giovedì 4 luglio 2024

La Contea Contesa

 Articolo di Damiano F.


Se esiste un luogo nel mondo colmo di storia, tradizionalità e cultura non si può non parlare della Gran Bretagna. In quella terra anche i più remoti angoli nascosti hanno una storia da raccontare. Le storie, come è risaputo, sanno appassionare sempre i lettori. Sono quella spinta che, da sempre, tiene accesa la fiamma della curiosità e della scoperta di chi, oserei direi, vive di queste passioni. In questo articolo si andrà alla scoperta di una storia legata al mondo del calcio in una delle contee, cosiddette, tradizionali dell'antica Caledonia. Ci troviamo in Scozia appunto e, più precisamente, nella contea dell'Ayrshire. Situata a sud-ovest della Scozia, la contea dell'Ayrshire, possiede una delle terre più fertili per quanto concerne l'agricoltura e gli allevamenti. Storicamente parlando, nel castello di Turnberry, sembra abbia avuto i natali lo storico condottiero e Re scozzese Robert The Bruce. Ma in una terra dove a far da padrone è l'agricoltura e l'allevamento dove si colloca il football? Ebbene in questo contesto rurale tipico della Scozia, vi sono due città ad avere la vetrina e lo scettro di città "industrializzate". Stiamo parlando di Kilmarnock e di Ayr. La prima è nota anche come KIllie ed è, ad oggi, la più densamente popolata della regione. La città, bagnata dal fiume Irvine, è sita nell'Ayrshire orientale ed è a metà strada tra Glasgow e la stessa Ayr. A proposito di quest'ultima, invece, Ayr è la più grande nel senso di ampiezza territoriale. La città è, perlopiù, un porto sulla Firth of Clyde posizionato nella zona meridionale dell'Ayrshire. Le due città hanno, come ovvia tradizione d'oltremanica, le proprie squadre locali. 

I due club in questione sono il Klimarnock e l'Ayr United. Entrambi i club portano, con fierezza, il nome delle proprie rispettive città. Il Kilmarnock, nonostante non sia un club noto in Scozia per aver dato filo da torcere alla due compagini di Glasgow, è comunque stata, come lo è a tutt'oggi, perennemente presente nella Scottish Premiership (massima divisione scozzese) ed ha, nonostante il poco blasone, cinque trofei in bacheca. Trattasi di un campionato, una coppa di Lega e tre coppe di Scozia. L'Ayr United, al contrario, ha passato molto della sua storia facendo salti tra la massima serie scozzese, in verità non tantissime apparizioni, e le serie cadette, perlopiù in Championship (equivalente delle nostra serie B). A livello di palmarès non vi è altro se non trofei per il passaggio da una categoria cadetta ad una superiore. Come il football, però, insegna quando si tratta di derby non vi è palmarès, blasone o notorietà che tenga. Al fischio d'inizio tutto si azzera e la singola battaglia avrà tutta una sua storia. Una nuova storia da essere raccontata. La prima partita si disputò il 14 settembre del 1910, nello stesso anno in cui si formò l'Ayr United (il Killie venne fondato anni prima nel 1869). Questa partita era valevole per la finale dell'antica e primissima competizione locale cosiddetta Ayrshire League nella stagione 1909–10 e finì con un pareggio 4–4. La prima vittoria, da parte di una delle due compagini, avverrà nell'anno successivo ad opera dell'Ayr United.




Ogniqualvolta i due club si trovano ad affrontarsi in un derby tutta la contea, praticamente si blocca, cittadini e tifosi di una piuttosto che dell'altra squadra altro non chiedono, ai propri beniamini, la vittoria. Ne vale l'onore, la faccia e la gloria fino al prossimo derby. Storici incontri tra le due compagini si sono, spesso, svolti per via degli incroci nelle coppe nazionali. Questo a fronte, perlopiù, della differenza di categoria tra le due realtà calcistiche. Neanche a dirlo che tra gli incontri di campionato, Scottish Cup e Scottish League Cup lo scettro delle vittorie oggi è in mano al Klimarnock, ma guai a pensare ad un ampio divario statistico. Tutto sommato, al 2022, l'Ayr United ha conquistato un totale di 49 derby ed i Killie 59. C'è un divario di dieci vittorie di differenza ma per due club che, nella loro storia, hanno giocato in larga scala su due categorie differenti non è, a parer mio, neanche così troppo ampio. I tifosi del Kilmarnock hanno sempre, comunque sia, preso sul serio questo derby perchè spesso, da quelle parti, la territorialità vale più di mille trofei in bacheca. I tifosi dell'Ayr United, dal canto loro, sentono sempre la convizione di dover vincere in ogni modo e maniera un derby contro gli arcirvali. Come detto, certe rivalità, hanno un senso più profondo che va ben oltre i 90 minuti di gioco. Manuel Pascali, ex calciatore italiano che divenne anche capitano del Kilmarnock, racconta in una sua intervista che quando era in procinto di esser giocato un Ayrshire Derby di coppa di Scozia, il ticket office presente fuori al Rugby Park (stadio del Kilmarnock) venne letteralmente preso d'assalto dai tifosi per potersi accaparrare un biglietto. Il piazzale antistante lo stadio era gremito di tifosi di tutte l'età. Per la cronaca quella partita si sarebbe disputata al Somerset Park, stadio dell'Ayr United,  ma finì 2-2. Così venne rigiocato il replay al Rugby Park ed il Kilmarnock s'impose 3-1.Un derby storico venne giocato il 28 gennaio del 2012. Ayr United e Kilmarnock si affrontarono, ad Hampden Park, nel match valevole per la semifinale di Coppa di Lega scozzese. Era la prima volta che il derby dell'Ayrshire si svolgeva in una semifinale di una competizione importante e, oltretutto, fu anche il primo derby giocato in un campo neutro. La partita fu molto tirarta, rude ma senza reti nell'arco dei 90 minuti. Sono seguiti i tempi supplementari ed era una questione di chi avrebbe osato di più e per primo. Alla fine Dean Shiels fece la differenza per il Kilmarnock, segnando l'unico gol, ad Hampden, e mandando la sua squadra in finale. Una finale che avrebbe vinto sempre 1-0, contro i favoriti Celtic. 





