La sveglia è alle 1.45 della
mattina di martedì 2 aprile, il volo da Malpensa alle 5.45, io e Silvia
atterriamo a Stansted e da lì arriviamo a Tottenham Hale da dove prendiamo la
tube per London Victoria, siamo in anticipo, facciamo una breve colazione prima
di salire sul treno che ci porterà a Canterbury dove arriviamo intorno alle
12.15 dopo aver oltrepassato città come Rochester, Gillingham e Faversham, mi basta
vedere scorci di questi posti dal finestrino del treno o semplicemente il
cartello che nelle rispettive stazioni indicano i loro nomi per sentirmi già
pieno di sogni ed emozioni.
A Canterbury ci accolgono freddo
e vento, ma la voglia di visitare questa città è tanta e dopo aver lasciato le
valigie in albergo ci tuffiamo subito verso il centro attraversando le mura costruite
dai Romani che ancora circondano parte della cittadina, la prima impressione è
quella di essere in una piccola York dominata dalla splendida ed imponente
Cattedrale, ma anche piena di vicoli stretti e ciottolati oltre che dai
tradizionali e storici pub, ce ne sono davvero tanti ed uno più bello
dell’altro.
In mezza giornata visitiamo
praticamente tutto il centro città, vediamo solo dall’esterno la Cattedrale, il
Museo, purtroppo chiuso, riguardante la celebre opera di Geoffrey Chaucer “I
Racconti di Canterbury” e la bellissima libreria “Catching Lives Bookshop”
caratterizzata dalla sua forma strana e storta, ma soprattutto dai tantissimi
libri presenti sui suoi scaffali, libri antichi e per questo pieni di fascino.
Dopo aver camminato lungo il
centro ci portiamo verso la Westgate, la porta che ci fa addentrare nei
Westgate Gardens caratterizzati dalle “punt” (una sorta di gondole veneziane)
che portano i turisti a visitare la città percorrendo il fiume Stour creando
un’atmosfera rilassante e magica.
Più tardi ceniamo nello storico e
bellissimo pub “The Old Weavers”, uno dei più antichi d’Inghilterra, dopo la
lunga giornata ci meritiamo una cena con fish & chips ed una fresca,
dissetante e gustosa birra del birrificio “Curious”, la struttura è davvero
antica e piena di oggetti storici e quadretti che riempiono i suoi muri,
l’atmosfera è magica ed è un vero piacere passare del tempo lì, poi, dopo aver
visto la statua dedicata proprio a Chaucer e posta proprio fuori dal pub, torniamo
a piedi verso l’albergo, fa freddo e scende una leggera pioggerella, ma come al
solito la percezione del freddo degli inglesi è notevolmente diversa dalla nostra,
mentre noi indossiamo giubbetto e felpa, loro sono già in maniche corte,
addirittura vediamo un ragazzo fare jogging senza maglietta…
La mattina seguente ci alziamo
con l’intenzione di andare a Dover, ma c’è un vento davvero forte e questo ci
fa optare per restare a Canterbury, sulle scogliere bianche immagiamo
(giustamente) che le condizioni atmosferiche sarebbero state anche peggiori,
poco male, ci addentriamo di nuovo in città e stavolta visitiamo la Cattedrale,
il prezzo è abbastanza alto, ma ne vale la pena, passeggiamo prima nei giardini
antistanti e poi entriamo restando stupiti dalla bellezza delle vetrate, delle
arcate, di ogni singola cappelletta, questo posto emana storia ad ogni angolo,
la Canterbury Cathedral divenne meta di pellegrinaggi (come raccontato nei già
citati “The Canterbury’s Tales) dopo il brutale assassinio dell’ Arcivescovo
cattolico Thomas Becket proprio al suo interno avvenuto nel 1170.
Quando usciamo dalla Cattedrale
ci accorgiamo che il vento ancora non da tregua e troviamo riparo da Starbucks
dove possiamo anche riposare e rilassarci davanti ad una bella tazza di
cioccolata calda, proseguiamo poi per negozi, compro il nuovo disco dei “The
Jesus and Mary Chain” dal fornitissimo “HMV”, purtroppo un record store che mi
ero segnato (The Sound) è chiuso, poi passiamo un po’ di tempo nella libreria
Waterstones, prima di tornare verso i Westgate Gardens camminando lungo parte
del percorso che fanno anche le “punt” oltre a salire per un tratto sulle mura
romane, per poi trovare un po’ di relax in un altro pub meraviglioso e storico,
il “Bishop’s Finger”, anche qui si respira un’atmosfera d’altri tempi e ci
gustiamo una birra prodotta dal birrificio “Sheperd Neame”, il più antico
d’Inghilterra, è talmente bello restare lì sorseggiando birra guardando dalla
finestra la gente chiacchierare fuori dal pub che alla fine ci restiamo anche
per cenare con hamburger e già che ci siamo bevendo un’altra pinta.
