lunedì 22 dicembre 2025

Aprile '97 - Intervista all'Autore del Romanzo

Si dice che ogni cosa che si inizia deve esser portata a termine. Dopo "Una Nuova Alba" e "No Love Lost" necessitavamo di un terzo capitolo circa le scorribande di Damon e la sua "banda". Lo scrittore, Sergio (aka Conor Adam), è stato di parola ed ha chiuso un ciclo di romanzi nella maniera più magistrale che ci potesse essere. Il terzo capitolo, di questa trilogia, è la cigliegina sulla torta di un'avventura iniziata ed ambientata nella grigia Stockport alla fine degli anni 70. Siamo passati, nel secondo capitolo, per i difficilissimi anni 80 fino ad arrivare, con questo terzo lavoro, nei mutevoli anni 90. Sergio ci ha fatto affezionare a questi personaggi proprio perchè, per noi lettori, sono stati piacevolmente raccontati con una "sfacciata" autenticità. E' stata raccontata una realtà che ha fatto crescere, i protagonisti, in mezzo alle tante difficoltà quotidiane senza rinunciare mai ai propri ideali, ai propri sentimenti e, soprattutto, all'amicizia. Probabilmente anche lo scrittore, come ci racconta in questa nostra terza chiacchierata, è rimasto legato ai suoi personaggi e, presumiamo, saranno sempre parte del suo bagaglio personale, come scrittore, consapevole del fatto di aver raccontato una storia, attraverso una trilogia, talmente bella che sembra quasi esser VERA.

 

- Ciao Sergio (Conor per tutti) alla fine ci ritroviamo per una terza intervista... come stai prima di tutto?

Ciao, sempre un piacere sentirti, tutto ok, grazie. Pronto a breve per un prossimo viaggio nei posti in cui più amo. 

 

- Ah, quindi ti becchiamo in partenza. Dove andrai di bello stavolta?

Eh si, dopo le feste farò tre giorni in Inghilterra con un amico praticamente solo per il football. Breve ritorno a Stockport, un salto a visitare qualche stadio in zona e poi a Chester prima di partire per Wrexham per la partita in terra gallese del Preston NE. Il giorno dopo Stoke-on-Trent per vedere gli stadi di Stoke City e Port Vale per poi tornare a Chester ad assistere alla sfida dei padroni di casa contro il Macclesfield.

 

- I tuoi posti del cuore praticamente. Posti che sono le cornici dei tuoi romanzi. Rileggevo le nostre vecchie chiacchiarate e si parlava di questo terzo atto di questa trilogia che, alla fine, è arrivato. Dicci di più su questo terzo capitolo. Le ispirazioni e la motivazione che ti ha spinto, alla fine, a chiudere questo cerchio.

Beh, non è stato facile decidermi a scrivere il terzo ed ultimo capitolo. Principalmente non ero sicuro di scriverlo perché temevo di poter essere troppo ripetitivo e quindi stancante, per farlo avevo bisogno di trovare qualcosa che lo rendesse un pò diverso dagli altri due pur continuando sulla stessa strada, con la formula a me tanto cara fatta di Inghilterra, calcio, musica e sottoculture. Alla fine ho deciso di proseguire questa trilogia grazie al supporto dei lettori ed anche perché credo e spero di aver trovato quello che cercavo e cioè una trama un pò diversa, con molti riferimenti al passato per permettere di scoprire le storie dei personaggi principali. Ho poi puntato a rendere questo libro più breve rispetto agli altri concentrandomi su un lasso di tempo di una sola "stagione". Ovviamente intendo calcistica. Credo che il libro sia scorrevole e non scontato, penso di aver trovato un giusto compromesso ed allo stesso tempo di essere riuscito a chiudere tutti i cerchi lasciati in sospeso nelle storie precedenti. Nonostante i dubbi avevo comunque voglia di scrivere e di tornare a parlare dei miei personaggi ed appunto cercare di chiudere ogni discorso lasciato in sospeso.

 

- Il TEMPO. Se nel secondo capitolo c'era più dinamicità, ossia i protagonisti viaggiavano molto spostandosi in vari luoghi, in questo romanzo ci sono tanti salti temporali indietro senza voler lasciare nulla in sospeso. Ho amato, personalmente, questa scelta stilistica. Pensi che questa tua scelta di scrittura ti abbia fatto avere ancor più consapevolezza delle tue capacità circa il tuo modo di scrivere?

Effettivamente è stata una scelta importante, quasi una scommessa per me e credo anche io che sia stata una mossa vincente. Da una parte mi serviva parlare del passato di alcuni personaggi per farli conoscere meglio ai lettori e per far capire come erano arrivati alle storie poi raccontate nei primi due capitoli, mi è piaciuto molto quindi parlare degli anni 60/70, scoprire aspetti che conoscevo meno della musica e delle sottoculture. Avevo paura di confondere però i lettori, ma alla fine credo di aver inserito questi riferimenti al passato nei punti giusti del libro facendo dei collegamenti con quello di cui si stava parlando in quelle pagine. Poi, da un punto di vista più pratico, questi salti temporali sono serviti ad allungare un po’ il libro, infatti parlando di una sola stagione, la storia, sarebbe stata molto più breve, volevo però assolutamente parlare di una sola stagione per dare importanza a quella particolare stagione dello Stockport County, la squadra, come ormai sapete, tifata dai protagonisti. Quindi è stato uno stile di scrittura nuovo per me, ma che mi è piaciuto, mi ha appassionato e sono felice di sapere che anche tu lo abbia apprezzato.