E nella festa degli innamorati, a San Valentino, non ce lo metti uno storico derby? Il derby dell'Ayrshire del 1998, giocato il 14 febbraio, era valevole per l'approdo ai quarti di finale di Scottish Cup. Fu un incontro molto combattuto che  fu deciso a fine partita. Jim Dick e Ian Ferguson, dell'Ayr United, segnarono negli ultimi sette minuti assicurando alla squadra di Gordon Dalziel il passaggio ai quarti di finale. Lì sarebbero stati poi battuti dai futuri vincitori della stessa competizione, gli Hearts. Questo poco importò ai tifosi dell'Ayr United in quanto, quella vittoria nel derby, fu la seconda di quattro vittorie consecutive in coppa sui nemici giurati del Kilmarnock. Secondo alcuni "addetti ai lavori" l'Ayrshire Derby è uno dei più caldi di tutta la Scozia. Per certi versi non ha nulla da invidiare a quello di Edimburgo tra Hibernian ed Hearts. Ovviamente non stiamo qui a dire a chi spetta il primato di derby più sentito di Scozia. Quello dell'Ayrshire è un derby che, anche se non si tratta di una consuetudine vista la differenza di categoria, ha tutta la stoffa per essere uno dei più affascinanti del Regno Unito in generale. Un derby di contea, più che cittadino, dove le sue due città simbolo sono in perenne sfida o, meglio, in perenne attesa della sfida per far vedere chi sarà il padrone della stessa contea da lì al prossimo incontro tra le parti. Talvolta, come purtroppo spesso accade, ci sono state anche qualche scaramucce tra le due tifoserie. Inutile negare che, soprattutto in passato, qualche schermaglia tra le due tifoserie non vi sia stata nelle vie adiacenti al Rugby Park od al Somerset Park. Quelle sono cose che non si vorrebbero mai raccontare ma che, comunque sia, esistono ed accadono soprattutto quando in ballo c'è un derby acceso come quello dell'Ayrshire. Non è una costante, ma può succedere ed è successo anche in questa faida locale. Concludiamo dicendo che, oltremanica, non si finirà mai conoscere storie, aneddoti e racconti.





Quei posti sono una miniera d'oro di tutto ciò. E' quello di cui noi appassionati abbiamo bisogno oserei dire quasi in maniera "maniacale". Maniacale quasi come vincere un derby nell'Ayrshire. Un derby che, magari, per qualche stagione non si presenta e rimane in archivio. Ma quando questo prende forma tramite un sorteggio di Coppa di Scozia o Coppa di Lega ecco che il fuoco ricomincia ad ardere, a prescindere da quale parte ci si trovi della barricata calcistica in questione. Un derby che ha un forte e radicale senso di appartenenza territoriale che, di tanto in tanto, deve essere rinnovato su di un manto verde per 90 minuti, quasi sempre, ad alta intensità. L'auspicio, per tutti noi appassionati di un certo tipo di football, è che questa faida possa diventare di carattere più ordinario ogni stagione grazie, soprattutto, alla presenza di entrambi i club nella massima serie scozzese.

Damiano F.


giovedì 25 aprile 2024

Welcome to England

La sveglia è alle 1.45 della mattina di martedì 2 aprile, il volo da Malpensa alle 5.45, io e Silvia atterriamo a Stansted e da lì arriviamo a Tottenham Hale da dove prendiamo la tube per London Victoria, siamo in anticipo, facciamo una breve colazione prima di salire sul treno che ci porterà a Canterbury dove arriviamo intorno alle 12.15 dopo aver oltrepassato città come Rochester, Gillingham e Faversham, mi basta vedere scorci di questi posti dal finestrino del treno o semplicemente il cartello che nelle rispettive stazioni indicano i loro nomi per sentirmi già pieno di sogni ed emozioni.

A Canterbury ci accolgono freddo e vento, ma la voglia di visitare questa città è tanta e dopo aver lasciato le valigie in albergo ci tuffiamo subito verso il centro attraversando le mura costruite dai Romani che ancora circondano parte della cittadina, la prima impressione è quella di essere in una piccola York dominata dalla splendida ed imponente Cattedrale, ma anche piena di vicoli stretti e ciottolati oltre che dai tradizionali e storici pub, ce ne sono davvero tanti ed uno più bello dell’altro.

In mezza giornata visitiamo praticamente tutto il centro città, vediamo solo dall’esterno la Cattedrale, il Museo, purtroppo chiuso, riguardante la celebre opera di Geoffrey Chaucer “I Racconti di Canterbury” e la bellissima libreria “Catching Lives Bookshop” caratterizzata dalla sua forma strana e storta, ma soprattutto dai tantissimi libri presenti sui suoi scaffali, libri antichi e per questo pieni di fascino.