Il giovedì mattina decidiamo di
andare a Dover in ogni caso, vento o pioggia che sia è l’ultima opportunità che
abbiamo per vedere da vicino le White Cliffs dato che il giorno dopo saremmo
dovuti partire per Londra; acquistiamo così all’ultimo momento i biglietti on
line per il bus mentre ci gustiamo una fantastica English Breakfast, poi andiamo
alla fermata proprio vicina all’albergo e così già intorno alle 9,00 siamo in
viaggio; dal piano superiore del bus vediamo scorrere piccole cittadine, è
ancora presto e non c’è molta gente in giro, seduti davanti a noi ci sono
soltanto dei ragazzini che forse hanno saltato scuola… in meno di 1 ora arriviamo a Dover, senza
perdere tempo ci incamminiamo verso il Castello, c’è una strada in salita, ma
non ci scoraggiamo e non lo facciamo nemmeno quando vediamo il prezzo di
ingresso o quando il vento comincia ad aumentare di intensità. Siamo tra i
primi ad arrivare per visitare il Castello e quindi lo possiamo fare con
tranquillità, nella torre principale si possono vedere le stanze di questa
antica dimora, le lussuose sale da pranzo, vecchi arnesi per cucinare, armi,
armature, insomma, tutto quello che ci si può aspettare di trovare in un
Castello medievale, il Castello di Dover è sempre stato molto strategico per la
difesa dalle incursioni nemiche, ma lo è stato anche durante le Guerre Mondiali
dei nostri giorni. Ed infatti, dopo una lunga visita anche alle parti esterne,
sempre accompagnati da un vento a tratti fortissimo e fastidioso, all’antica
cappella St Mary in Castro ed ai giardini, nel primo pomeriggio ci mettiamo in
fila, nel frattempo il numero dei visitatori è infatti notevolmente aumentato,
per vedere i sotterranei dove ci si rifugiava durante la Seconda Guerra
Mondiale, ma anche dove si studiavano le strategie segrete per fermare gli
attacchi nazisti, in particolare in questi tunnel venne organizzato il centro
di comando per l’evacuazione di Dunkerque, la famosa “Operazione Dynamo”.
Pensavamo fosse una semplice visita di qualche minuto ed invece ci rendiamo
conto che è una vera e propria visita guidata della durata di quasi 1 ora, ci mostrano
filmati e ci spiegano molte cose interessanti, è emozionante trovarsi lì dove
quasi 85 anni fa si fece la storia, la vittoria delle Forze Alleate a Dunkerque
fu molto importante dal punto di vista strategico, ma fu anche una grande
spinta emotiva per tutto il Popolo Britannico nell’affrontare quella che
sarebbe stata una Guerra terribile.
Un po’ in ritardo rispetto ai
nostri programmi, ma soddisfatti per aver visitato il Castello ed i suoi
sotterranei, ci incamminiamo verso il lungo mare rinunciando ad una riposante
sosta in un pub, vogliamo infatti arrivare alle scogliere in tempo per poi
tornare indietro prima che faccia buio, il vento continua a soffiare forte, ma
almeno non piove e questo significa che c’è bel tempo in Inghilterra. Dal lungo
mare si attraversa la strada, dove posso fotografare con grande soddisfazione
il cartello sul quale c’è scritto “Welcome to England” (ovviamente sappiamo
tutti che qui a Dover arrivano i traghetti dalla Francia attraversando
l’English Channel), e poi si intraprende un percorso che porta verso le White
Cliffs, dopo un po’ di salita arriviamo al vero e proprio punto di partenza
dove, per chi arriva in macchina, si può parcheggiare e trovare ristoro, noi
proseguiamo addentrandoci finalmente sulle scogliere da dove si ha un’incredibile
vista e da dove possiamo soprattutto vedere la maestosità delle White Cliffs
senza esporci troppo (proprio la sera avevamo visto per caso un servizio
televisivo che metteva in evidenza l’irresponsabilità di molti turisti che pur
di scattare foto spettacolari mettono a rischio la propria incolumità!), ma
riuscendo comunque ad ammirare degli scorci spettacolari, camminiamo lungo
tutto il l percorso continuando ad ammirare quello spettacolo della natura e
soprattutto con l’emozione di sentirci proprio in cima alle scogliere che fino
ad ora avevamo visto soltanto da sotto quando 20 anni fa arrivammo sul suolo
Inglese proprio attraversando il Canale dalla Francia.
