni successivi che vedranno il club tornare prepotentemente in prima divisione. E' il 1956, ancora con Charles, che questa volta metterà la sua sigla su 30 centri. Il gigante gallese non risentirà nemmeno la differenza del salto di categoria. Nel torneo seguente infatti le reti saranno 38. Ma quel campionato sarà segnato da un episodio che la storia del Leeds e di Leeds non potrà mai dimenticare. L'incendio di Elland Road del 18 settembre 1956. L'odore acre del fumo avvolge l'intera cittadina, le fiamme iniziano a divorare la West End, per poi spargersi ovunque. Ingoieranno palloni, divise, trofei, le attrezzature, gli spogliatoi, le stanze degli amministratori, l'ufficio stampa e i generatori per il sistema di illuminazione. Alla fine tutto era un enorme ammasso di macerie fumanti. Il fuoco sembrò portarsi via non solo lo stadio ma anche il futuro stesso del Leeds United. Ma qui abita gente orgogliosa, tenace. Nessuno vuole abbandonare Elland Road. Nessuno vuole lasciare la casa in cui questo club è cresciuto. Pochi giorni dopo l'incendio, in uno scenario quasi post bellico, gruppi di spettatori si sistemerammo alla meglio fra i resti contorti e anneriti dello stadio per assistere al match contro l'Astonvilla e al goal vincente del solito Charles. Ma adesso bisogna rimboccarsi le maniche, e tirare fuori qualche sterlina per la ricostruzione. “Qualche” non è il termine esatto, ne serviranno 130000. Un impegno economico che fra qualche lacrima di disappunto, non può prescindere dalla cessione del calciatore di spicco del club. John Charles si accaserà in Italia alla Juventus per 65000 sterline. A Torino con la coppia Sivori, Boniperti, darà vita a un ciclo leggendario per i bianconeri. A Leeds il contraccolpo è forte. Nel 1960 la squadra retrocede ancora in seconda divisione.
Il vuoto della partenza di John Charles viene colmato con l'arrivo di Donald George Revie. Uno nato a Middlesrough e che a 14 anni ha già lasciato la scuola per giocare a calcio. Alle spalle una discreta carriera con Leicester City, Hull City, Manchester City, Sunderland, prima di arrivare nello West Yorkshire come giocatore nel 1958. In campo è incisivo e preciso, e dotato di una buona visione di gioco. Come uomo assomiglia più a un commissario di Scotland Yard, basette lunghe, capello ondulato, e una faccia rotonda con un mezzo sorriso accennato, che prima ti legge dentro e poi chiude il tuo file in un cassetto della memoria. Forse insieme a quello di qualche arbitro e dirigente della federazione. Preparazione maniacale o tentativi di corrompere l'avversario? Ad ogni modo la carriera di manager di Don Revie a Elland Road parte nel 1961. Vuoi per emulare il grande Real Madrid dell'epoca vuoi per un voto di scaramanzia in seguito a una salvezza rocambolesca, il nuovo tecnico decide di modificare i colori ufficiali del club. Si passerà a un completo totalmente bianco, dove negli anni a venire campeggieranno, gufi, acronimi l.u.afc, rose, fino all'attuale crest moderno. Don Revie, aprirà un epoca. Come successo in altri casi, dove una squadra aveva vinto poco o niente nel suo passato, non appena nel 1964 fa ritorno nella massima serie, riesce a mettere in fila una serie inaspettata di risultati. Non si tratta di poche brillanti stagioni, non una meteora passeggera, ma di ben due lustri nei quali fu recitato sempre un ruolo da protagonista. Dopo aver raggiunto il secondo posto nei primi due campionati e una finale dell’ allora Coppa delle Fiere, nella stagione 67/68 ci fu la conquista della Coppa di Lega e la stagione successiva il tanto sospirato titolo di Campione d’ Inghilterra, con 67 punti. A sei punti il Liverpool, a 10 l'Everton terzo classificato. Maggior numero di vittorie, minor numero di sconfitte. In ogni competizione il Leeds riusciva ad arrivare quasi sempre a contendere il titolo all’ avversario di turno. Ma paradossalmente questa tenacia nel