Dopo aver camminato lungo il centro ci portiamo verso la Westgate, la porta che ci fa addentrare nei Westgate Gardens caratterizzati dalle “punt” (una sorta di gondole veneziane) che portano i turisti a visitare la città percorrendo il fiume Stour creando un’atmosfera rilassante e magica.






Più tardi ceniamo nello storico e bellissimo pub “The Old Weavers”, uno dei più antichi d’Inghilterra, dopo la lunga giornata ci meritiamo una cena con fish & chips ed una fresca, dissetante e gustosa birra del birrificio “Curious”, la struttura è davvero antica e piena di oggetti storici e quadretti che riempiono i suoi muri, l’atmosfera è magica ed è un vero piacere passare del tempo lì, poi, dopo aver visto la statua dedicata proprio a Chaucer e posta proprio fuori dal pub, torniamo a piedi verso l’albergo, fa freddo e scende una leggera pioggerella, ma come al solito la percezione del freddo degli inglesi è notevolmente diversa dalla nostra, mentre noi indossiamo giubbetto e felpa, loro sono già in maniche corte, addirittura vediamo un ragazzo fare jogging senza maglietta…











La mattina seguente ci alziamo con l’intenzione di andare a Dover, ma c’è un vento davvero forte e questo ci fa optare per restare a Canterbury, sulle scogliere bianche immagiamo (giustamente) che le condizioni atmosferiche sarebbero state anche peggiori, poco male, ci addentriamo di nuovo in città e stavolta visitiamo la Cattedrale, il prezzo è abbastanza alto, ma ne vale la pena, passeggiamo prima nei giardini antistanti e poi entriamo restando stupiti dalla bellezza delle vetrate, delle arcate, di ogni singola cappelletta, questo posto emana storia ad ogni angolo, la Canterbury Cathedral divenne meta di pellegrinaggi (come raccontato nei già citati “The Canterbury’s Tales) dopo il brutale assassinio dell’ Arcivescovo cattolico Thomas Becket proprio al suo interno avvenuto nel 1170.





Quando usciamo dalla Cattedrale ci accorgiamo che il vento ancora non da tregua e troviamo riparo da Starbucks dove possiamo anche riposare e rilassarci davanti ad una bella tazza di cioccolata calda, proseguiamo poi per negozi, compro il nuovo disco dei “The Jesus and Mary Chain” dal fornitissimo “HMV”, purtroppo un record store che mi ero segnato (The Sound) è chiuso, poi passiamo un po’ di tempo nella libreria Waterstones, prima di tornare verso i Westgate Gardens camminando lungo parte del percorso che fanno anche le “punt” oltre a salire per un tratto sulle mura romane, per poi trovare un po’ di relax in un altro pub meraviglioso e storico, il “Bishop’s Finger”, anche qui si respira un’atmosfera d’altri tempi e ci gustiamo una birra prodotta dal birrificio “Sheperd Neame”, il più antico d’Inghilterra, è talmente bello restare lì sorseggiando birra guardando dalla finestra la gente chiacchierare fuori dal pub che alla fine ci restiamo anche per cenare con hamburger e già che ci siamo bevendo un’altra pinta.


















Il giovedì mattina decidiamo di andare a Dover in ogni caso, vento o pioggia che sia è l’ultima opportunità che abbiamo per vedere da vicino le White Cliffs dato che il giorno dopo saremmo dovuti partire per Londra; acquistiamo così all’ultimo momento i biglietti on line per il bus mentre ci gustiamo una fantastica English Breakfast, poi andiamo alla fermata proprio vicina all’albergo e così già intorno alle 9,00 siamo in viaggio; dal piano superiore del bus vediamo scorrere piccole cittadine, è ancora presto e non c’è molta gente in giro, seduti davanti a noi ci sono soltanto dei ragazzini che forse hanno saltato scuola…  in meno di 1 ora arriviamo a Dover, senza perdere tempo ci incamminiamo verso il Castello, c’è una strada in salita, ma non ci scoraggiamo e non lo facciamo nemmeno quando vediamo il prezzo di ingresso o quando il vento comincia ad aumentare di intensità. Siamo tra i primi ad arrivare per visitare il Castello e quindi lo possiamo fare con tranquillità, nella torre principale si possono vedere le stanze di questa antica dimora, le lussuose sale da pranzo, vecchi arnesi per cucinare, armi, armature, insomma, tutto quello che ci si può aspettare di trovare in un Castello medievale, il Castello di Dover è sempre stato molto strategico per la difesa dalle incursioni nemiche, ma lo è stato anche durante le Guerre Mondiali dei nostri giorni. Ed infatti, dopo una lunga visita anche alle parti esterne, sempre accompagnati da un vento a tratti fortissimo e fastidioso, all’antica cappella St Mary in Castro ed ai giardini, nel primo pomeriggio ci mettiamo in fila, nel frattempo il numero dei visitatori è infatti notevolmente aumentato, per vedere i sotterranei dove ci si rifugiava durante la Seconda Guerra Mondiale, ma anche dove si studiavano le strategie segrete per fermare gli attacchi nazisti, in particolare in questi tunnel venne organizzato il centro di comando per l’evacuazione di Dunkerque, la famosa “Operazione Dynamo”. Pensavamo fosse una semplice visita di qualche minuto ed invece ci rendiamo conto che è una vera e propria visita guidata della durata di quasi 1 ora, ci mostrano filmati e ci spiegano molte cose interessanti, è emozionante trovarsi lì dove quasi 85 anni fa si fece la storia, la vittoria delle Forze Alleate a Dunkerque fu molto importante dal punto di vista strategico, ma fu anche una grande spinta emotiva per tutto il Popolo Britannico nell’affrontare quella che sarebbe stata una Guerra terribile.