Dopo il lungo tragitto arriviamo
al bellissimo Faro, il South Foreland Lighthouse, dove sventola con il forte ed
incessante vento l’Union Jack, la cosa più bella del Faro è la meravigliosa
Mrs. Knotts Tea Room, una sala da tè tipicamente inglese vecchio stile,
tappezzata con un tema floreale, con quadretti storici, in particolare uno che
ritrae una giovane Regina Elisabetta II, con le tazze, la teiera e
l’arredamento in generale che riportano ai tempi dei romanzi di Jane Austen, la
sua particolarità principale è però quella di essere posta proprio all’interno
di un Faro ed è davvero emozionante essere lì a sorseggiare un tè o una
cioccolata caldi guardando fuori dalla finestra il prato, l’Union Jack che non
smette di sventolare, la tranquillità, ma anche il soffio del vento, lì ci
sentiamo al caldo, al riparo, è una sensazione bellissima.
Dopo il tè delle 5,00 siamo
tentati di proseguire, sappiamo infatti che più avanti c’è una chiesetta che
sarebbe bello vedere, ma il vento continua a soffiare forte, il tempo scorre
veloce e la stanchezza si fa sentire, prendiamo la saggia decisione di incamminarci
per tornare indietro, ci godiamo ancora la passeggiata con tranquillità, è
ancora chiaro ed il sole comunque splende sopra le White Cliffs, e possiamo
camminare senza fretta respirando profondamente e sognando di poterci tornare
ancora invidiando i “locals” che fanno il nostro stesso percorso per fare
semplicemente jogging dopo una giornata lavorativa.
Dopo le ultime foto di rito
salutiamo con una certa malinconia le White Cliffs, la prossima volta, ci
diciamo, sarebbe bello andare a vedere le Seven Sisters, dalle parti di
Eastbourne, ma secondo me l’emozione di essere qui a Dover è stata appagante,
erano anni che desideravo venirci, soltanto il Covid ce lo aveva impedito nel
2020 quando avevamo già organizzato questo stesso viaggio dovendo poi rinunciarvi.
Non ancora stanchi scendiamo sul
lungo mare di Dover passeggiando e cercando un locale dove mangiare un Fish
& Chips, ma non troviamo nulla di aperto, ci addentriamo nel centro città,
devo ammettere che non mi affascina più di tanto, ma per me l’importante è
essere lì, in un qualsiasi posto che sia in Inghilterra, o meglio, nel Regno
Unito, per sentirmi bene, per sentirmi a casa, e il posto può anche non essere
così bello agli occhi di altri, ma per me lo sarà sempre e comunque.
Attendiamo poi il bus che ci
riporterà a Canterbury nei pressi di un parco dove c’è qualche personaggio
“strano”, ma anche ragazzini del posto, a me piace stare lì a guardarli, a
vedere come vivono, ad osservare le loro abitudini, il loro modo di vestire.
Poi arriva il bus ed in poco tempo Dover è già un bel ricordo da portarsi
sempre dentro, dal Castello alle White Cliffs, ma anche a certi particolari, la
gente, i pub, il mare.
A Canterbury ci arriviamo stanchi
ed affamati, stavolta ci accontentiamo di prendere una pizza (!) da asporto nel
Pizza Hut vicino all’albergo mangiandola poi in camera mentre facciamo scorrere
sul telefonino le foto di una giornata fantastica e che mai dimenticheremo.
La mattina seguente ci tocca
salutare anche Canterbury ed il Kent, ci incamminiamo infatti in stazione e
dopo una frettolosa colazione prendiamo il treno che in circa 1 ora e mezza ci
porta a London Victoria, siamo stati fortunati, infatti proprio in questi
giorni sono stati annunciati degli scioperi dei trasporti che avrebbero colpito
sia i treni che la metropolitana londinese, ma la compagnia che ci porta a
Londra viaggia regolarmente in questa
giornata ed avrebbe iniziato a scioperare il giorno dopo.
