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sabato 22 settembre 2012

Glad All Over


Lo spicchio rosso e blu della Holte End è in festa. Un mare di folla che si agita, salta, e canta “Glad all Over”, al ritmo folle dell’incredulità. Uno striscione arrangiato, fatto probabilmente in qualche garage di una casetta a schiera costruita fra le colline del sud di Londra, viene alzato sulle teste di quelli delle prime file della gradinata e recita: “Thank You God, I Can Now Die In Peace “: "Grazie Dio, ora posso morire in pace". Il Crystal Palace aveva appena battuto il Liverpool 4-3 in una drammatica semifinale di coppa d’Inghilterra e per la prima volta si sarebbe giocato l’atto conclusivo della manifestazione a Wembley. Se il cielo è il regno delle aquile, il preludio all’impresa si poteva leggere nei segni di una dolce primavera inglese. All’ora di pranzo dell’ 8 aprile 1990 su Birmingham è una piacevole giornata di sole. Una luce diafana si distende sul Villa Park come a rivestirlo di una cornice dorata su cui la magia dell’ Fa Cup è pronta a disegnare una nuova meraviglia. E dire che quell’anno sembrava non ci fosse storia per le eagles contro i reds. Due partite di campionato e due sconfitte, compreso l’umiliante 9-0 subito a Anfield nelle prime giornate di campionato. Ma Steve Coopell da Allerton (Liverpool), vuole a tutti i costi riuscire a battere la squadra per cui aveva sempre fatto il tifo fin da piccolo. Nel 1984 diventò a soli 29 anni il più giovane manager del calcio inglese, e nelle dichiarazioni che precedettero il match si mostrò fiducioso nella capacità dei suoi uomini di sovvertire il pronostico. Sempre sotto la sua guida l’anno precedente il Palace si era guadagnato attraverso la porta secondaria dei play off l’accesso alla massima serie battendo il Blackburn Rovers, grazie a una grande rimonta casalinga che ribaltò la sconfitta di Ewood Park.

Crystal Palace. Palazzo di Cristallo. Una costruzione enorme in ferro e vetro che nel 1851 il Principe Alberto volle in occasione della prima esposizione mondiale tenutasi a Londra in Hyde Park. All'epoca la zona era circondata dalla campagna e abitata da londinesi aristocratici e influenti, molti dei quali non guardavano di buon occhio il progetto, tanto che le lamentele arrivarono sino alla Camera dei Comuni. La manifestazione però andò avanti ed anche con successo. Il palazzo era una struttura modulare all’avanguardia che escudeva grossi pilastri e muri portanti, per una superficie totale di 84000 metri quadrati. Troppi ad ogni modo. Anche per il vasto parco cittadino. Infatti tre anni dopo venne smontato e ricostruito in Sydenham Hill, nel Borough of Lewisham. Nel 1861 i dipendenti del Palazzo decisero di dare vita a una squadra di calcio, e la loro precocità fondativa gli permise dieci anni più tardi di essere addirittura tra i membri promotori della FA Cup, alla quale presero parte fino al 1876, nell’anno in cui la prima parte della storia di questo club si interrompe.