Un po’ in ritardo rispetto ai nostri programmi, ma soddisfatti per aver visitato il Castello ed i suoi sotterranei, ci incamminiamo verso il lungo mare rinunciando ad una riposante sosta in un pub, vogliamo infatti arrivare alle scogliere in tempo per poi tornare indietro prima che faccia buio, il vento continua a soffiare forte, ma almeno non piove e questo significa che c’è bel tempo in Inghilterra. Dal lungo mare si attraversa la strada, dove posso fotografare con grande soddisfazione il cartello sul quale c’è scritto “Welcome to England” (ovviamente sappiamo tutti che qui a Dover arrivano i traghetti dalla Francia attraversando l’English Channel), e poi si intraprende un percorso che porta verso le White Cliffs, dopo un po’ di salita arriviamo al vero e proprio punto di partenza dove, per chi arriva in macchina, si può parcheggiare e trovare ristoro, noi proseguiamo addentrandoci finalmente sulle scogliere da dove si ha un’incredibile vista e da dove possiamo soprattutto vedere la maestosità delle White Cliffs senza esporci troppo (proprio la sera avevamo visto per caso un servizio televisivo che metteva in evidenza l’irresponsabilità di molti turisti che pur di scattare foto spettacolari mettono a rischio la propria incolumità!), ma riuscendo comunque ad ammirare degli scorci spettacolari, camminiamo lungo tutto il l percorso continuando ad ammirare quello spettacolo della natura e soprattutto con l’emozione di sentirci proprio in cima alle scogliere che fino ad ora avevamo visto soltanto da sotto quando 20 anni fa arrivammo sul suolo Inglese proprio attraversando il Canale dalla Francia.







Dopo il lungo tragitto arriviamo al bellissimo Faro, il South Foreland Lighthouse, dove sventola con il forte ed incessante vento l’Union Jack, la cosa più bella del Faro è la meravigliosa Mrs. Knotts Tea Room, una sala da tè tipicamente inglese vecchio stile, tappezzata con un tema floreale, con quadretti storici, in particolare uno che ritrae una giovane Regina Elisabetta II, con le tazze, la teiera e l’arredamento in generale che riportano ai tempi dei romanzi di Jane Austen, la sua particolarità principale è però quella di essere posta proprio all’interno di un Faro ed è davvero emozionante essere lì a sorseggiare un tè o una cioccolata caldi guardando fuori dalla finestra il prato, l’Union Jack che non smette di sventolare, la tranquillità, ma anche il soffio del vento, lì ci sentiamo al caldo, al riparo, è una sensazione bellissima.






Dopo il tè delle 5,00 siamo tentati di proseguire, sappiamo infatti che più avanti c’è una chiesetta che sarebbe bello vedere, ma il vento continua a soffiare forte, il tempo scorre veloce e la stanchezza si fa sentire, prendiamo la saggia decisione di incamminarci per tornare indietro, ci godiamo ancora la passeggiata con tranquillità, è ancora chiaro ed il sole comunque splende sopra le White Cliffs, e possiamo camminare senza fretta respirando profondamente e sognando di poterci tornare ancora invidiando i “locals” che fanno il nostro stesso percorso per fare semplicemente jogging dopo una giornata lavorativa.

Dopo le ultime foto di rito salutiamo con una certa malinconia le White Cliffs, la prossima volta, ci diciamo, sarebbe bello andare a vedere le Seven Sisters, dalle parti di Eastbourne, ma secondo me l’emozione di essere qui a Dover è stata appagante, erano anni che desideravo venirci, soltanto il Covid ce lo aveva impedito nel 2020 quando avevamo già organizzato questo stesso viaggio dovendo poi rinunciarvi.

Non ancora stanchi scendiamo sul lungo mare di Dover passeggiando e cercando un locale dove mangiare un Fish & Chips, ma non troviamo nulla di aperto, ci addentriamo nel centro città, devo ammettere che non mi affascina più di tanto, ma per me l’importante è essere lì, in un qualsiasi posto che sia in Inghilterra, o meglio, nel Regno Unito, per sentirmi bene, per sentirmi a casa, e il posto può anche non essere così bello agli occhi di altri, ma per me lo sarà sempre e comunque.








Attendiamo poi il bus che ci riporterà a Canterbury nei pressi di un parco dove c’è qualche personaggio “strano”, ma anche ragazzini del posto, a me piace stare lì a guardarli, a vedere come vivono, ad osservare le loro abitudini, il loro modo di vestire. Poi arriva il bus ed in poco tempo Dover è già un bel ricordo da portarsi sempre dentro, dal Castello alle White Cliffs, ma anche a certi particolari, la gente, i pub, il mare.

A Canterbury ci arriviamo stanchi ed affamati, stavolta ci accontentiamo di prendere una pizza (!) da asporto nel Pizza Hut vicino all’albergo mangiandola poi in camera mentre facciamo scorrere sul telefonino le foto di una giornata fantastica e che mai dimenticheremo.