Anche a Londra non abbiamo
problemi con gli scioperi, infatti la London Tube viaggia regolarmente, e
possiamo così rispettare tutti i nostri programmi, dopo essere andati a
lasciare le valigie nell’albergo a Marylebone andiamo subito a Sheperd Bush
dove a poco distanza si trova il negozio di abbigliamento Stuarts London,
cercavo un maglione a rombi prodotto in esclusiva da questo negozio in
collaborazione con la “Pringle of Scotland” in onore di un classico per i
Casuals degli anni 80, ma purtroppo non trovo la mia taglia, è comunque bello
parlare con i proprietari, provare altri capi tipici di questa affascinante
sottocultura.
Dopo Stuarts andiamo, sempre in
metropolitana, a Carnaby Street ed a Soho dove mi incuriosisce il locale “Bar
Italia”, uno storico luogo di incontro soprattutto per i Mods negli anni d’oro,
ma non ci fermiamo a bere niente, era solo uno sfizio da togliersi per vederlo
dal vivo, ci dirigiamo poi verso Covent Garden con i suoi soliti mercati, le
bancarelle sempre piene di oggetti interessanti ed i suoi artisti da strada, da
qui prendiamo una traversa per vedere la piccola, ma originale via chiamata
“Neal’s Yard”, famosa per i suoi coloratissimi edifici, poi, dopo aver fatto
una piacevole ed irrinunciabile visita al negozio Fred Perry, arriva il
sospirato momento di sorseggiare un’ottima London Pride nel bellissimo pub
“Crown and Anchor”, è il tipico orario del “dopo lavoro” e quindi, oltre ai
turisti, il locale ed il suo esterno è pieno di ragazzi londinesi intenti a
trascorrere qui la loro classica bevuta after work, anche noi viviamo quei
momenti in totale relax godendoci la vita, almeno oggi, in questo venerdì
londinese.
La sera restiamo in zona
Marylebone, dove abbiamo l’albergo, una zona vivace e piena di locali e pub, ci
sediamo nel bellissimo “The Globe” e mentre allo schermo danno la partita di
Championship tra Plymouth e Rotherham ceniamo con una squisita Steak Ale Pie,
in pratica un tortino fatto anche con la birra con al suo interno uno stufato
di carne, accompagnato da un’ottima birra, la Camden Hells (che ancora non lo
so, ma sarà parte integrante della mia giornata successiva…).
L’atmosfera nel pub è bellissima,
mi affascina molto il fatto che sia pieno di riferimenti a Sherlock Holmes,
siamo infatti vicinissimi alla famosa Baker Street dove viveva l’immaginario,
ma anche così realistico, investigatore privato, ci sono quadretti a lui
dedicati in tutto il locale, oltre ad uno raffigurante l’indimenticabile
compianta Regina Elisabetta, ed è proprio al 221b di Baker Street che andiamo
dopo aver terminato la serata al pub, rivedo la famosa casa dopo tantissimi
anni, ci ero già stato qui ed avevo anche visitato il museo dedicato a
Sherlock, poco distante c’è anche la sua statua che mi fa rivivere vecchie
emozioni, ovviamente ancora mi piacciono i racconti a lui dedicati da Sir
Arthur Conan Doyle, ma in quegli anni ero un vero e proprio appassionato.
La mattina dopo è sabato e sabato
in Inghilterra, se al giorno d’oggi non tifi una squadra di Premier, significa
una sola cosa: football.
Ma per noi tifosi del Preston
North End oggi non è solo football, è anche il Gentry Day. La trasferta che
ogni stagione viene organizzata per ricordare gli amici che non ci sono più, ci
vestiamo in modo elegante o semplicemente indossiamo una bombetta in ricordo
delle parole del manager Alan Ball che negli anni 70 definì i nostri tifosi i
migliori, soprannominandoli “The Gentry”.
Quella mattina l’agitazione
mischiata all’adrenalina si fanno sentire, oltre alla voglia di partecipare a
questa giornata c’è anche la tensione per la partita, il North End ha bisogno
di una vittoria per continuare a rincorrere i playoff, ma anche perché la
minaccia di scioperi mette in dubbio il modo con il quale raggiungere Watford,
sono d’accordo con alcuni Northenders londinesi di trovarci alla stazione di
Euston per poi prendere l’Overground per Watford Junction, all’ultimo momento,
però, il mio amico Trevor, che arriva da Preston in treno mi fa sapere che
prenderà quel treno da Euston alle 10.39, a questo punto vado di fretta a
prendere la metropolitana da Marylebone fino ad arrivare alla stazione dove
raggiungo il binario da dove partono le corse per Watford, per fortuna sembra
che lo sciopero, almeno per quanto riguarda la London Underground sia stato
annullato, e qui intravedo le prime
bombette, riconoscono alcuni tifosi del PNE, tra i quali John e Adam, ci salutiamo,
saliamo sul treno che è in attesa di partire e quando vediamo arrivare Trevor
richiamiamo la sua attenzione ed anche lui ci raggiunge sul nostro stesso
vagone.