 

- Sai che il tuo parere mi interessa. Come hai trovato l'ultima mia recensione su questo terzo capitolo?

La aspettavo con ansia e curiosità, infatti, pur piacendomi molto il libro, ero abbastanza incerto sul riscontro che avrebbe avuto tra i lettori. Un pò per la scelta di cui abbiamo parlato prima, un pò per il timore di stancare parlando comunque di argomenti già trattati nei primi due libri e poi, soprattutto, per una scelta narrativa che mi è costata molto, una scelta sofferta sul destino di un personaggio a cui sono molto legato. Quindi leggendo la tua recensione ho capito che comunque avevo fatto delle scelte giuste, mi piace il tuo modo di scrivere ed ho apprezzato quello che hai scritto. 

- Sempre troppo buono. Siamo negli anni 90. I tempi sono cambiati ed i nostri personaggi sono adulti con tutti i problemi e gli strascichi di una gioventù movimentata. Si nota, però, che ancora hanno quel fuoco dentro in certe occasioni. Una domanda, forse, strana...come li hai visti questi adulti, che all'inizio erano giovanotti, negli anni 90? Alla fine sono arrivati al terzo capitolo come te li immaginavi fin dalla prima stesura di Una Nuova Alba?

Si, penso che la mia idea in fondo sia sempre stata quella. Nonostante i dubbi sullo scrivere o no questo terzo capitolo, il mio desiderio da sempre era quello di parlare comunque degli anni 90, quelli in cui io stesso ho vissuto la mia adolescenza e che quindi conosco meglio. E poi, nonostante come ben sai, io ami il post punk soprattutto dei Joy Division, non potevo non parlare del brit pop, degli Oasis, ma anche di altre band che adoro. E, sui personaggi, ti dico di sì anche in questo caso, ho sempre voluto farli conoscere prima come dei ragazzini e poi come degli adulti forse anche per rivivere un po’ quello che anche io adesso sto vivendo, da quando sono entrato nei cosiddetti “anta” anche io mi sono trovato di fronte a nuove necessità, ad affrontare nuovi problemi di vita quotidiana e volevo anche mostrare l’approccio al calcio, e soprattutto al movimento nelle terraces, di questi adulti che si ostinano a sentirsi ancora dei ragazzi. Nonostante i loro problemi legati alla famiglia o al lavoro, non riescono a staccarsi del tutto da quello che erano stati, quella voglia e quell'adrenalina la sentono ancora, ma allo stesso tempo devono fare i conti con l’età e con le loro nuove responsabilità.

 

- Pensi che le terraces, con tutto ciò che per loro ne conseguiva e che ben conosciamo, siano state l'antitodo per fuggire dai loro problemi anche da adulti?

Certamente, per loro la Cheadle End era e sarà sempre casa. Non è solo uno stadio, non è solo calcio. Per loro, come per molti di noi, la partita è quasi una scusa per potersi trovare al sabato con quei ragazzi con i quali hanno condiviso tutto per tanti anni. Credo che aver affrontato insieme per tanti anni certe cose, come anche la paura durante gli scontri con i tifosi avversari, li abbia inevitabilmente resi molto uniti da un legame indissolubile. L’amicizia tra di loro è l’aspetto principale di tutti i tre libri, si sostengono a vicenda nei momenti difficili e capiscono le scelte fatte da ognuno senza giudicarle. Quindi nelle terraces loro trovano un punto di riferimento, un punto dove sentirsi tra amici e almeno per il sabato, al football, possono lasciare a casa i loro problemi quotidiani. Però poi, con l’età adulta, sanno bene che la vita non è solo football e terraces, possono essere un rifugio solo temporaneo perché a certi problemi ed a certe scelte difficili non si può sfuggire, sanno che poi, dopo la partita, dovranno tornare alle loro vite affrontando le proprie responsabilità.

 

- Nei primi due romanzi c'era un personaggio chiave molto al centro della scena, soprattutto nel secondo capitolo. In questo romanzo, invece, sembra esserci e non esserci. E' nelle memorie di tutti gli altri ma, fisicamente, non è in questi anni 90. Il suo fato è un mistero il quale, però, per come è scritto il personaggio in questo testo, è lasciato a libera interpretazione del lettore. Possiamo dirlo che hai creato una sorta di interattività letteraria? C'è un motivo del perchè di questa e scelta ma, soprattutto, perchè proprio quel personaggio?