La mattina seguente ci tocca salutare anche Canterbury ed il Kent, ci incamminiamo infatti in stazione e dopo una frettolosa colazione prendiamo il treno che in circa 1 ora e mezza ci porta a London Victoria, siamo stati fortunati, infatti proprio in questi giorni sono stati annunciati degli scioperi dei trasporti che avrebbero colpito sia i treni che la metropolitana londinese, ma la compagnia che ci porta a Londra  viaggia regolarmente in questa giornata ed avrebbe iniziato a scioperare il giorno dopo.

Anche a Londra non abbiamo problemi con gli scioperi, infatti la London Tube viaggia regolarmente, e possiamo così rispettare tutti i nostri programmi, dopo essere andati a lasciare le valigie nell’albergo a Marylebone andiamo subito a Sheperd Bush dove a poco distanza si trova il negozio di abbigliamento Stuarts London, cercavo un maglione a rombi prodotto in esclusiva da questo negozio in collaborazione con la “Pringle of Scotland” in onore di un classico per i Casuals degli anni 80, ma purtroppo non trovo la mia taglia, è comunque bello parlare con i proprietari, provare altri capi tipici di questa affascinante sottocultura.

Dopo Stuarts andiamo, sempre in metropolitana, a Carnaby Street ed a Soho dove mi incuriosisce il locale “Bar Italia”, uno storico luogo di incontro soprattutto per i Mods negli anni d’oro, ma non ci fermiamo a bere niente, era solo uno sfizio da togliersi per vederlo dal vivo, ci dirigiamo poi verso Covent Garden con i suoi soliti mercati, le bancarelle sempre piene di oggetti interessanti ed i suoi artisti da strada, da qui prendiamo una traversa per vedere la piccola, ma originale via chiamata “Neal’s Yard”, famosa per i suoi coloratissimi edifici, poi, dopo aver fatto una piacevole ed irrinunciabile visita al negozio Fred Perry, arriva il sospirato momento di sorseggiare un’ottima London Pride nel bellissimo pub “Crown and Anchor”, è il tipico orario del “dopo lavoro” e quindi, oltre ai turisti, il locale ed il suo esterno è pieno di ragazzi londinesi intenti a trascorrere qui la loro classica bevuta after work, anche noi viviamo quei momenti in totale relax godendoci la vita, almeno oggi, in questo venerdì londinese.









La sera restiamo in zona Marylebone, dove abbiamo l’albergo, una zona vivace e piena di locali e pub, ci sediamo nel bellissimo “The Globe” e mentre allo schermo danno la partita di Championship tra Plymouth e Rotherham ceniamo con una squisita Steak Ale Pie, in pratica un tortino fatto anche con la birra con al suo interno uno stufato di carne, accompagnato da un’ottima birra, la Camden Hells (che ancora non lo so, ma sarà parte integrante della mia giornata successiva…).

L’atmosfera nel pub è bellissima, mi affascina molto il fatto che sia pieno di riferimenti a Sherlock Holmes, siamo infatti vicinissimi alla famosa Baker Street dove viveva l’immaginario, ma anche così realistico, investigatore privato, ci sono quadretti a lui dedicati in tutto il locale, oltre ad uno raffigurante l’indimenticabile compianta Regina Elisabetta, ed è proprio al 221b di Baker Street che andiamo dopo aver terminato la serata al pub, rivedo la famosa casa dopo tantissimi anni, ci ero già stato qui ed avevo anche visitato il museo dedicato a Sherlock, poco distante c’è anche la sua statua che mi fa rivivere vecchie emozioni, ovviamente ancora mi piacciono i racconti a lui dedicati da Sir Arthur Conan Doyle, ma in quegli anni ero un vero e proprio appassionato.









La mattina dopo è sabato e sabato in Inghilterra, se al giorno d’oggi non tifi una squadra di Premier, significa una sola cosa: football.

Ma per noi tifosi del Preston North End oggi non è solo football, è anche il Gentry Day. La trasferta che ogni stagione viene organizzata per ricordare gli amici che non ci sono più, ci vestiamo in modo elegante o semplicemente indossiamo una bombetta in ricordo delle parole del manager Alan Ball che negli anni 70 definì i nostri tifosi i migliori, soprannominandoli “The Gentry”.

Quella mattina l’agitazione mischiata all’adrenalina si fanno sentire, oltre alla voglia di partecipare a questa giornata c’è anche la tensione per la partita, il North End ha bisogno di una vittoria per continuare a rincorrere i playoff, ma anche perché la minaccia di scioperi mette in dubbio il modo con il quale raggiungere Watford, sono d’accordo con alcuni Northenders londinesi di trovarci alla stazione di Euston per poi prendere l’Overground per Watford Junction, all’ultimo momento, però, il mio amico Trevor, che arriva da Preston in treno mi fa sapere che prenderà quel treno da Euston alle 10.39, a questo punto vado di fretta a prendere la metropolitana da Marylebone fino ad arrivare alla stazione dove raggiungo il binario da dove partono le corse per Watford, per fortuna sembra che lo sciopero, almeno per quanto riguarda la London Underground sia stato annullato, e qui  intravedo le prime bombette, riconoscono alcuni tifosi del PNE, tra i quali John e Adam, ci salutiamo, saliamo sul treno che è in attesa di partire e quando vediamo arrivare Trevor richiamiamo la sua attenzione ed anche lui ci raggiunge sul nostro stesso vagone.