Le tensioni e le agitazioni
scompaiono del tutto ora che sono insieme ai miei amici, è bellissimo rivederli
e fare il viaggio verso Watford con loro, tutti indossiamo le bombette e la
gente ci osserva incuriosita; quando arriviamo a destinazione la prima tappa è
il pub O’Neils dove beviamo le prime birre (Camden Hells appunto) di un lungo
pre-match, alcuni propongono di andare al cimitero vicino a Vicarage Road, lo
stadio del Watford, dove è sepolto John Goodall, ex giocatore del PNE, uno dei
leggendari Invincibili che conquistarono il primo Titolo di Campioni di
Inghilterra vincendo il primo campionato di calcio della storia, è sepolto qui
perché quando la sua carriera da calciatore terminò andò ad allenare proprio il
Watford. Qualcuno chiama un taxi, ma io e Trevor ci andiamo a piedi, non è una
breve passeggiata e ne approfitto per vedere la città di Watford, comunque,
quando arriviamo al cimitero, ritroviamo anche gli altri e omaggiamo la tomba
del leggendario Goodall prima di andare al The Oddfellows, un pub che s trova a
due passi dallo stadio e dove restiamo fino a pochi minuti prima della partita.
Il pre-match è la parte più
divertente della giornata, inizialmente siamo in pochi, ma con il passare del
tempo il pub si riempie di tifosi del North End, ognuno con la sua bombetta,
qualcuno ha scelto anche di vestirsi in modo elegante con tanto di giacca e
cravatta, tutti bevono birre su birre, c’è allegria, spensieratezza e serenità,
non si parla della partita, nonostante non faccia piacere a nessuno vedere
dalla TV che il Norwich, nostra rivale nella lotta playoff, ha vinto il derby
contro l’Ipswich.
Pian piano arrivano i Northenders
londinesi e poi anche i tifosi giunti a Watford con i bus organizzati dal Club,
incontro molti amici tra i quali anche James, l’italiano con origini inglesi
che da qualche anno vive a Preston, con lui portiamo con orgoglio la bandiera
dei GBS, il nostro fans club italiano dedicato al PNE, all’interno dello
stadio, per poterlo fare avevo chiesto qualche giorno prima l’autorizzazione al
Watford come veniva indicato sul loro sito internet.
Entriamo nel settore ospiti di
Vicarage Road e salutiamo i nostri giocatori che stanno facendo pre-
riscaldamento, la partita non è bellissima e termina sullo 0-0, ma il
divertimento per noi non manca sugli spalti, si inneggia alla “Gentry”
sollevando le nostre bombette e si incita la squadra, direi, come spesso
capita, una grande trasferta con gli amici rovinata dal …. Calcio… o meglio da
questo risultato che ridimensiona parecchio le nostre speranze playoff. Il coro
che preferisco è quello dedicato al nostro bomber Emil Riis che, sulle note
della bellissima “Love will tear us apart” dei Joy Division, fa “Riis will tear
you apart again”.
Dopo la partita torniamo al The
Oddfellows e qui è festa comunque, ci sediamo ad un tavolo nel giardino esterno
a bere ed a chiacchierare allegramente, della partita, del risultato e dei
playoff non ne parla nessuno, c’è un clima bellissimo, c’è solo voglia di
divertirsi, di onorare il Gentry Day e di stare insieme.
Più tardi io e Trevor salutiamo
James e gli altri, dobbiamo andare in stazione per prendere il treno per
Euston, io mi fermerò a Londra, ma Trev non può perdere la coincidenza per
Preston, il viaggio sarà lungo, ma come lui anche tanti altri tifosi arrivati
dal Lancashire devono prendere quello stesso treno ed infatti li troviamo tutti
già lì a Watford Junction, probabilmente ci sono arrivati con i taxi perché
invece per noi è stata un’impresa, a piedi senza sapere dove fosse la stazione
e soprattutto con troppe birre in corpo, ma alla fine è stato divertente seguire
quel pazzo di Trevor che scherzosamente si fermava da ogni passante per
chiedere dove fosse la stazione facendo divertire tutti compreso un ragazzino
che ci ha accompagnato per un pezzo e con il quale abbiamo iniziato a parlare
come se ci conoscessimo da tempo. Diciamo che nonostante il timore di perdere
il treno o addirittura di perderci in giro per Watford siamo riusciti a
divertirci anche in questa situazione, sembra assurdo ma è stato uno dei
momenti più belli della giornata.