E’ il tema più delicato e la scelta più difficile che ho fatto e che ha ritardato la stesura del libro a causa della mia indecisione su come affrontare questo tema e se affrontarlo. Senza troppi giri di parole c’è un personaggio importante ed al quale sono molto legato che non appare “fisicamente “ in questo libro, anche se in qualche modo ne è ancora protagonista attraverso i ricordi degli altri personaggi ed attraverso i racconti legati al passato, perché, come tutto fa pensare, è purtroppo morto in un periodo di cui non si parla nei libri e cioè nel lasso di tempo che c’è tra No Love Lost e Aprile 97. Come hai ben notato però, per una mia precisa scelta, non si parla mai in modo diretto di questo tragico avvenimento lasciandolo un pò avvolto nel mistero anche se comunque è chiaro ciò che è successo. Ho deciso di lasciare libera interpretazione al lettore, tutto fa pensare alla morte di questo personaggio, ma non lo si dice mai esplicitamente. Perché ? Forse perché io stesso non voglio credere morto questo personaggio e quindi non sono mai riuscito a scrivere che è effettivamente morto. Perché ho preso la decisione di “far morire” (non mi piace proprio dirlo anche perché mi sto dando un potere che non potrei mai avere … ops.. sto ancora parlando dei miei personaggi come se fossero persone reali e sto veramente dispiacendomi della presunta morte di uno di loro …) qualcuno ed in particolare questo personaggio? La scelta di questa apparente morte è perché volevo un libro sempre più realistico e, purtroppo, la morte fa parte delle nostre vite, è qualcosa che mi è difficile accettare e parlarne mi fa sempre male, ma lo dovevo fare perché nella vita c’è anche tanta sofferenza. Ho scelto quel personaggio forse perché non me lo immaginavo in un ipotetico futuro negli anni 2000, forse perché è il tipico personaggio “dannato”, come certe rock star morte giovani, o magari perché volevo provare a capire come chi gli voleva bene ha dovuto affrontare una cosa così difficile come la morte di una persona cara. Odio dirlo ma per la “scenografia “ del libro questo avvenimento mi è “servito” per due motivi: il primo è che volevo che un certo personaggio stesse affrontando un periodo difficilissimo della sua vita e che quella particolare stagione della sua squadra gli desse la forza per reagire, questo per far capire quanto possa essere importante il tifo, ma anche il sostegno degli amici e della famiglia, il secondo è che quel personaggio aveva forse un po’ troppo monopolizzato il secondo libro assumendo quasi più importanza dei personaggi principali del primo capitolo ed ho pensato che a qualche lettore possa esser piaciuta meno questa cosa. Diciamo che avevo bisogno di distogliere un pò di attenzione da questo personaggio per far tornare alla ribalta i ragazzi degli Stylish Naughty Boys.

 

- C'è tanta profondità in questa risposta. Dico davvero.

Grazie, ma ho davvero passato momenti di grande indecisione perché non volevo che qualcuno morisse e mi sentivo male al solo pensiero che io potessi avere il potere di far morire qualcuno… senza rendermi quasi conto che comunque si trattava di persone immaginarie!

 

- Hai detto che sei entrato nel club degli ANTA, anagraficamente parlando, proprio come il personaggio principale, di tutta la trilogia, in questo romanzo. Ti feci già questa domanda nelle vecchie chiacchierate. Quanto Sergio, coetaneo, c'è in questo Damon versione 90's e quanto viceversa?

Sicuramente Damon è il personaggio che viene "studiato" maggiormente in tutti i libri e questo succede proprio perché io mi ritrovo spesso in lui e lui prende un pò spunto da me, più dal punto di vista caratteriale ed emotivo perché invece certi fatti che Damon deve affrontare io non li ho vissuti sia dal punto di vista dello stadio che da quello della vita privata. Io da adulto ho vissuto momenti un pò particolari e difficili a causa del mio carattere e li ho affrontati a modo mio come Damon affronta i suoi problemi pur diversi dai miei o in qualche caso simili. Dal punto di vista dello stadio anche io ho dovuto in certe occasioni mettere davanti la famiglia o il lavoro alle partite oppure ho dovuto rinunciare alla vita da terraces preferendo un approccio più tranquillo. Anche Damon è stato lontano da quella vita per dare più importanza e spazio ai sentimenti privati ed alla fine, nonostante il periodo difficile che lo ha fatto tornare a quel tipo di vita, ha capito chi è, quello che vuole essere, senza rinunciare al tifo per la sua squadra ma dandogli una giusta dimensione. Dal punto di vista sentimentale Damon è come me emotivo e sensibile, ci assomigliamo molto e forse proprio per questo sono riuscito a renderlo un personaggio realistico e che spero sia stato amato dai lettori.

 

- Sottoculture e musica. In questo romanzo hanno sempre quella spinta propulsiva, nel testo in sè, oppure sono leggermente più marginali? La stessa sottocultura Casuals, nel secondo capitolo, era presente ma meno "invadente", qui sembra essere giusto appena accennata. Come li classifichi questi due fattori (musica e sottocultura) in questo terzo romanzo?

Si, è vero. Beh, innanzitutto anche nella realtà, in quel periodo storico, i casuals erano ormai diventati più interessati ai rave e quella sottocultura aveva ormai meno senso dato che la sua principale prerogativa era quella di sorprendere, quindi quando si diffuse così ampiamente in tutto il Regno Unito, perse quella sua particolarità, non c’era più l’effetto sorpresa perché tutti conoscevano i casuals. Però, a parte questo, credo che questo libro voglia consapevolmente concentrarsi di più sui personaggi, sul loro modo di essere e di essere diventati adulti. Mi sembrava un pò superficiale parlare ancora dei casuals ritenendolo più un movimento giovanile, i personaggi sono ormai 40enni e pur mantenendo un certo stile nell’abbigliamento e nel comportamento non sono più così legati al fatto di voler apparire in un certo modo di fronte agli altri, diciamo che hanno pensieri più maturi adesso. Mi interessava di più analizzare i personaggi come persone piuttosto che come casuals o altro. La musica c’è sempre ma forse c’è meno sentimento nel parlarne semplicemente perché non ci sono più i Joy Division e nessuna band è per me e, per Damon, come loro. Ci sono tante grandi band, ma dal punto di vista emotivo nessuno può raggiungere quello che i JD ed in particolare Ian Curtis hanno dato a Damon. Non volevo mai che lui si staccasse dai JD, poteva ascoltare altre band, altra musica , ma nessuna lo avrebbe mai coinvolto emotivamente come avevano fatto i JD. Comunque penso che, anche in questo capitolo, la musica, più che le sottoculture, abbia un ruolo importante perché spesso le canzoni fanno da collegamento ai sentimenti dei personaggi, con certe canzoni ho creato dei sentimenti particolari. Penso in particolare alle scene finali con “Come Home” dei Placebo, ma soprattutto penso a “Don’t look back in anger” degli Oasis che diventa praticamente uno slogan del libro.