Ad essere sinceri il Crystal Palace aveva goduto di una sequenza di sorteggi piuttosto favorevoli per arrivare in semifinale. Il terzo turno parte il 6 gennaio 1990, in un umido pomeriggio invernale, di quelli dove la nebbia si nasconde per qualche momento per poi riapparire al primo calar del sole. E il crepuscolo su Selhurst Park si fa ancora più cupo quando il Portsmouth segna e chiude in vantaggio il primo tempo. Nella ripresa però la risposta dei padroni di casa è veemente. Prima Geoff Thomas da fuori area e poi il funambolico e caracollante colored Andy Gray su calcio di rigore ribaltano il risultato a favore del Crystal Palace. Su Geoff Thomas il biondo e roccioso centrocampista nativo di Manchester è giusto, anzi doveroso, aprire una parentesi che non riguarda esattamente la sua carriera sportiva, che comunque lo vede apparire non solo con la maglia delle Eagles ma anche con quelle di diverse altre quadre inglesi e perfino della nazionale, ma per la sua battaglia contro una forma di leucemia diagnosticata nel 2003 e che lo ha visto gagliardamente venirne fuori da vincente. Con la stessa grinta e determinazione di quella che mostrava nelle mischie furibonde della metà campo. Nel 2008 scriverà una bella autobiografia intitolata,” Riding Through The Storm”. Il sorteggio successivo accoppia i ragazzi di Coppell all’Huddersfield Town, e si giocherà ancora a Selhurst Park. Questa volta sarà una partita senza storia. Prima insacca Jeff Hopkins dall’ limite dell’area, poi un autorete di Lewis, poi la testa imperiosa di Mark Bright, infine una rasoiata di John Salako, e il poker è servito. Abbiamo menzionato Bright. Uno degli attaccanti che farà la storia del Palace. Oltre 200 presenze e più di novanta reti. Il padre era nato in quella stretta striscia di terra africana che si chiama Repubblica del Gambia, completamente circondata dal Senegal e dal fiume a cui da il nome. Si trasferisce a Stoke on Trent, sposerà una donna inglese e nel 1962 nascerà proprio lui. Mark Abraham Bright. E siamo già al 17 febbraio, siamo già al quinto turno, e il destino vuole che le aquile restino ancora nel loro nido londinese. Contro il Rochdale poteva apparire una passeggiata. Non lo sarà. Al Selhurst Park è il giorno della fiera delle occasioni mancate. Uno spreco che poteva costare molto caro e che a un certo punto faceva pensare tutti a un complicato replay esterno nei giorni successivi. E come spesso accade in queste partite salta fuori l’uomo che non ti aspetti. Su un anonima rimessa laterale spizzicata maldestramente da un difensore avversario la palla arriva al centro dell’area di rigore e soprattutto sul destro di Phil Barber che la gira in rete nell’angolo basso, 1-0. Adesso chiedere alla dea bendata un'altra partita fra le mura amiche sarebbe stato troppo, e infatti arriva la prima trasferta di coppa all’ Abbey Stadium di Cambridge. Non si gioca in casa, ma ancora una volta la squadra da affrontare, almeno sulla carta è più che abbordabile. A risolvere la contesa sarà l’indomito capitano Thomas che mette dentro di testa un pallone proveniente da un calcio d’angolo. Nei minuti finali “un certo” Ian Wright poteva aumentare il bottino dei suoi ma sbaglierà un goal che ai più sembrava fatto, mentre a Salako viene annullata una rete per un dubbio fuori gioco. Fatto sta che il Crystal Palace batte il Cambridge United e approda alla seconda semifinale della sua storia dopo quella del 1976 persa a Stamford Bridge contro il Southampton.