Saliamo sul treno che ci porta a
London Euston e qui ci salutiamo, contenti e soddisfatti anche se stanchi e
delusi dal risultato, ma il PNE per noi è qualcos’altro, non è il risultato, è
stare insieme, è passare una bella giornata, è sentirsi parte di qualcosa, è
orgoglio di essere del Preston North End.
Mentre sto camminando per andare
verso la metropolitana sento una signora che mi chiama, vuole sapere perché
indosso la bombetta, le spiego che siamo tifosi del PNE ed il significato del
Gentry Day, poi però, quando le dico che sono italiano, penso che lei vada in
confusione, ma annuisce e mi sorride salutandomi.
Quando arrivo in albergo sono
stanco, ma felicissimo, qualche birra di troppo non mi fa rendere conto
dell’orario e Silvia, che ha passato la giornata in giro per Londra, mi fa
notare che è troppo tardi per andare a cenare in un pub ed allora ci tocca
mangiare una pizza in albergo e restiamo in camera dove comunque, con grande
soddisfazione, posso vedere “Match of the Day”, solo il fatto di sentire quella
sigla mi fa emozionare, qualcuno direbbe “sei a Londra il sabato sera e non
esci?”… beh.. ho visto il PNE dal vivo ed ora posso vedere MOTD in TV… e chi me
lo fa fare di uscire??
La domenica mattina abbiamo
ancora tempo per organizzare qualcosa di interessante e decidiamo di andare
nella vicina St Albans, infatti Londra l’abbiamo già visitata tante volte ed
avremo ancora l’occasione di restarci fino al primo pomeriggio del giorno dopo,
in teoria l’intenzione era di andarci per mezza giornata, ma nel proseguo del
racconto saprete come è andata invece…
Per fortuna lo sciopero della
metropolitana sembra essere del tutto scongiurato, ma non quello dei treni, ma
siamo anche in questo caso fortunati, infatti la compagnia che viaggia da
Londra verso St Albans effettua il servizio normale, partiamo quindi da London
St Pancras, il percorso è breve ed arriviamo a destinazione intorno alle 9,30
della mattina, il primo obiettivo è andare a Clarence Park, casa del St Albans
FC, è da anni che voglio andarci così come è da anni che voglio visitare questa
città affascinante e che mi ha sempre incuriosito.
In una decina di minuti a piedi
dalla stazione arriviamo al piccolo stadio dei Saints che si trova proprio
all’interno di un parco, appunto, il Clarence Park da cui prende nome anche la
casa della squadra locale, non sembrerebbe mai che possa spuntare uno stadio lì
dentro ed invece appena lo vede sale l’emozione seguita, però, poco dopo, dalla
delusione, infatti è tutto chiuso e ci sono soltanto piccoli scorci
dell’interno dell’impianto da vedere attraverso qualche fessura, giro ogni lato
per vedere se ci sia qualche possibilità di entrare, ma è domenica ed i sogni
di vedere questo stadio dall’interno sembrano svanire fino a quando Silvia mi
fa notare che dalla fessura di un portone si intravede un furgoncino
parcheggiato dentro ed un uomo che sta pulendo o sistemando qualcosa, prendiamo
coraggio ed alla fine troviamo un pertugio per poter entrare, probabilmente
lasciato aperto dallo stesso uomo, mi sento un bambino, sono felicissimo ed
inizio a fare foto e ad attraversare gli spalti da un settore all’altro, ci
portiamo anche a bordo campo e quando incrocio la persona che avevamo visto in
precedenza gli chiedo se posso fare delle foto (anche se le avevo già fatte a
dire il vero!) e lui mi risponde che non ci sono problemi, a questo punto
entriamo anche in campo, passeggio sul terreno di gioco di Clarence Park e
scatto diverse foto e facendomi prendere dall’entusiasmo percorro tutto il
campo salendo anche sugli spalti, dalle tribune alle due curve, lo stadio mi
piace tantissimo e se non fosse per il fatto che il signore attira la nostra
attenzione facendoci capire che sta per andarsene e che deve chiudere, sarei
rimasto lì tutta la mattina.