 

- Siamo alle ultime domande. Come si può riassumere questa trilogia e questa esperienza per te personalmente? Come ti ha cambiato, se ti ha cambiato. Cosa hai voluto trasmettere ai lettori? E, domanda forse fastidiosa, pensi mai che una storia simile possa esser divulgata anche sul piccolo o grande schermo?

Scrivere questa trilogia mi ha regalato tante emozioni proprio scrivendola, ho instaurato una sorta di rapporti con i miei personaggi che non credevo possibili, mi sono sentito molto coinvolto scrivendo le loro storie forse perché spesso mi ci rispecchiavo ed anche per il fatto che parlavo di argomenti che comunque mi appassionano indipendentemente da questi libri. Quindi scriverli mi ha cambiato un pò emotivamente, sono stato molto coinvolto ed inoltre ha cambiato il mio modo di scrivere e di sentirmi scrittore. Ho provato la sensazione di sentirmi uno scrittore vero e non solo per passione. Ho capito quanto mi piace scrivere romanzi e non più storie vere o calcistiche, mi sento molto più completo e pronto a nuove sfide, ho più consapevolezza delle mie capacità ed ho più fiducia in me stesso, forse non solo nella scrittura, trovare riscontri positivi in qualcosa di mio, che ho fatto da solo, mi ha probabilmente dato più forza interiore anche in altre cose nella mia vita. Dal punto di vista pratico invece non è cambiato molto … di certo non sono diventato famoso (ahahah ma non è mai stato il mio obiettivo) ma comunque mi fa piacere il fatto che questi libri mi hanno permesso di fare nuove amicizie e di confrontarmi sui temi affrontati nei libri con tante persone. Di sicuro la parte migliore è questa, avere instaurato rapporti, amicizie, aver dato qualcosa ai miei lettori. Forse non sono così tanti, ma è una bellissima sensazione sapere che magari sono pochi ma sono tutti coinvolti ed interessati ai miei libri. Sono contento che c’è chi mi apprezza come scrittore perché è quello che amo fare ma sicuramente mi fa ancora più piacere sentire il rispetto di alcune persone nei miei confronti, l’amicizia o semplicemente la simpatia. Posso davvero dire di avere molti amici ora in giro per l’Italia, quando vado a vedere il mio local team, il Lecco, non riesco mai ad “odiare” i miei avversari perché in ogni tifoseria o quasi so che c’è qualcuno che mi apprezza o che ha apprezzato i miei libri. Mi ha fatto molto piacere essere stato invitato tempo fa a presentare i miei libri in un pub frequentato da tifosi veneziani che, in teoria, sono rivali di quelli lecchesi… scrivendo questi libri non ero intenzionato a dare dei veri e propri messaggi ai lettori, non volevo darmi questa importanza sinceramente, non mi sentivo nessuno per dare consigli o trasmettere qualcosa, però alla fine, forse senza volerlo e semplicemente parlando di quello che mi appassiona e in cui credo, penso che da questa trilogia il messaggio principale che ne esce è quello legato alle amicizie. In tutti i libri i rapporti tra i ragazzi protagonisti sono importanti, vengono trattati in modo “forte”, spesso si scontrano ma poi trovano sempre il modo di restare uniti e di condividere tutto, combattendo insieme per difendere i propri amici ed i propri ideali. Per quanto riguarda la trasposizione dei libri in film o serie tv ammetto che è un sogno che ho da sempre ma sul quale sono molto poco fiducioso perché prima di sperare in una cosa del genere dovrei innanzitutto fare in modo che questi libri diventino più conosciuti, non mi piace dirlo, ma inevitabilmente dovrebbero vendere di più per poter essere presi in considerazione per la televisione. Penso comunque che le storie raccontate, con tutti i legami anche sentimentali nati tra i personaggi e le trame soprattutto dei primi due libri, si presterebbero bene, forse, per una serie televisiva piuttosto che per un film vista la lunghezza.

 

- Grazie Sergio è stato, ancora una volta, un vero piacere ed un onore aver fatto questa chiacchierata. Questo romanzo è stato davvero un bel viaggio dalla prima riga di Una Nuova Alba fino all'ultimo periodo letto su Aprile '97. Ti auguro il meglio per il futuro e per dei tuoi eventuali futuri progetti di scrittura.

Grazie mille! E’ stato un lungo viaggio in effetti, una trilogia che ci ha permesso di attraversare quei posti che amiamo dalla fine dei 70s alla fine dei 90s, scoprendo quei ragazzini fino a vederli diventare adulti. Per me è stato bellissimo, spero sia stato lo stesso per i lettori. Tante grazie per avermi dato l’opportunità di parlarne, è sempre importante, ma ti ringrazio soprattutto per la piacevole chiacchierata e per la tua amicizia che apprezzo sempre tanto. E di certo non mi fermo qui, aspettatevi novità dalla mia penna, non voglio smettere perché scrivere mi fa stare bene e sono contento se, quello che faccio, possa piacere anche ad altre persone. Grazie ancora e buona serata.



INTERVISTA DI DAMIANO

domenica 24 agosto 2025

Recensione - Aprile 97

Ancora una volta, di nuovo, un ultimo "valzer" in salsa britannica. 

Eravamo rimasti, con lo scrittore di questa trilogia che, i fatti narrati nei primi due romanzi, "Una Nuova Alba" e "No Love Lost", sarebbero rimasti in stand-by in attesa di un terzo capitolo. 