voler conseguire ogni traguardo impedì alla squadra di Revie di vincere ancora di più. Spesso la squadra arrivava alle partite decisive letteralmente spremuta, così si spiegano le numerose e talvolta inaspettate sconfitte. Venne conquistata l’ unica FA Cup della propria storia nel 1972 ma contornata da tre finali perse e non sempre contro avversari di livello, due Coppe delle Fiere nel 68 e 71, la finale della Coppa delle Coppe persa in maniera quantomeno sfortunata contro il Milan, e una serie infinita di piazzamenti, nelle zone di prestigio del campionato. L' ultimo acuto fu la conquista del secondo titolo inglese nel 73/74. La chiamata della nazionale chiude anticipatamente l’era Don Revie, e il nuovo ciclo affidato all’ emergente ed ex-nemico Brian Clough proveniente dal Derby County che però termina mestamente dopo appena 44 giorni con un flop clamoroso. Nel mezzo la rissa di Wembley fra il capitano storico Billy Bremner e Kevin Keegan del Liverpool. Una squadra che annoverava nomi quali, John Charles, Jack Charlton, il regista John Giles, Peter Lorimer, Norman Hunter; ed era etichettata come rude, sleale, esibendo tali doti agonistiche in campo tanto da essere etichettata dagli avversari a torto o a ragione come il Dirty Leeds. Raggiungerà in ogni caso la finale di Coppa dei Campioni a Parigi guidata in panchina da Jimmy Armfield, ma il Bayern Monaco si imporrà per due reti a zero. 


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Cominciano gli anni bui caratterizzati dal ritorno in seconda divisione. Agli inizi degli anni 90, dopo essere tornata nella massima serie, arrivò un inaspettato titolo grazie soprattutto all’ innesto del talento di Eric Cantona. Cantona è un marsigliese, istrionico, e ruvido. Nel gennaio 1992, andò in Inghilterra per effettuare un provino con lo Sheffield Wednesday, allenato da Trevor Francis. Gli venne offerto un secondo provino, ma ciò provocò il risentimento del giocatore, che si ritenne offeso e decise di firmare per il Leeds United, diventando una colonna della squadra che vinse il titolo nel 1992 sotto la guida saggia di Howard Wilkinson. L'avvio del torneo, iniziato il 17 agosto 1991, fu favorevole al Manchester City che vinse le prime tre partite. Alla giornata successiva i rivali cittadini del Manchester United presero il via libera e tentarono la fuga, tallonati dal Chelsea, dal Liverpool, e infine dal Leeds, che al tredicesimo turno prese il comando solitario della classifica. Nelle successive cinque giornate si alterarono al comando della classifica il Leeds, e i Red Devils, che al termine del girone di andata erano con due punti di vantaggio sui rivali. Il testa a testa tra le due squadre continuò anche all'inizio del girone di ritorno e sembrò arrivare ad un punto di svolta quando, alla ventottesima giornata, il Manchester United si portò a +4 sul Leeds. A partire dalla trentesima giornata il Leeds recuperò lo svantaggio sui Red Devils conquistando la vetta dopo due giornate. Al trentacinquesimo turno il Manchester United riprese il comando solitario della classifica, ma dopo quattro giornate i bianchi conquistarono definitivamente la vetta del campionato, assicurandosi la vittoria con una giornata di anticipo e concludendo con quattro lunghezze di vantaggio sugli uomini di Ferguson. Non solo Cantona, quella era la squadra del portiere John Lukic, del terzino Tony Dorigo e dei suoi ricci sempre perfetti, della grinta dell'Irlandese Gary Kelly, del povero Gary Speed e delle sue scorribande, dell'esperienza di Gordon Strachan, dello scozzese Mc Allister, delle due punte, Lee Champan, (inglese barcollante ma puntuale sotto porta), e del velocissimo colored Rod Wallace. Eric Cantona se ne andrà da Leeds nel gennaio del 1992. Troppo acute le sirene dorate del Manchester United. All'Old Trafford arrivarono reti e successi e anche un episodio negativo. Troppo brutto per essere vero. E