Lo ringraziamo e ce ne andiamo
soddisfatti, avevo già una simpatia per il St Albans, ma credo che dopo questa
visita allo stadio mi porterò dentro tanti ricordi piacevoli che mi spingeranno
a seguire meglio questa squadra.
A questo punto ci incamminiamo
verso il centro città, sulla strada ci imbattiamo in un pub, il “Robin Hood”
che ci ispira tantissimo, ma è ancora chiuso, poi arriviamo nella piazza
principale, ci sono delle bancarelle, qualche negozio di abbigliamento, ma
soprattutto mi affascina la “French Row”, una stradina piena di costruzioni in
stile “Tudor”, negozietti, ristoranti e pub, poi si sbuca su un’altra piazzetta
dove c’è la “Torre dell’Orologio”, proseguiamo ed arriviamo poi alla strada che
porta alla Cattedrale, è maestosa, quasi mi affascina di più rispetto alla più
famosa di Canterbury, intanto il vento aumenta parecchio, un motivo in più per
entrare e visitarla gratuitamente (a differenza di quella di Canterbury). Anche
al suo interno ci colpisce molto, è enorme e con tanti particolari e dettagli
davvero raffinati, su una parete c’è appesa una spettacolare rappresentazione
della storia della città di St Albans ricamata a mano.
Quando usciamo il vento è ancora
forte, ma dopo Dover siamo pronti a tutto, giriamo per tutti i lati esterni
della Cattedrale ammirandola da ognuno di essi, poi ci dirigiamo verso il
Verulanium Park, il nome deriva dal nome che i Romani diedero a questa città,
restiamo colpiti anche qui nel constatare come, nonostante il freddo e forte
vento, per la gente del posto è già estate piena, i bambini giocano al parco
con gli aquiloni o sulle giostre in pantaloncini e maniche corte, le famiglie
fanno i pic-nic e c’è davvero tanto movimento, St Albans è molto vivace e non è
di certo il vento a far restare le persone in casa.
Percorriamo il parco fino ad
arrivare ad un piccolo resto di mura Romane e poi al museo Verulanium,
purtroppo chiuso, dedicato proprio alla storia dei Romani in questa città, poi,
tornando indietro ed ancora convinti di andare a prendere il treno di rientro a
Londra nel primo pomeriggio, scopriamo un pub favoloso, è il “Ye Olde Fighting
Cocks”, antichissimo, una targa indica che qui ci venne per una notte Oliver
Cromwell durante la Guerra Civile, l’esterno è davvero meraviglioso e poi
decidiamo, lasciando così perdere il treno di rientro, di entrare per berci un paio
di birre, ovviamente Camden Hells.
Anche qui l’atmosfera è
bellissima, il pub è pieno, ci sono famiglie sedute ai tavoli per pranzare, ma
ci sono anche tanti giovani al bancone intenti a bere, qualcuno che torna come
da noi da una passeggiata al parco e si ferma per un po’ di relax, una birra ed
una chiacchierata, questi pub sono delle e vere Public House, non c’è niente da
fare, qui la mentalità è completamente diversa dal resto d’Europa o perlomeno
dall’Italia, la cultura, le abitudini, la gente… tutto mi affascina, esploro un
po’ il pub, i suoi quadri, la sua architettura, c’è anche un ritaglio di
giornale che parla di quanto sia antico questo locale e di come qualcuno lo
ritenga forse anche più vecchio del “Ye Old Trip to Jerusalem”, il pub di Nottingham
riconosciuto ufficialmente come il più antico di tutta l’Inghilterra.
Trascorriamo dei bei momenti e ci
riposiamo riparandoci anche dal vento, ma poi arriva inevitabilmente il tempo
di andarcene, è triste doverlo fare soprattutto perché so che non ci potrò
tornare la prossima domenica come invece faranno sicuramente tante delle
persone che ci sono qui, forse non ci tornerò mai più, chi lo sa, di sicuro
anche il “Ye Olde Fighting Cocks” resterà nel mio cuore così come questa città
così affascinante e vivace, storica e dominata dalla sua Cattedrale.