Un terzo capitolo che, in verità, è passato, leggermente, sottotraccia rispetto ai primi due. Invece, per i fedelissimi di Damonstone (protagonista dei romanzi), il terzo capitolo andava letto, gustato e goduto perchè in "No Love Lost", lo scrittore aveva lasciato tutti, ancora una volta, con dei punti di domanda. Della serie: "Ed ora cosa succederà? Finisce davvero così?".

"Aprile 97", titolo di questo terzo scritto, è stato, senza ombra di dubbio, il sipario perfetto per tutta questa storia. Siamo, ormai, negli anni 90, anni di cambiamento in ogni dove, soprattutto in terra d'Albione e nella difficile periferia di Manchester. 

I protagonisti dei primi due romanzi sono, ormai, quarantenni con tutte le responsabilità che ne consegue avere quarant'anni. Chi ha messo su famiglia, chi ci ha provato, chi ancora deve capire cosa fare della propria vita e chi, il protagonista, si ritrova a dover reagire dopo una situazione personale davvero difficile che gli si palesa davanti. Damon ha la scocca dura, è un  quarantenne che ne ha vissute di tutte i colori, come viene raccontato nei primi due romanzi, ma, di nuovo, la vita lo mette dinnanzi ad un fatto davvero difficile e tendenzialmente insuperabile. 

I fattori chiave che lo aiuteranno, salvo qualche ricaduta, a rialzarsi, saranno sempre quelli che hanno reso magica tutta questa storia. Parlo dell'amicizia, della lealtà e della fratellanza con i suoi storici amici nonché ex membri della loro amata firm dello Stockport County, la SNB.

Il fattore stadio qui sarà, nuovamente, importante in quanto fungerà da rifugio in momenti personali difficili ma i tempi sono cambiati, tutto è cambiato, anche la violenza sulle terraces la quale inizierà ad essere vista dai nostri protagonisti con occhi diversi e che li porterà a prendere decisioni in merito. 

La musica, pure, è cambiata e sta al passo con i tempi che corrono, siamo nei 90's e c'è una vera e propria elettricità nell'aria. Il post punk, il rock alternativo ormai sembrano appartenere ad un'altra era. Un'era al quale, il buon Damon, rimarrà per sempre legato.

Se in "No Love Lost" abbiamo assistito ad un romanzo dinamico, della serie che i protagonisti viaggiavano e si spostavano spesso per varie situazioni, in "Aprile 97" i viaggi saranno, perlopiù, temporali. SI...lo scrittore, mi prendo licenza di dire, è stato fenomenale nell'usare la tecnica narrativa del, cosiddetto, flashback. Questi salti, a situazioni passate, saranno fondamentali per chiudere un cerchio apertosi nella prima opera, "Una Nuova Alba". Senza questi viaggi (temporali) narrativi si rischia di perdere il filo logico delle varie vicissitudini di tutti i personaggi ma, come già detto, il nostro amico scrittore ha dato vita ad un eccellente lavoro.

La sottocultura continua ad esserci. Il casual continua a fare da padrone visto che tutti e tre i romanzi hanno orbitato attorno ad esso. Però, come già visto nel secondo romanzo, pian piano si è usciti dalla "comfort zone" della sottocultura casual e tutta la storia si è incentrata sulle questioni personali, sentimentali e di quotidiano vivere dei personaggi. Il casual anni 90 è diverso da quello "originale", come spesso diranno i membri della SNB, e questa è l'ennesima prova di come tutto ormai sia mutato anche in ambito terraces.

Un elemento chiave di tutta la storia sarà l'alone di "mistero" che girerà attorno ad un altro personaggio chiave di cui, realmente, non si capisce qual sia stato il suo destino visto che viene spesso menzionato ed appare, di rado, in quei flashback citati qualche rigo sopra. Anche qui grande giocata, a parer mio, da parte dello scrittore. Ha reso infatti, e giuro che è stato così durante tutta la lettura, quasi interattiva la storia attorno a questo personaggio ponendo, al lettore stesso, il fato di questa figura chiave di tutta la storia sin dal primo romanzo.

In "Aprile 97", come detto all'inizio di questa recensione, abbiamo assistito al giusto sipario di un percorso iniziato, con lo scrittore, negli anni 70 con "Una Nuova Alba", passando per gli ancor più difficoltosi 80's raccontati in "No Love Lost" fino ad arrivare a questo terzo ed ultimo (?) capitolo ambientato nei movimentati e mutevoli anni 90.

Vita da stadio, pub, sottoculture, difficoltà giovanili, musica, amicizia, sentimenti ed amori non sempre corrisposti, cambiamenti, passioni, rabbia, violenza, cadute e risalite. Possiamo dire che tutti questi ingredienti hanno fatto si che, finalmente, tutti gli appassionati di una narrativa che esce un pò da determinati "schemi" abbiano potuto avere la loro trilogia perfetta. Su questo non possiamo fare altro che ringraziare lo scrittore Sergio per averci dato tutto ciò di cui avevamo bisogno.