Allora cancellate il 25 gennaio 1995, scordatevi il Selhurst Park di Londra, togliete dalla storia Crystal Palace-Manchester United. Eric Cantona forse finì il suo ciclo nel sud della capitale inglese. Era il simbolo del Manchester, fu espulso per un fallo su Richard Shaw. Protestò con l’arbitro, poi se ne andò. Nervoso, verso gli spogliatoi. L’urlo dagli spalti, l’insulto. Lui parte: un colpo di kung-fu con entrambi i piedi, i tacchetti di ferro sul petto di Matthew Simmons. Uno che non doveva esserci quel giorno allo stadio: non tifava Crystal Palace, ma Fulham. Era un ex carcerato, ex affiliato a un movimento di estrema destra. Un violento. Il grido: “Fottuto francese di merda e deficiente”. Assalto. Vergogna. Tutti scatenati contro il calciatore pazzo: “Cantona deve essere cacciato per sempre dagli stadi di calcio”. “E’ indifendibile”. Eric oggi non si difenderebbe neanche da solo. Sarebbe forse il primo a fare il parallelo, a raccontare con voce impostata la solita parabola del campione che gioca con la vita. Matto, sregolato, cattivo, sbagliato. Quelli su cui è sempre bello e facile sparare: se le cercano. “Non è un vero attore, non può fingere, non è un cialtrone”. Né calciatore, né attore. Eric, punto. Come se fosse un’entità, uno spirito trasversale, un artista completo. Gira con la sua Laika a pellicola. Fotografa il mondo per sapere dove vive, ritrae la gente per capire chi è: “Scatto in bianco e nero, perché il bianco e nero, per me, rappresentano la vita e la morte”. Bianco e nero. Come la continua altalena del club di Leeds. George Graham sostituì Wilkinson sulla panchina; il suo arrivo fu causa di diverse controversie da parte della stampa e dei tifosi. Graham alle spalle aveva subìto una lunga squalifica da parte della Federazione, per via di alcuni pagamenti illegali versati ad alcuni agenti di giocatori.
Ad ogni modo il nuovo allenatore mise a segno alcuni astuti acquisti, grazie ai quali il Leeds riuscì a qualificarsi per la Coppa UEFA. Nell'ottobre del 1998, Graham lasciò i Whites ed al suo posto venne ingaggiato l'ex gunners David O'Leary come direttore tecnico, coadiuvato da Eddie Gray. Grazie a questa coppia e alla sua politica di rinnovamento il Leeds, introdusse moltissimi giovani talenti, come il difensore Jonathan Woodgate, il trequartista Alan Smith ed il centrocampista Stephen McPhail, il loro talento contribuì a trascinare la squadra alle semifinali della Coppa UEFA ed al terzo posto in classifica, grazie al quale il Leeds ottenne l'accesso per la UEFA Champions League.
Nella semifinale di andata della Coppa UEFA, gli inglesi si trovarono di fronte ai turchi del Galatasaray. Disgraziatamente prima dell'inizio di quella partita persero la vita due tifosi del Leeds, Christopher Loftus e Kevin Speight, vittima della violenza di alcune frange di tifo estreme della squadra turca. Nella partita di ritorno venne osservato un minuto di silenzio, che da allora viene ripetuto ogni volta che il Leeds gioca un incontro in prossimità della data della tragedia. Era il 9 aprile 2000. Le risorse finanziarie non erano però state gestite adeguatamente, ed una nuova crisi colpì nuovamente il club. I giocatori più quotati vennero venduti e i risultati scarseggiarono pesantemente, facendo precipitare il Leeds fino in terza divisione nel giro di poche stagioni. Non senza patemi d’ animo, il Leeds è riuscito al termine della stagione 2009/10 a far ritorno in seconda divisione, nella speranza di poter rivivere altri momenti d’oro. Un altro Eldorado. Ma il presente ci parla di più bassi che alti. Ad ogni modo, comunque, questa resterà una squadra che ha segnato un epoca nel panorama del calcio inglese, ma per favore, alla fine, non chiamatelo sporco, non chiamatelo maledetto, chiamatelo solo e più semplicemente Leeds United. Marching on together....




di Sir Simon

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