Le tensioni e le agitazioni scompaiono del tutto ora che sono insieme ai miei amici, è bellissimo rivederli e fare il viaggio verso Watford con loro, tutti indossiamo le bombette e la gente ci osserva incuriosita; quando arriviamo a destinazione la prima tappa è il pub O’Neils dove beviamo le prime birre (Camden Hells appunto) di un lungo pre-match, alcuni propongono di andare al cimitero vicino a Vicarage Road, lo stadio del Watford, dove è sepolto John Goodall, ex giocatore del PNE, uno dei leggendari Invincibili che conquistarono il primo Titolo di Campioni di Inghilterra vincendo il primo campionato di calcio della storia, è sepolto qui perché quando la sua carriera da calciatore terminò andò ad allenare proprio il Watford. Qualcuno chiama un taxi, ma io e Trevor ci andiamo a piedi, non è una breve passeggiata e ne approfitto per vedere la città di Watford, comunque, quando arriviamo al cimitero, ritroviamo anche gli altri e omaggiamo la tomba del leggendario Goodall prima di andare al The Oddfellows, un pub che s trova a due passi dallo stadio e dove restiamo fino a pochi minuti prima della partita.

Il pre-match è la parte più divertente della giornata, inizialmente siamo in pochi, ma con il passare del tempo il pub si riempie di tifosi del North End, ognuno con la sua bombetta, qualcuno ha scelto anche di vestirsi in modo elegante con tanto di giacca e cravatta, tutti bevono birre su birre, c’è allegria, spensieratezza e serenità, non si parla della partita, nonostante non faccia piacere a nessuno vedere dalla TV che il Norwich, nostra rivale nella lotta playoff, ha vinto il derby contro l’Ipswich.

Pian piano arrivano i Northenders londinesi e poi anche i tifosi giunti a Watford con i bus organizzati dal Club, incontro molti amici tra i quali anche James, l’italiano con origini inglesi che da qualche anno vive a Preston, con lui portiamo con orgoglio la bandiera dei GBS, il nostro fans club italiano dedicato al PNE, all’interno dello stadio, per poterlo fare avevo chiesto qualche giorno prima l’autorizzazione al Watford come veniva indicato sul loro sito internet.








Entriamo nel settore ospiti di Vicarage Road e salutiamo i nostri giocatori che stanno facendo pre- riscaldamento, la partita non è bellissima e termina sullo 0-0, ma il divertimento per noi non manca sugli spalti, si inneggia alla “Gentry” sollevando le nostre bombette e si incita la squadra, direi, come spesso capita, una grande trasferta con gli amici rovinata dal …. Calcio… o meglio da questo risultato che ridimensiona parecchio le nostre speranze playoff. Il coro che preferisco è quello dedicato al nostro bomber Emil Riis che, sulle note della bellissima “Love will tear us apart” dei Joy Division, fa “Riis will tear you apart again”.















Dopo la partita torniamo al The Oddfellows e qui è festa comunque, ci sediamo ad un tavolo nel giardino esterno a bere ed a chiacchierare allegramente, della partita, del risultato e dei playoff non ne parla nessuno, c’è un clima bellissimo, c’è solo voglia di divertirsi, di onorare il Gentry Day e di stare insieme.






Più tardi io e Trevor salutiamo James e gli altri, dobbiamo andare in stazione per prendere il treno per Euston, io mi fermerò a Londra, ma Trev non può perdere la coincidenza per Preston, il viaggio sarà lungo, ma come lui anche tanti altri tifosi arrivati dal Lancashire devono prendere quello stesso treno ed infatti li troviamo tutti già lì a Watford Junction, probabilmente ci sono arrivati con i taxi perché invece per noi è stata un’impresa, a piedi senza sapere dove fosse la stazione e soprattutto con troppe birre in corpo, ma alla fine è stato divertente seguire quel pazzo di Trevor che scherzosamente si fermava da ogni passante per chiedere dove fosse la stazione facendo divertire tutti compreso un ragazzino che ci ha accompagnato per un pezzo e con il quale abbiamo iniziato a parlare come se ci conoscessimo da tempo. Diciamo che nonostante il timore di perdere il treno o addirittura di perderci in giro per Watford siamo riusciti a divertirci anche in questa situazione, sembra assurdo ma è stato uno dei momenti più belli della giornata.

Saliamo sul treno che ci porta a London Euston e qui ci salutiamo, contenti e soddisfatti anche se stanchi e delusi dal risultato, ma il PNE per noi è qualcos’altro, non è il risultato, è stare insieme, è passare una bella giornata, è sentirsi parte di qualcosa, è orgoglio di essere del Preston North End.

Mentre sto camminando per andare verso la metropolitana sento una signora che mi chiama, vuole sapere perché indosso la bombetta, le spiego che siamo tifosi del PNE ed il significato del Gentry Day, poi però, quando le dico che sono italiano, penso che lei vada in confusione, ma annuisce e mi sorride salutandomi.

Quando arrivo in albergo sono stanco, ma felicissimo, qualche birra di troppo non mi fa rendere conto dell’orario e Silvia, che ha passato la giornata in giro per Londra, mi fa notare che è troppo tardi per andare a cenare in un pub ed allora ci tocca mangiare una pizza in albergo e restiamo in camera dove comunque, con grande soddisfazione, posso vedere “Match of the Day”, solo il fatto di sentire quella sigla mi fa emozionare, qualcuno direbbe “sei a Londra il sabato sera e non esci?”… beh.. ho visto il PNE dal vivo ed ora posso vedere MOTD in TV… e chi me lo fa fare di uscire??