 

Damiano












giovedì 3 aprile 2025

Un gran weekend rovinato dal football

Articolo di Conor Adam tratta dalla Fanzine "Profilo Basso"


Già agli ottavi di FA CUP il Preston NE era destinato ad essere eliminato dal favorito Burnley, ma a sorpresa, come spesso accade in questa magica competizione, i Lilywhites hanno sconfitto nettamente per 3-0 i rivali in uno dei derby del Lancashire riempendo di entusiasmo ed ottimismo ogni tifoso, al momento dei sorteggi per il turno successivo eravamo tutti collegati in diretta per conoscere quale sarebbe stato il nostro avversario, io ed il mio amico Alessandro eravamo pronti a prenotare un volo, ma prima avevamo bisogno di conoscere almeno quale sarebbe stata la destinazione, Londra, Nottingham, Brighton, Birmingham, Manchester, Bournemouth o forse proprio Preston? E’ uno di quegli appuntamenti ai quali non si può mancare, il North End non si qualificava ai quarti di FA CUP da 59 anni, l’ultima vinta fu nel 1938 quando nei Whites ci giocava il mitico Bill Shankly. Quella domenica sera il sorteggio ritarda visto che la partita degli ottavi in corso si porta ai supplementari, la tensione così sale sempre di più fino a quando arriva il momento in cui viene pescato il biglietto indicante “Preston North End”, già da questo sappiamo che si giocherà a casa nostra, a Deepdale, pochi secondi dopo il biglietto sorteggiato ed abbinato al PNE dice “Aston Villa”, bellissimo! Attendiamo qualche giorno per capire quale sarà il giorno esatto della partita, ma ad un certo punto prenotiamo prima di saperlo per evitare che i prezzi dei voli aumentino, faremo il sabato e la domenica, non possiamo infatti fermarci anche il lunedì, male che vada ci vedremo altre partite.

Qualche giorno dopo si viene a sapere che la partita si giocherà domenica 30 marzo alle 1.30 pm, beh… noi avremo il volo alle 6.30 pm da Manchester, sarà una corsa, ma ne varrà la pena, in caso di extra-time non voglio nemmeno immaginare come faremo a lasciare lo stadio al 90° con l’adrenalina che a quel punto sarebbe a mille.

Dato che abbiamo deciso che al sabato saremmo andati in quelle zone a vedere una partita, la prima tappa del weekend è dalle parti di Liverpool, direttamente dall’aeroporto di Manchester ci portiamo infatti di buon ora a visitare il piccolo stadio del Prescot Cables, è chiuso, ma un gentilissimo e simpatico ragazzo dello staff ci permette di entrare per scattare qualche foto, un po’ come mi era successo in altri posti, di recente, ad esempio, a Prenton Park, casa del Tranmere Rovers, questo è il classico impianto di non-league davvero ben tenuto anche se a dire il vero non mi ha lasciato particolari emozioni, le tappe successive, trovandoci da quelle parti, sono obbligate ed infatti, anche se ci ero già stato, vediamo dall’esterno Anfield e, dopo aver attraversato lo Stanley Park, l’affascinante Goodison Park, uno stadio che meritava un’ultima visita ed al quale faremo una grande fatica a dare il nostro addio visto che dalla prossima stagione l’Everton giocherà nel nuovo moderno impianto, andiamo a vedere pure quello, ma non ci dice niente, non ci si può nemmeno avvicinare ed un addetto ci intima pure a non scattare foto. 

















Da lì Uber ci porta in meno di 1 ora a Chester al “Bear and Billet” dove abbiamo appuntamento alle 12.30 con un gruppo di lads della squadra locale, gli stessi con i quali avevo già passato un sabato memorabile un paio di mesi fa assistendo al match di Conference North contro lo Scunthorpe, un “When Saturday Comes” di tutto rispetto soprattutto grazie al pre-match alcolico e che aveva decisamente lasciato il segno. Al pub ad aspettarci ci sono i soliti e soprattutto Tom ed Arikan, due ragazzi con i quali ho instaurato un bel rapporto di amicizia, ci accolgono alla grande e la prima birra è già lì che ci aspetta. Qualche minuto più tardi ci spostiamo a piedi al “The Black Bush”, un Irish Pub in piena regola, altra birra e foto di rito, la scena qui nel nord è ostinatamente Casuals e ci si abbiglia con Three Stripes d’ordinanza ai piedi, giacchetti CP, Paul & Shark e Berghaus, cappellini Aquascutum. Tom ci spiega che oggi il clima è purtroppo abbastanza calmo, il Chester ha infatti perso nello scorso turno uno scontro decisivo proprio a Scunthorpe per la promozione diretta, ma soprattutto molti lads preferiscono non farsi vedere in giro dopo qualche “momento un po’ troppo concitato” nell’awayday, un tipo che conosco bene, Connor, è stato pure bannato, inoltre l’avversario odierno, il Curzon Ashton, non ha praticamente nessuna “brigata” al seguito e questa non è certo una partita che attira i più agitati che preferiscono mantenere un profilo basso e che sono piuttosto più interessati alla prossima trasferta ad Hereford.

Il pub successivo è il “The Golden Eagle”, il più bello dei tre, affascinante ed accogliente, chiacchieriamo e ce ne facciamo un’altra, poi ci spostiamo verso il Deva col taxi, l’atmosfera, lo si nota già, non è quella dei giorni migliori, mangiamo un cheeseburger accompagnato da una leggera pioggerella, il cosiddetto “typical british weather”, poi entriamo nella terrace che la partita sta per iniziare, il tifo non è male, tamburo incessante e ragazzini ben vestiti e pieni di voglia cantano decisi cercando di spingere la squadra ad una vittoria che permetterebbe di avere ancora qualche piccola speranza di promozione diretta. Il gol non tarda ad arrivare, esultiamo soddisfatti, ma la gioia dura poco infatti la squadra di Ashton-under-Lyne pareggia poco dopo e da quel momento la partita diventa un po’ bloccata ed avara di emozioni, ne risente anche l’atmosfera sugli spalti, il fatto poi che i tifosi in trasferta sono pochissimi e silenziosi non da a quelli di casa un incentivo per farsi sentire di più, senza confronto con gli avversari manca un po’ di sano spirito di rivalità.




















