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martedì 29 maggio 2012

Kirkcaldy. Lampi di gloria


La chiave di ferro è enorme e pesantissima. Ma a che serve chiudere la porta, a che serve nascondersi? Lui, se vuole, verrà. Ora, che le grandi vetrate a sesto acuto incorniciano la notte, ora che sospiri di vento entrano accompagnati dal buio, ora che tendendo l'orecchio si avverte uno scricchiolio di legno calpestato e l'eco lontano di una campana. E' quella della torre normanna dell'Old Parish Church. Un rintocco, bronzeo e lugubre. E' mezzanotte in punto.
La pioggia è cessata, ma pesanti nubi preannunciano altri piovaschi, mentre le raffiche che soffiano dal mare del Nord avvolgono la cittadina in una morsa invernale. In altre parole, è la tipica giornata che avrebbe scoraggiato chiunque, anche gli espositori dell' Links Market, la fiera che si svolge qui annualmente dal 1305, sulla strada più lunga d'Europa. Lui è il fantasma di Adam Smith, filosofo e padre dell'economia moderna nato nel 1723 e morto a Edimburgo nel 1790. Gli spiriti tornano sempre nei luoghi dell'infanzia. La città è Kirkcaldy, il più grande centro della contea del Fife conosciuta anche come The Toun Lang (Town Long) in Scozzese. Il nome deriva dal originale evoluzione urbanistica della cittadina in una sottile striscia di case parallele al litorale.
Daniel Defoe l'autore del celebre romanzo Robinson Crusoe la definì come “One street, Onte mile long”cioè una strada lunga un miglio. Disposta esattamente sul fianco di un braccio di mare che si insinua nel cuore della Scozia fino a stringersi e stemperare la sua forza in una sinuosa vena in prossimità di Stirling. Da allora Kirkcaldy si è sviluppata ulteriormente su e giù per la costa, ma anche ampiamente entroterra, per cui il termine "Toun Lang" ora è solo un riferimento alla sua iniziale particolare forma...
Ma questo singolare aspetto allungato dell’insediamento, giustificato dal fatto che, anticamente, non si trattava di un unico centro, bensì di una serie di città e villaggi allineati lungo le coste del Forth, poi riunitisi appunto nell’attuale Kirkcaldy, fu merito di una donazione da parte dei monaci dell’abbazia di Dunfermline nel 1365. Per far nascere un borgo unico, a patto che tra i centri si stabilisse un patto di mutuo soccorso per proteggersi a vicenda dai predoni, che spesso scendevano dalle terre del nord e attaccavano la zona. Successivamente, nel 1661, Carlo II nè confermò il rango di borgo reale. Da quel momento in poi l’agglomerato crebbe intorno al porto, accanto alla bocca dell’East Burn, espandendosi velocemente nel corso del XIX secolo e progredendo rapidamente nello sviluppo dell’industria tessile, del linoleum e del carbone. Nel 1980 il centro storico cittadino venne designato come preziosa testimonianza, da conservare per la sua bellezza e il suo valore. Il maestoso Castello Ravenscraig, edificato nel XV secolo da Giacomo II sulle alture di Kirkcaldy, fu una delle prime roccaforti in grado di fornire una discreta protezione dal fuoco dei cannoni. Che dite potrebbe fare al caso nostro? In che senso direte voi?
Beh, perché a Kirkcaldy abbiamo una squadra di calcio fondata nel 1883 che gioca con una meravigliosa maglia navyblue, e sul petto porta un fiero leone rampante rosso, coraggioso e nobile. Il Roary Rover. Simbolo del Raith Rovers FC.
Nell'antico gaelico scozzese la parola “Rath”significava forte o comunque residenza fortificata, ecco perché forse a Kirkcaldy hanno scelto questo appellativo alla loro squadra, rifacendosi alla possenza della rocca di Ravenscraig. Anche se le nebbie della storia non si sono del tutto dissolte e tutt'oggi ci sono ancora piccole controversie sull'etimologia del nome del club. Un episodio curioso è datato 1967 quando un commentatore della BBC David Coleman dopo che i Rovers avevano battuto allo Stark's Park il Queen of the South per 7-2, esclamò convinto: “Ci sarà un mucchio di gente in giro a festeggiare per le vie di Raith”. Una delle gaffe televisive peggiori della storia. Quelle vie, quelle di Kirkcaldy ovviamente, di festeggiamenti in ambito calcistico non ne hanno visti molti, ma ci furono degli anni, esattamente fra il 1993 e il 1995 dove i Rovers si conquistarono pagine importanti sui principali giornali sportivi, e sopratutto si portarono nel proprio museo il trofeo più importante mai vinto nella storia di questo sodalizio: La coppa di Lega del 1994. Nella stagione 1992/93 le ambizioni del club apparivano piuttosto modeste ma l'arrivo nel 1990 a Stark's park del player manager Jimmy Nicholl infuse lentamente la chimica giusta a una squadra che a sorpresa nel 1993 vinse la First Division scozzese, fra l'altro eguagliando il record del massimo vantaggio sulla diretta inseguitrice (11 punti), restando imbattuti in casa e mettendo a segno 85 goal totali, 33 dei quali siglati da Gordon Dalziel, eletto non solo capocannoniere ma anche giocatore dell'anno. Terzo in classica in ambito di reti messe a segno in quel torneo un altro rovers, Craig Brewster, che poi in virtù di quelle prestazioni si accasò al Dundee United. Nessuna sirena