L'attuale Crystal Palace FC nasce nel 1905, e non ha nessun legame diretto con il precedente, semplicemente intendeva giocare in affitto, sul campo dell'adiacente struttura di Sydenham Hill ovvero il Crystal Palace Sports Ground; da questo semplice contesto nasce la decisione di ribattezzarlo Crystal Palace football club. Ruolo chiave nella fondazione lo assume quello che in quel momento è sicuramente uno dei club più importanti e seguiti dell'Inghilterra di inizio novecento: l'Aston Villa, dal quale mutua i colori sociali. Edmund Goodman, ex giocatore dei villans costretto da una gamba amputata alla carriera dirigenziale, è infatti molto amico della dirigenza di Villa Park. Rivestirà la funzione di manager ininterrottamente dal 1907 al 1925. Nei primi anni però le aquile non volano ancora. Il nick name della squadra infatti richiama solo il nome del sodalizio. Glaziers (vetrai). Giocano nella Southern League, e si barcamenano tra le serie minori raggiungendo al massimo la seconda divisione nazionale. Tra le due guerre mondiali esattamente nel 1924 l'errante Crystal Palace FC trova la sua sede attuale a Selhurst Park. Lo stadio sarà frutto ancora una volta di un disegno di Archibald Leitch, anche se le limitate possibilità economiche del club priveranno dal progetto la celeberrima cupoletta o “gable” dalla tribuna principale. Negli anni trenta mette la firma con la casacca dei Glaziers uno dei più grandi e prolifici bomber di sempre, Peter Simpson uno da 165 gol in 195 partite a cui si aggiunge il record storico nella stagione 1930-31 di 46 gol in 42 partite. Il Crystal Palace approda nuovamente in seconda divisione solo nel 1961 dopo un assenza di 40 anni, e finalmente nel 1969 fa il suo esordio nella massima divisione nazionale. Sono gli anni di Jonny “Budgie” Byrne, chiamato cosi per il suo incessante parlare dentro e fuori del campo. Fisicamente prestante, capello corto da ufficiale, con una discendenza irlandese alle spalle fu chiamato anche a vestire la gloriosa maglia bianca della nazionale. Ma quelli sono anche gli anni di Bert Head. Con lui in panchina arriverà il secondo posto dietro al Derby County e la già citata promozione in First Division. Il manager arrivato dal Bury resterà fino al 1973 riuscendo nella non facile impresa di mantenere il Crystal Palace sempre in prima divisione. Nel 1973 uno storico 5-0 sul Manchester United é però il canto del cigno di una squadra che nel giro di due stagioni sprofonderà tristemente in terza divisione.

“ Mi raccomando ragazzi, non vi lasciate sfuggire Rush. E’ da lui che mi aspetto i pericoli maggiori.” Le profetiche parole di Steve Coppell risuonano nel chiuso degli spogliatoi del Villa Park. Siamo tornati all’inizio, siamo tornati a quel fatidico 8 aprile 1990, il giorno della semifinale contro il grande Liverpool di Kenny Dalglish, detentore del trofeo e che di lì a poco si sarebbe laureato ancora un volta campione d’Inghilterra. E infatti dopo nemmeno un quarto d’ora Steve Mc Mahon il dinamico alfiere della mediana del Liverpool, recupera un pallone in mezzo al campo e sul filo del fuori gioco serve un pallone invitante al bracconiere gallese che non si lascia sfuggire l’occasione per portare in vantaggio i reds. Ora sembra dura. Durissima. Quel Liverpool per l’occasione in maglia grigia griffata “adidas” e sponsorizzata “Candy”non era certo squadra che poteva essere rimontata tanto facilmente. Gente come Peter Beardsley, Ronnie Whelan, John Barnes, Ray Houghton, erano un muro rosso, esperto e ghignante che già pregustava la finale. Il primo tempo si chiude con il vantaggio del “Pool” per una rete a zero. Ma i fuochi d’artificio devono ancora arrivare, e saranno sfavillanti. In apertura di ripresa, John Pemberton, il biondo terzino del Palace con la faccia da attore americano degli anni cinquanta, si inventa un cross che John Salako si vede ribattere dalla retroguardia del Liverpool, ma è lestissimo Bright sotto porta a mettere dentro. Siamo 1-1. Sull’onda dell’entusiasmo, il Palace si esalta. Dalglish intanto aveva dovuto sostituire Gary Gillespie durante l'intervallo a causa di un infortunio e aveva inserito in difesa un timoroso Glenn Hysen, mentre le geometrie di Geoff Thomas assistito da Pardew e Gray iniziano a strappare il controllo del match al Liverpool. Thomas ha anche una grande occasione per portare avanti i suoi, ma Grobbelaar è attento e sventa la minaccia. Comunque sia il vantaggio delle eagles è nell’aria. Al 69’ Alan Hansen spinge fallosamente Bright. Sulla mischia susseguente al calcio di punizione Gary O’Reilly uno dei centrali della retroguardia di Coppell segna in mischia. Incredibile. 2-1 per quelli di Londra sud. Musica per i poeti del football. Non ha caso forse sulle maglie del Palace campeggia la sinuosa scritta “Virgin”. Dieci minuti dal termine. Troppi per sperare di farla franca. E’ il forcing dei reds ottiene rapidamente successo quando Mc Mahon su assist di Venison fionda da venti metri un bolide alle spalle dell’incolpevole Nigel Martyn. Ma i guai non sono finiti, perché il sogno sembra frantumarsi definitivamente due minuti dopo il pareggio, perché mister George Courtney da Spennymoor assegna al Liverpool un calcio di rigore per un fallo di Pemberton su Steve Staunton. Polemiche, rabbia, frustrazione, e mani sui capelli quando John Barnes con la consueta freddezza riporta quelli di Anfield in vantaggio. 3-2. “Looks like Liverpool are heading to Wembley", "sembra che quelli del Liverpool si stanno dirigendo a Wembley", dice John Motson ai microfoni della BBC, mentre esplode il classico“ YOU'LL NEVER WALK ALONE ”. Ma a un certo punto della canzone “Walk On” si interrompe bruscamente perché Bruce Grobbelaar non allontana con decisione un pallone che sembrava innocuo e Andy Gray ne approfitta per il boato dei tifosi in rosso blu. Cardiopalma. Si va ai supplementari sul rocambolesco punteggio di 3-3. E qui accade il miracolo. Uno di quegli episodi che modificano lo scorrere naturale degli eventi, per alimentare la leggenda e far salire sugli altari della cronaca nomi buoni in quel momento solo per gli annuari calcistici. A poco più di nove minuti dal termine dei supplematari, un corner deviato leggermente da Andy Thorn arriva sulla testa bionda di Alan Scott Pardew, e il ragazzo di Wimbledon segna, scaricando l’adrenalina, in un esultanza da danzatore maori. Palace 4 Liverpool 3. La banda di Steve Coppell è sorprendentemente in finale. Lacrime, abbracci, e dagli spalti uno struggente “Que sera sera, whatever will be, will be, We’re going to WEM-BER-LEY, que sera, sera.."