Il match si trascina così verso la fine senza grosse occasioni da gol terminando sul 1-1, torniamo a piedi in città, i nostri amici ci accompagnano in giro per il centro, bellissimo e pieno di storia, su tutto spicca la famosa Eastgate Clock, ma anche le tante costruzioni in stile Tudor, i canali, la cattedrale, i resti dell’anfiteatro romano e le mura romane originali che ancora circondano Chester, percorrendole ci portiamo al “The Architect”, uno dei mie pub preferiti, ci ero stato anni fa, si trova nei pressi della Racecourse e quando ci sono le corse dei cavalli qui è sempre affollatissimo, ci godiamo una rilassante birra prima di cenare con il classico fish & chips, qui l’atmosfera è tipicamente british, famiglie allegre, coppie giovani ed anziane, gruppi di amici, l’arredamento del locale regala poi un fascino irresistibile a questo posto. Più tardi ringraziamo e salutiamo gli amici di Chester e con il treno ci spostiamo a Preston, è sera e c’è un vento freddo, ma come al solito, ormai non mi stupisco più, le ragazze sono già in abbigliamento decisamente estivo, se così vogliamo dire.




















La mattina seguente ci svegliamo con la tipica agitazione del matchday ed è un matchday che dice PNE vs Villa, non una partita qualsiasi, un quarto di FA CUP contro un avversario di Premier League fortissimo, ma qui tutti sono ottimisti, non si fa altro che parlare del sogno chiamato Wembley, le semifinali, infatti, si giocheranno proprio lì, per non pensare troppo a quella sfida, dopo un’ottima colazione in hotel, andiamo nella vicina Bamber Bridge a visitare il “Sir Tom Finney Stadium”, stadio della squadra locale dedicato alla grande leggenda proprio del Preston NE, ci tenevo a vederlo proprio per questo motivo, ma anche perché qui praticamente ogni estate il North End ci gioca la classica amichevole estiva contro i “vicini di casa”. Lo troviamo chiuso, ma intorno al piccolo impianto ci sono le classiche villette inglesi con giardino sul retro che si affaccia proprio al campo di gioco, appena vedo un signore che abita in una di queste non esito a chiedergli se ci sia un modo per poter vedere lo stadio internamente e lui con la classica gentilezza british ci apre il cancelletto che porta al suo giardino da dove possiamo vedere gli spalti ed il terreno di gioco. 







Sono quasi commosso, lo ringraziamo e dopo averlo salutato torniamo a Preston, giriamo per il centro, è una città che conosco benissimo, ci vengo da 15 anni, ma è sempre bello vederla nelle prime ore della mattina quando ancora sonnecchia, ma sappiamo bene che tra poco i pub si riempiranno, si verseranno birre a volontà e si canterà a squarciagola l’orgoglio di essere Lilywhites.












Intorno alle 10,30 ci portiamo al “The Hogarths” dove abbiamo appuntamento con i miei soliti amici, gli stessi che un mese prima erano venuti a trovarmi a Lecco assistendo anche ad una partita del mio local team per ricambiare in un certo senso il fatto che io segua da tanti anni e con grande passione il loro Club. Ci sono quasi tutti, da John a “Brunny”, da James a Charlie, il più scatenato nei cori, l’atmosfera è elettrica ed è fantastico essere qui oggi, lo è sempre, ma sento qualcosa di diverso questa volta, tutti sono pieni di entusiasmo e fiduciosi, sanno che servirà un’impresa, ma non hanno dubbi sul fatto che la squadra darà tutto, lotterà con orgoglio onorando quella magica maglia bianca. Il pub è bellissimo e le nostre bandiere appese gli danno ancora più fascino, ogni tanto guardiamo fuori per vedere se c’è in giro qualcuno del Villa, ma sembra che quelli di Birmingham non si facciano vedere, noi intanto continuiamo a cantare spensierati, allegri e carichi, speriamo che anche i ragazzi in campo lo saranno. Poco prima ho detto “ci sono quasi tutti”, ed infatti manca Trevor. Trevor lo potrei definire il mio migliore amico in terra inglese, gli voglio un gran bene intendiamoci, ma in questo momento ammetto che la cosa principale che mi spinge a volerlo incontrare è il fatto che è lui ad avere i nostri preziosi biglietti… ed allora, preoccupati, andiamo a piedi in direzione stadio e più precisamente al “The Moorbrook Inn” dove ci tranquillizzano, Trevor arriverà a momenti, intanto per non sbagliare ci facciamo un’altra birra accompagnata da una pizza che qui la fanno buonissima al forno a legna nel giardino esterno… beh, nonostante i tentativi di sentirci inglesi in tutto e per tutto in questo caso non resistiamo e tradiamo le nostre italiche origini! Quando arriva Trevor ed ho finalmente il mio biglietto tra le mani sono più tranquillo, lo ringrazio di cuore, non fosse stato per lui sarebbe stato difficile riuscire ad acquistarli, Deepdale oggi è sold out e la vendita era iniziata in anticipo solo per gli abbonati. 
















