Si dice che ogni cosa che si
inizia deve esser portata a termine. Dopo "Una Nuova Alba" e "No
Love Lost" necessitavamo di un terzo capitolo circa le scorribande di
Damon e la sua "banda". Lo scrittore, Sergio (aka Conor Adam), è
stato di parola ed ha chiuso un ciclo di romanzi nella maniera più magistrale
che ci potesse essere. Il terzo capitolo, di questa trilogia, è la cigliegina
sulla torta di un'avventura iniziata ed ambientata nella grigia Stockport alla
fine degli anni 70. Siamo passati, nel secondo capitolo, per i difficilissimi
anni 80 fino ad arrivare, con questo terzo lavoro, nei mutevoli anni 90. Sergio
ci ha fatto affezionare a questi personaggi proprio perchè, per noi lettori,
sono stati piacevolmente raccontati con una "sfacciata" autenticità.
E' stata raccontata una realtà che ha fatto crescere, i protagonisti, in mezzo
alle tante difficoltà quotidiane senza rinunciare mai ai propri ideali, ai
propri sentimenti e, soprattutto, all'amicizia. Probabilmente anche lo
scrittore, come ci racconta in questa nostra terza chiacchierata, è rimasto
legato ai suoi personaggi e, presumiamo, saranno sempre parte del suo bagaglio
personale, come scrittore, consapevole del fatto di aver raccontato una storia,
attraverso una trilogia, talmente bella che sembra quasi esser VERA.
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Ciao Sergio (Conor per tutti) alla fine ci ritroviamo per una terza
intervista... come stai prima di tutto?
Ciao, sempre un piacere sentirti, tutto ok, grazie. Pronto a breve per un prossimo viaggio nei posti in cui più amo.
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Ah, quindi ti becchiamo in partenza. Dove andrai di bello stavolta?
Eh si, dopo le feste farò tre
giorni in Inghilterra con un amico praticamente solo per il football. Breve
ritorno a Stockport, un salto a visitare qualche stadio in zona e poi a Chester
prima di partire per Wrexham per la partita in terra gallese del Preston NE. Il
giorno dopo Stoke-on-Trent per vedere gli stadi di Stoke City e Port Vale per
poi tornare a Chester ad assistere alla sfida dei padroni di casa contro il
Macclesfield.
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I tuoi posti del cuore praticamente. Posti che sono le cornici dei tuoi
romanzi. Rileggevo le nostre vecchie chiacchiarate e si parlava di questo terzo
atto di questa trilogia che, alla fine, è arrivato. Dicci di più su questo
terzo capitolo. Le ispirazioni e la motivazione che ti ha spinto, alla fine, a
chiudere questo cerchio.
Beh, non è stato facile decidermi a scrivere il terzo ed ultimo capitolo. Principalmente non ero sicuro di scriverlo perché temevo di poter essere troppo ripetitivo e quindi stancante, per farlo avevo bisogno di trovare qualcosa che lo rendesse un pò diverso dagli altri due pur continuando sulla stessa strada, con la formula a me tanto cara fatta di Inghilterra, calcio, musica e sottoculture. Alla fine ho deciso di proseguire questa trilogia grazie al supporto dei lettori ed anche perché credo e spero di aver trovato quello che cercavo e cioè una trama un pò diversa, con molti riferimenti al passato per permettere di scoprire le storie dei personaggi principali. Ho poi puntato a rendere questo libro più breve rispetto agli altri concentrandomi su un lasso di tempo di una sola "stagione". Ovviamente intendo calcistica. Credo che il libro sia scorrevole e non scontato, penso di aver trovato un giusto compromesso ed allo stesso tempo di essere riuscito a chiudere tutti i cerchi lasciati in sospeso nelle storie precedenti. Nonostante i dubbi avevo comunque voglia di scrivere e di tornare a parlare dei miei personaggi ed appunto cercare di chiudere ogni discorso lasciato in sospeso.
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Il TEMPO. Se nel secondo capitolo c'era più dinamicità, ossia i protagonisti
viaggiavano molto spostandosi in vari luoghi, in questo romanzo ci sono tanti
salti temporali indietro senza voler lasciare nulla in sospeso. Ho amato,
personalmente, questa scelta stilistica. Pensi che questa tua scelta di
scrittura ti abbia fatto avere ancor più consapevolezza delle tue capacità
circa il tuo modo di scrivere?