Nei primi anni metà settanta con l’avvento in panchina di Malcom Allison avviene la trasformazione del club, nella forma e nei modi di come é conosciuto adesso; abbandona i colori di famiglia claret & blue stile Aston Villa, per passare ai più vivaci rosso brillante e bluette, gli ex-vetrai diventano delle più ben più aggressive aquile. Il crest viene infatti sormontato da un aquila che ghermisce un pallone volando sul palazzo di cristallo. Allison, ex grande calciatore del West Ham, sorriso sornione, cappotto scamosciato e cappello da eccentrico ispettore di polizia, resterà a Selhurst Park nonostante due retrocessioni consecutive fino al 1976, l’anno della semifinale di FA Cup. E insieme a lui se ne andrà Peter Taylor che in tre anni si era preso il lusso di segnare ben 33 reti con la maglia dai nuovi colori del Palace. Nel 1976 viene nominato manager Terry Venables. Con lui la squadra tornerà subito in seconda divisione. Una stagione di affiatamento ed ecco la nuova promozione, contrassegnata anche dal record di presenze a Selhurst, per la partita contro il Burnley quando i tornelli registrarono oltre 51000 spettatori. L’anno successivo, sempre sotto la sapiente guida di “El Tel”, arrivò il tredicesimo posto finale in First Division dopo aver saggiato addirittura la testa della classifica a fine settembre. Venebles lasciò il club, in circostanze non molto chiare, l’ottobre successivo, per andare ad allenare il Queens Park Rangers in Seconda Divisione; le redini del Palace vennero nuovamente prese da Malcolm Allison, che, reiteratamente, retrocesse ancora, sebbene non finì il campionato sostituito da Dario Gradi. Ma anche la futura leggenda del Crewe non ebbe molto successo e sulla panchina delle aquile è il momento da player-manager di Steve Kember, icona locale, essendo nato a Croydon e avendo fatto tutta la trafila giovanile e la prima parte di carriera proprio nel Palace. Centrocampista dall’ esuberante agonismo, nonostante la salvezza con un turno d’anticipo e un quinto turno in FA Cup, nell’estate 1982 Ron Noades lo rimpiazza con l’impopolare Alan Mullery, sostituito a sua volta da Dave Bassett che passerà alla storia per i famosi “ Four day”, i quattro giorni dopo i quali infatti decise di dimettersi per tornare al Wimbledon della crazy gang. Incominciava l’era Coopell.