Ripercorriamo “French Row” ed
arriviamo alla piazza principale, saluto idealmente St Albans, ma sulla strada
del ritorno in stazione ci imbattiamo nuovamente nel Robin Hood”, beh, stavolta
è aperto, sentiamo il dovere di entrare e di rimandare ancora il nostro rientro
a Londra. Un cartello indica che questo pub ha vinto lo scorso anno un premio
per il miglior sidro della zona, non esitiamo ad assaggiarne uno, ci sediamo
tranquillamente ad un tavolo, qui non siamo in centro città e l’atmosfera è
molto più tranquilla, ci sono soltanto alcuni anziani intenti a chiacchierare
ed a bere, ma comunque mi piace, anzi, forse è anche un pub meno “turistico” e
frequentato principalmente dai “Locals” e questo è un aspetto che mi attrae in
modo particolare, anche qui ci sono molti riferimenti alla città, quadri,
vecchi articoli di giornale, ma noto anche che ci sono richiami a Robin Hood,
il leggendario fuorilegge dal quale questo pub prende il nome.
Giunge poi il momento di doversi
alzare da quel tavolo e di incamminarci, stavolta per davvero, verso la
stazione da dove prendiamo il treno che ci riporta a London St Pancras prima di
prendere la metro per Marylebone.
E’ stata un’altra giornata
memorabile, St Albans mi è entrata nel cuore, forse addirittura più di
Canterbury, probabilmente ha influito anche il fatto di aver visitato lo stadio
dei Saints, ripenso a quel colpo di fortuna, di aver trovato aperto, se fossimo
andati lì soltanto mezz’ora dopo avremmo probabilmente trovato tutto chiuso,
poi ripenso anche a quelle vie strette ed a quelle costruzioni in stile
“Tudor”, ai due parchi, a quella gente, ai bambini che giocano incuranti del
freddo, alla Cattedrale, a quei pub che sanno di antico, che ti fanno sentire a
casa. St Albans è diventata di diritto una delle mie città inglesi preferite, è
meno conosciuta rispetto a York e Canterbury, ma per certi versi è molto simile
a queste due città bellissime.
La sera usciamo per cenare al
“The Allsop Arms” in Baker Street, non facciamo caso all’orario, ordiniamo due
Steak Ale Pie, paghiamo il conto, ma poi ci dicono che la cucina è già chiusa…
bene… beh, ci rimborsano quanto avevamo pagato, ma ormai le birre ce le avevano
date ed avevamo già iniziate a berle… poco male, ce le regalano in pratica…
ormai è tardi per mangiare in un altro pub, comunque ci proviamo al “The
Volunteers” e al “The Globe”, ma le cucine sono ormai chiuse anche qui, non ci
resta che la soluzione “Five Guys”, perlomeno questa è una garanzia, è aperto e
il cheeseburger è sempre buonissimo.
Lunedì è l’ultimo giorno, abbiamo
a disposizione tutta la mattina ed il primo pomeriggio, ma dovremo andare per
tempo a prendere lo Stansted Express perché in questo caso lo sciopero è
confermatissimo ed abbiamo letto che i servizi saranno ridotti e che ci sarà
una corsa ogni ora (pochissime rispetto al solito); possiamo scegliere in
totale libertà dove passare le nostre ultime ore londinesi ed optiamo per Hyde
Park, sono parecchi anni che non ci andiamo e preferiamo stare in un posto più
tranquillo piuttosto che nella ressa di zone come Piccadilly e Regent Street.
Passeggiamo serenamente tra gli
scoiattoli che sguazzano di qua e di là, arriviamo al Serpentine, il lago
artificiale che si trova all’interno del parco, e poi allo Speakers’ Corner,
qui regna la tranquillità e si è in mezzo alla natura, non sembra davvero di
essere in una metropoli come Londra. Prima di salutare Londra facciamo un giro
veloce a Carnaby Street e dintorni, poi arriva il temuto momento di doversene
andare, è sempre un brutto momento.
Soltanto quando salgo sullo
Stansted Express capisco che è veramente finita, mi rassegno all’idea, ma so
che tornerò, me lo impone l’amore che ho per queste Terre, me lo impone il
ricordo di tutte le sensazioni e le emozioni vissute in questo viaggio, un
viaggio che in 6 giorni ci ha portati a vedere città, cattedrali e scogliere,
castelli e pub fantastici. Ed anche il Preston NE. E’ stata una delle mie
migliori vacanze in UK, ho amato ogni singolo momento, conservo dentro me stesso
ricordi e sensazioni che niente e nessuno potrà mai togliermi, spesso
ripercorro nella mia mente certi momenti, ma non sarò mai come viverli per
davvero ancora una volta.