Ci portiamo a piedi verso lo stadio un po’ prima di quanto si sia abituati qui, infatti il tifo organizzato aveva raccomandato a tutti di entrare prima sugli spalti per poter accogliere la squadra al suo ingresso in campo con il nostro entusiasmo e sventolando le bandierine poste sui seggiolini per creare la coreografia e l’atmosfera giusta per caricare i ragazzi che vestono quella maglia con l’agnello sul petto e con la sigla P.P. che per noi tutti significa “Proud Preston”. Orgoglio. La breve camminata verso casa nostra è piena di tensione, il momento si avvicina, vedo gente che segue il suo local team da tutta una vita con le facce tirate, lo sognano da anni un giorno come questo e non ci sono abituati, possiamo dire che sia la partita più importante nella storia recente del PNE, forse più del derby più sentito, quello contro il Blackpool, forse anche più della Finale Playoff di League One giocata e vinta a Wembley, forse più del Quinto Turno di FA CUP contro il Man Utd, quello di oggi è un Quarto di Finale che potrebbe portarci alle semifinali, di nuovo a Wembley. Purtroppo non trovo il classico Match Programme, è infatti esaurito, le file agli ingressi ai vari settori sono lunghe, ma ce la caviamo in qualche minuto e siamo dentro poco prima del fischio di inizio, prendiamo posto nella prima fila dell’Invincibles Pavillon, praticamente la tribuna principale sul rettilineo, non era praticamente possibile trovare i biglietti nella Town End, la terrace, prendiamo la nostra bandierina che sventoliamo con entusiasmo all’ingresso in campo delle due squadre con il sottofondo delle note di “Can’t Help Falling in Love”, la canzone di Elvis nella versione cantata dagli UB40, un classico qui a Deepdale.

Deepdale che oggi è straordinario, così pieno non lo avevo mai visto nonostante ci sia stato tantissime volte ormai, ma a parte il sold out è l’entusiasmo che mi colpisce e mi coinvolge, tutti sventolano le bandiere e cantano a gran voce, la coreografia nella Town End è commovente perché ne ricorda una classica del passato, tutto il settore è infatti bianco a parte la parte blu navy che va a formare la grossa scritta “PNE”, semplice, ma di grande impatto, emozionante, decisamente indovinata. Ci sono bandiere dei vari gruppi e c’è anche quella dei GBS, il Fans Club Italiano del PNE che ho fondato nel 2010, ne sono davvero orgoglioso, mi sento parte di tutto questo ed è bellissimo. Devo dire che anche il settore ospiti, la Kop, gremita da 5.500 Villans ha il suo fascino soprattutto quando cantano l’immancabile “Villa Villa Villa” tutti insieme a gran voce.  La partita inizia, siamo tutti tesi, ma adesso quella tensione viene sostituita dall’adrenalina, è come se fossimo in campo per quanto ci sentiamo partecipi ed essere a pochi passi dai giocatori sul terreno di gioco ci fa sentire ancora più vicini a loro per spingerli a compiere l’impresa, sarebbe un sogno, vogliamo provare a crederci, in fondo sognare, dicono, non costa niente. Il primo tempo è bellissimo ed equilibrato ed anzi è il North End che sembra essere più “in palla”, resistiamo e ci portiamo sullo 0-0 negli spogliatoi. Comincio a pensare ai temuti supplementari ed a come fare ad andare via per non perdere l’aereo, forse sarei disposto a fare la pazzia, come si potrebbe abbandonare tutto questo e la squadra a quel punto? Non voglio pensarci, dobbiamo vincere al 90°, dobbiamo farlo e poi andare a Wembley. Il secondo tempo inizia con grande ottimismo, ad un certo punto qualcuno dei nostri canta “Wemberley” e dentro di me penso che qui proprio non sono scaramantici… poco dopo, al 58°, Marcus Rashford porta in vantaggio il Villa e dal settore ospiti arriva il coro di scherno che a sua volta dice “Wemberley”…. Noi rispondiamo con tutta la voce che abbiamo alzandoci in piedi e guardando in loro direzione urlando “PNE PNE PNE”, tutto il nostro orgoglio di essere North End. Purtroppo qualche minuto dopo i Villans guadagnano un calcio di rigore che lo stesso attaccante in prestito dal Man U trasforma chiudendo di fatto il match, al 71° arriva anche lo 0-3, ma davvero nessun tifoso Lilywhite ne sembra in qualche modo scalfito nel suo entusiasmo, nella gioia di essere lì in un Deepdale stracolmo per una partita storica che nessuno dimenticherà mai nonostante il risultato negativo. Da quel momento è solo un susseguirsi di cori tra le due tifoserie, i Villans sono giustamente allegri ed hanno voglia di farsi sentire, ma noi del PNE non cediamo e rispondiamo alle provocazioni con i nostri canti inneggianti alla squadra più bella che il mondo abbia visto mai, il Preston North End, gli Invincibili originali. La partita finisce, abbiamo il tempo per applaudire con orgoglio e ringraziare la squadra per aver fatto del proprio meglio onorando la maglia, per scattare foto e fare qualche gesto non proprio educato ai Villans, poi è il momento di salutare e di andare di fretta, attraversando la folla di tifosi delle due squadre pacificamente mischiati, al nostro appuntamento con l’autista della Vauxhall che ci porterà in tempo in aeroporto nonostante il traffico generatosi a Preston in seguito al big match.





















Lunedì sera io ed Alessandro completeremo la tre giorni calcistica andando a vedere il nostro local team al Rigamonti-Ceppi, posso essere contento, avrò infatti a quel punto assistito a tre partite in fila delle mie tre squadre preferite, il Chester, il Preston NE ed, appunto, il Lecco.

Speriamo che almeno i Blucelesti lunedì riescano a vincere perché questo è stato a tutti gli effetti un grande weekend fuori con i lads di Chester e Preston, fantastico, perfetto, divertente, emozionante, ma… rovinato dal football!