invece per Jimmy Nicholl che invece rinnovò il contratto con il team di Kirkcaldy per altri due anni. Forse aveva annusato di già il profumo della gloria, più intenso e dolce di quello spesso acre e prepotente del denaro. Micheal James “Jimmy Nicholl” nasce nel 1956 in Canada nella regione dell'Ontario e le sue origini di genitori Nord irlandesi lo porteranno in carriera anche a vestire per 73 volte la maglia verde della nazionale di Belfast. Nicholl è un “rosso” difensore che morde bomber e talenti e che fra giovanili e prima squadra resterà oltre dieci anni alla corte del Manchester United con cui vincerà un FA Cup nel 1977 e ne perderà una nella famosa finale del 1979 contro l'Arsenal. Ma il fiore all'occhiello resterà la già citata coppa di lega del 1994 vinta alla guida del piccolo Raith Rovers. Si vince con la tenacia, con la bravura, con gli uomini giusti e con un pizzico di fortuna. Quel Rovers era una miscela di tutte queste cose. E senza far torto a nessuno qualche nome è giusto citarlo. Come per esempio Shaun Dennis, difensore nativo proprio di Kirkcaldy, 245 presenze e 6 centri, uno spietato esecutore d'ordini, compassato e istrionico. Colin Cameron detto “Mickey” anche lui nato e cresciuto sotto le ombre discordi delle tribune dello Stark's, centrocampista operaio, chiavi, cacciaviti e sudore. In ogni club in cui ha giocato il suo impegno alla causa non è mai venuto meno. Lascierà i Rovers nel 1996 con 32 reti messe a segno. Jason Dair sguardo da bravo ragazzo diplomato in geometria del centrocampo e dotato di un discreto palleggio. Stephen “Stevie Crawford classe 1974, all'epoca poco più che ventenne, la primavera che sboccia e che regalerà 22 fiori al giardino del Raith. E poi come non ricordare Gordon Dalziel, 170 goal in otto anni. In campo sembra un attore che interpreta una parte in una tragedia, fra lo spaccone e l'ingenuo. Recita si, ma più che altro sotto rete, è l'area di rigore e il suo palcoscenico preferito. Il cammino verso la finale di Ibrox, in quanto lo stadio nazionale di Hampden era in ristrutturazione, vede i successi contro il Ross County in trasferta per ben 5-0, l'affermazione casalinga sul Kilmarnock per 3-2, la vittoria fuori casa sul St. Johnstone per 3-1, e infine furono i tiri dal dischetto (5-4) nella semifinale giocata al Mc Diarmid park contro l'Airdrie United a spedire il Raith Rovers a Glasgow. Per la cronaca i tempi regolamentari si erano chiusi sull'1-1.
Da Kirkcaldy la mattina del 24 novembre 1994, partiranno in 10000 alla volta di Ibrox, carichi più di birre e d'allegria che di speranze concrete. Dovranno vedersela con il Celtic di Nicholas e Mc Stay, con il Celtic dell'icona Tommy Burns in panchina. Dovranno vedersela con l'anima cattolica e irlandese di Glasgow che vincendo la coppa nel tempio degli storici rivali si toglierebbero una doppia soddisfazione. Ma il Celtic non vinse, ci andò molto vicino, ma una volta tanto gli dei del calcio si fecero beffe dei suoi semidei terreni. Il giovane talento Crawford al 19° del primo tempo porta in vantaggio il Raith Rovers, poi però al 32° una carambola da flipper nell'area di rigore degli uomini di Nicholl consente alla testa di Walker di pareggiare per i biancoverdi e attutire la crescente esuberanza dei Rovers. Nella ripresa le gerarchie sembrano ripristinarsi definitivamente a sei minuti dal termine quando Charlie Nicholas, funanbolo talentuoso tornato a Parkhead dopo sopratutto la grande esperienza londinese all'Arsenal, segna ribadendo in rete una palla precedentemente finita sul palo. E' finita? No. Perché lui non vuole. Lui è il già citato Dalziel. Due minuti dopo il goal di Nicholas, in un Ibrox Park quasi totalmente occupato da tifosi del Celtic già festanti, gira le luci della gloria. Il suo colpo di testa ravvicinato che sfrutta la corta respinta di Marshall è quasi una sorta di inchino alla fortuna. Siamo 2-2, ma i tempi supplementari saranno un inutile prolungamento in vista delle emozioni dei calci di rigore. E l'emozione più grande è quando il tiro di Paul Mc Stay viene respinto da Scott Thomson che poi corre quasi incredulo verso la sua panchina voltandosi a destra e sinistra, come per capire se fosse tutto vero. Era vero, quella fu la parata decisiva, il Raith Rovers aveva vinto la coppa di lega. Ma per la cittadina del Fife le emozioni non erano finite. L'anno successivo in una storica apparizione in coppa UEFA, i Rovers superarono anche i primi due turni per poi pescare nell'urna di Ginevra i tedeschi del Bayern Monaco. La partita di andata si giocò per motivi di incasso e sicurezza all' Easter Road di Edimburgo e vide il successo dei rossi di Germania per 2-0. Ma nella gara di ritorno giocata all'Olympiastadion, Danny Lennon portò clamorosamente in vantaggio gli uomini in maglia blu. Nel secondo tempo Klinsmann e Babbel rovesciarono il risultato, ma quella sera a Monaco e a Kirkcaldy si cantò lo stesso:

Take my hand,
Take my whole life too.
For I can't help,
Falling in love with you.


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di Sir Simon

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