La domenica mattina abbiamo ancora tempo per organizzare qualcosa di interessante e decidiamo di andare nella vicina St Albans, infatti Londra l’abbiamo già visitata tante volte ed avremo ancora l’occasione di restarci fino al primo pomeriggio del giorno dopo, in teoria l’intenzione era di andarci per mezza giornata, ma nel proseguo del racconto saprete come è andata invece…

Per fortuna lo sciopero della metropolitana sembra essere del tutto scongiurato, ma non quello dei treni, ma siamo anche in questo caso fortunati, infatti la compagnia che viaggia da Londra verso St Albans effettua il servizio normale, partiamo quindi da London St Pancras, il percorso è breve ed arriviamo a destinazione intorno alle 9,30 della mattina, il primo obiettivo è andare a Clarence Park, casa del St Albans FC, è da anni che voglio andarci così come è da anni che voglio visitare questa città affascinante e che mi ha sempre incuriosito.

In una decina di minuti a piedi dalla stazione arriviamo al piccolo stadio dei Saints che si trova proprio all’interno di un parco, appunto, il Clarence Park da cui prende nome anche la casa della squadra locale, non sembrerebbe mai che possa spuntare uno stadio lì dentro ed invece appena lo vede sale l’emozione seguita, però, poco dopo, dalla delusione, infatti è tutto chiuso e ci sono soltanto piccoli scorci dell’interno dell’impianto da vedere attraverso qualche fessura, giro ogni lato per vedere se ci sia qualche possibilità di entrare, ma è domenica ed i sogni di vedere questo stadio dall’interno sembrano svanire fino a quando Silvia mi fa notare che dalla fessura di un portone si intravede un furgoncino parcheggiato dentro ed un uomo che sta pulendo o sistemando qualcosa, prendiamo coraggio ed alla fine troviamo un pertugio per poter entrare, probabilmente lasciato aperto dallo stesso uomo, mi sento un bambino, sono felicissimo ed inizio a fare foto e ad attraversare gli spalti da un settore all’altro, ci portiamo anche a bordo campo e quando incrocio la persona che avevamo visto in precedenza gli chiedo se posso fare delle foto (anche se le avevo già fatte a dire il vero!) e lui mi risponde che non ci sono problemi, a questo punto entriamo anche in campo, passeggio sul terreno di gioco di Clarence Park e scatto diverse foto e facendomi prendere dall’entusiasmo percorro tutto il campo salendo anche sugli spalti, dalle tribune alle due curve, lo stadio mi piace tantissimo e se non fosse per il fatto che il signore attira la nostra attenzione facendoci capire che sta per andarsene e che deve chiudere, sarei rimasto lì tutta la mattina.

Lo ringraziamo e ce ne andiamo soddisfatti, avevo già una simpatia per il St Albans, ma credo che dopo questa visita allo stadio mi porterò dentro tanti ricordi piacevoli che mi spingeranno a seguire meglio questa squadra.











A questo punto ci incamminiamo verso il centro città, sulla strada ci imbattiamo in un pub, il “Robin Hood” che ci ispira tantissimo, ma è ancora chiuso, poi arriviamo nella piazza principale, ci sono delle bancarelle, qualche negozio di abbigliamento, ma soprattutto mi affascina la “French Row”, una stradina piena di costruzioni in stile “Tudor”, negozietti, ristoranti e pub, poi si sbuca su un’altra piazzetta dove c’è la “Torre dell’Orologio”, proseguiamo ed arriviamo poi alla strada che porta alla Cattedrale, è maestosa, quasi mi affascina di più rispetto alla più famosa di Canterbury, intanto il vento aumenta parecchio, un motivo in più per entrare e visitarla gratuitamente (a differenza di quella di Canterbury). Anche al suo interno ci colpisce molto, è enorme e con tanti particolari e dettagli davvero raffinati, su una parete c’è appesa una spettacolare rappresentazione della storia della città di St Albans ricamata a mano.











Quando usciamo il vento è ancora forte, ma dopo Dover siamo pronti a tutto, giriamo per tutti i lati esterni della Cattedrale ammirandola da ognuno di essi, poi ci dirigiamo verso il Verulanium Park, il nome deriva dal nome che i Romani diedero a questa città, restiamo colpiti anche qui nel constatare come, nonostante il freddo e forte vento, per la gente del posto è già estate piena, i bambini giocano al parco con gli aquiloni o sulle giostre in pantaloncini e maniche corte, le famiglie fanno i pic-nic e c’è davvero tanto movimento, St Albans è molto vivace e non è di certo il vento a far restare le persone in casa.

Percorriamo il parco fino ad arrivare ad un piccolo resto di mura Romane e poi al museo Verulanium, purtroppo chiuso, dedicato proprio alla storia dei Romani in questa città, poi, tornando indietro ed ancora convinti di andare a prendere il treno di rientro a Londra nel primo pomeriggio, scopriamo un pub favoloso, è il “Ye Olde Fighting Cocks”, antichissimo, una targa indica che qui ci venne per una notte Oliver Cromwell durante la Guerra Civile, l’esterno è davvero meraviglioso e poi decidiamo, lasciando così perdere il treno di rientro, di entrare per berci un paio di birre, ovviamente Camden Hells.

Anche qui l’atmosfera è bellissima, il pub è pieno, ci sono famiglie sedute ai tavoli per pranzare, ma ci sono anche tanti giovani al bancone intenti a bere, qualcuno che torna come da noi da una passeggiata al parco e si ferma per un po’ di relax, una birra ed una chiacchierata, questi pub sono delle e vere Public House, non c’è niente da fare, qui la mentalità è completamente diversa dal resto d’Europa o perlomeno dall’Italia, la cultura, le abitudini, la gente… tutto mi affascina, esploro un po’ il pub, i suoi quadri, la sua architettura, c’è anche un ritaglio di giornale che parla di quanto sia antico questo locale e di come qualcuno lo ritenga forse anche più vecchio del “Ye Old Trip to Jerusalem”, il pub di Nottingham riconosciuto ufficialmente come il più antico di tutta l’Inghilterra.