La finale, già. Ma prima bisogna incidere un disco. “Glad all Over” la canzone scritta da Dave Clark tifoso del Palace, fondatore dei “The Dave Clark Five” , e adottata dai tifosi nel 1964. Il 12 maggio 1990 la zona di Selhurst Park si risvegliò con l’infantile gioia di chi è alla sua prima volta, ma anche con i brividi di chi sa se mai ce ne sarà un'altra. In ogni caso non poteva essere un sabato normale quello. Wembley stava aspettando, il tempio bianco e granitico era in attesa. Un miraggio ormai concreto, dei migliaia di tifosi che stavano arrivando sui treni provenienti da Norwood Junction verso la stazione Victoria, da Thornton Heath, e da East Croydon. Poi tutti sulla “tube” direzione Wembley Park. Si mescolarono ai tifosi del Manchester United e insieme a loro cantarono “Abide With Me”, forse, anzi sicuramente con un trasporto e un emozione maggiore, e poi via non c’è più tempo per i sentimentalismi, si gioca, e naturalmente i red devils di Alex Ferguson sono i favoriti d’obbligo, seppure dalle parti dell’Old Trafford un trofeo in vetrina manchi da ormai cinque anni. Entrambe le squadre erano state coinvolte in drammatiche semifinali e la finale prenderà la stessa strada. Al 17 ', il Crystal Palace va in vantaggio con Gary O'Reilly che di testa sfrutta un calcio di punizione. Lo United reagisce al 35 '. Brian McClair s’invola sulla fascia destra e recapita una pallone d’oro sul secondo palo, dove il capitano Bryan Robson in attesa pareggia l’incontro . E’ 1-1 alla fine primo tempo. Nella ripresa i diavoli rossi vanno in vantaggio. Un tiro-cross di Neil Webb trova per strada l’accorrente Mark Hughes che spara nell’angolo basso. Ma Steve Coppell tira fuori il coniglio dal cilindro, anzi l’attaccante dal cilindro. Ian Wright . In dubbio a causa di un infortunio, avrà un impatto clamoroso sul match e siglerà al 72’ la rete del pari aggirando un legnoso Pallister, poi nel primo tempo supplementare si avventa su un traversone di John Salako, e sfruttando un uscita indecisa di Jim Leighton mette in goal di interno destro. Wright venne portato al Crystal Palace dal talent scout Peter Prentice che vide giocare il ragazzo di colore nato a Woolwich per i dilettanti del Dulwich Hamlet. Un autentica pantera dal palleggio raffinato che segnerà più di 90 reti fra coppe e campionati con le eagles, per poi fare la fortuna dell’Arsenal quando l’anno successivo fu acquistato dal club di Highbury per 2,5 milioni di sterline. Le speranze del Palace durano sette minuti, quelli intercorsi dal goal di Wright al pareggio di Hughes che significò pareggio e ripetizione. A fine gara ci fu poco tempo per riordinare le idee, per discutere sull’andamento della partita, sui se e sui ma, la priorità per i tifosi fu quella di disporsi ordinatamente ai botteghini dello stadio per l’acquisto del biglietto del replay che si sarebbe disputato la settimana seguente. Fu una partita che non regalò l’eccitazione e la trepidazione del primo incontro. La coppa se ne andò a Manchester grazie a un goal del terzino Lee Martin, che regalò il primo fondamentale successo a Sir Alex Ferguson. Il Crystal Palace tornò a Wembley anche l’anno successivo, ma per un trofeo minore, la Full Members Cup, che fra l’altro riuscirà a vincere. Poca roba, o forse abbastanza, visto la scarsità dell’argenteria nell’nido dell’aquila. Ma quel volo, quella stagione, nessuno se la scorda. Glad all Over.


Sir Simon

palacefans1990

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