Trascorriamo dei bei momenti e ci riposiamo riparandoci anche dal vento, ma poi arriva inevitabilmente il tempo di andarcene, è triste doverlo fare soprattutto perché so che non ci potrò tornare la prossima domenica come invece faranno sicuramente tante delle persone che ci sono qui, forse non ci tornerò mai più, chi lo sa, di sicuro anche il “Ye Olde Fighting Cocks” resterà nel mio cuore così come questa città così affascinante e vivace, storica e dominata dalla sua Cattedrale.






Ripercorriamo “French Row” ed arriviamo alla piazza principale, saluto idealmente St Albans, ma sulla strada del ritorno in stazione ci imbattiamo nuovamente nel Robin Hood”, beh, stavolta è aperto, sentiamo il dovere di entrare e di rimandare ancora il nostro rientro a Londra. Un cartello indica che questo pub ha vinto lo scorso anno un premio per il miglior sidro della zona, non esitiamo ad assaggiarne uno, ci sediamo tranquillamente ad un tavolo, qui non siamo in centro città e l’atmosfera è molto più tranquilla, ci sono soltanto alcuni anziani intenti a chiacchierare ed a bere, ma comunque mi piace, anzi, forse è anche un pub meno “turistico” e frequentato principalmente dai “Locals” e questo è un aspetto che mi attrae in modo particolare, anche qui ci sono molti riferimenti alla città, quadri, vecchi articoli di giornale, ma noto anche che ci sono richiami a Robin Hood, il leggendario fuorilegge dal quale questo pub prende il nome.

Giunge poi il momento di doversi alzare da quel tavolo e di incamminarci, stavolta per davvero, verso la stazione da dove prendiamo il treno che ci riporta a London St Pancras prima di prendere la metro per Marylebone.







E’ stata un’altra giornata memorabile, St Albans mi è entrata nel cuore, forse addirittura più di Canterbury, probabilmente ha influito anche il fatto di aver visitato lo stadio dei Saints, ripenso a quel colpo di fortuna, di aver trovato aperto, se fossimo andati lì soltanto mezz’ora dopo avremmo probabilmente trovato tutto chiuso, poi ripenso anche a quelle vie strette ed a quelle costruzioni in stile “Tudor”, ai due parchi, a quella gente, ai bambini che giocano incuranti del freddo, alla Cattedrale, a quei pub che sanno di antico, che ti fanno sentire a casa. St Albans è diventata di diritto una delle mie città inglesi preferite, è meno conosciuta rispetto a York e Canterbury, ma per certi versi è molto simile a queste due città bellissime.

La sera usciamo per cenare al “The Allsop Arms” in Baker Street, non facciamo caso all’orario, ordiniamo due Steak Ale Pie, paghiamo il conto, ma poi ci dicono che la cucina è già chiusa… bene… beh, ci rimborsano quanto avevamo pagato, ma ormai le birre ce le avevano date ed avevamo già iniziate a berle… poco male, ce le regalano in pratica… ormai è tardi per mangiare in un altro pub, comunque ci proviamo al “The Volunteers” e al “The Globe”, ma le cucine sono ormai chiuse anche qui, non ci resta che la soluzione “Five Guys”, perlomeno questa è una garanzia, è aperto e il cheeseburger è sempre buonissimo.

Lunedì è l’ultimo giorno, abbiamo a disposizione tutta la mattina ed il primo pomeriggio, ma dovremo andare per tempo a prendere lo Stansted Express perché in questo caso lo sciopero è confermatissimo ed abbiamo letto che i servizi saranno ridotti e che ci sarà una corsa ogni ora (pochissime rispetto al solito); possiamo scegliere in totale libertà dove passare le nostre ultime ore londinesi ed optiamo per Hyde Park, sono parecchi anni che non ci andiamo e preferiamo stare in un posto più tranquillo piuttosto che nella ressa di zone come Piccadilly e Regent Street.

Passeggiamo serenamente tra gli scoiattoli che sguazzano di qua e di là, arriviamo al Serpentine, il lago artificiale che si trova all’interno del parco, e poi allo Speakers’ Corner, qui regna la tranquillità e si è in mezzo alla natura, non sembra davvero di essere in una metropoli come Londra. Prima di salutare Londra facciamo un giro veloce a Carnaby Street e dintorni, poi arriva il temuto momento di doversene andare, è sempre un brutto momento.








Soltanto quando salgo sullo Stansted Express capisco che è veramente finita, mi rassegno all’idea, ma so che tornerò, me lo impone l’amore che ho per queste Terre, me lo impone il ricordo di tutte le sensazioni e le emozioni vissute in questo viaggio, un viaggio che in 6 giorni ci ha portati a vedere città, cattedrali e scogliere, castelli e pub fantastici. Ed anche il Preston NE. E’ stata una delle mie migliori vacanze in UK, ho amato ogni singolo momento, conservo dentro me stesso ricordi e sensazioni che niente e nessuno potrà mai togliermi, spesso ripercorro nella mia mente certi momenti, ma non sarò mai come viverli per davvero ancora una volta.