Effettivamente è stata una scelta
importante, quasi una scommessa per me e credo anche io che sia stata una mossa
vincente. Da una parte mi serviva parlare del passato di alcuni personaggi per
farli conoscere meglio ai lettori e per far capire come erano arrivati alle
storie poi raccontate nei primi due capitoli, mi è piaciuto molto quindi
parlare degli anni 60/70, scoprire aspetti che conoscevo meno della musica e
delle sottoculture. Avevo paura di confondere però i lettori, ma alla fine
credo di aver inserito questi riferimenti al passato nei punti giusti del libro
facendo dei collegamenti con quello di cui si stava parlando in quelle pagine.
Poi, da un punto di vista più pratico, questi salti temporali sono serviti ad
allungare un po’ il libro, infatti parlando di una sola stagione, la storia,
sarebbe stata molto più breve, volevo però assolutamente parlare di una sola
stagione per dare importanza a quella particolare stagione dello Stockport
County, la squadra, come ormai sapete, tifata dai protagonisti. Quindi è stato
uno stile di scrittura nuovo per me, ma che mi è piaciuto, mi ha appassionato e
sono felice di sapere che anche tu lo abbia apprezzato.
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Sai che il tuo parere mi interessa. Come hai trovato l'ultima mia recensione su
questo terzo capitolo?
La aspettavo con ansia e curiosità, infatti, pur piacendomi molto il libro, ero abbastanza incerto sul riscontro che avrebbe avuto tra i lettori. Un pò per la scelta di cui abbiamo parlato prima, un pò per il timore di stancare parlando comunque di argomenti già trattati nei primi due libri e poi, soprattutto, per una scelta narrativa che mi è costata molto, una scelta sofferta sul destino di un personaggio a cui sono molto legato. Quindi leggendo la tua recensione ho capito che comunque avevo fatto delle scelte giuste, mi piace il tuo modo di scrivere ed ho apprezzato quello che hai scritto.
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Sempre troppo buono. Siamo negli anni 90. I tempi sono cambiati ed i nostri
personaggi sono adulti con tutti i problemi e gli strascichi di una gioventù
movimentata. Si nota, però, che ancora hanno quel fuoco dentro in certe
occasioni. Una domanda, forse, strana...come li hai visti questi adulti, che
all'inizio erano giovanotti, negli anni 90? Alla fine sono arrivati al terzo
capitolo come te li immaginavi fin dalla prima stesura di Una Nuova Alba?
Si, penso che la mia idea in fondo sia sempre stata quella. Nonostante i dubbi sullo scrivere o no questo terzo capitolo, il mio desiderio da sempre era quello di parlare comunque degli anni 90, quelli in cui io stesso ho vissuto la mia adolescenza e che quindi conosco meglio. E poi, nonostante come ben sai, io ami il post punk soprattutto dei Joy Division, non potevo non parlare del brit pop, degli Oasis, ma anche di altre band che adoro. E, sui personaggi, ti dico di sì anche in questo caso, ho sempre voluto farli conoscere prima come dei ragazzini e poi come degli adulti forse anche per rivivere un po’ quello che anche io adesso sto vivendo, da quando sono entrato nei cosiddetti “anta” anche io mi sono trovato di fronte a nuove necessità, ad affrontare nuovi problemi di vita quotidiana e volevo anche mostrare l’approccio al calcio, e soprattutto al movimento nelle terraces, di questi adulti che si ostinano a sentirsi ancora dei ragazzi. Nonostante i loro problemi legati alla famiglia o al lavoro, non riescono a staccarsi del tutto da quello che erano stati, quella voglia e quell'adrenalina la sentono ancora, ma allo stesso tempo devono fare i conti con l’età e con le loro nuove responsabilità.
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Pensi che le terraces, con tutto ciò che per loro ne conseguiva e che ben
conosciamo, siano state l'antitodo per fuggire dai loro problemi anche da
adulti?
Certamente, per loro la Cheadle
End era e sarà sempre casa. Non è solo uno stadio, non è solo calcio. Per loro,
come per molti di noi, la partita è quasi una scusa per potersi trovare al
sabato con quei ragazzi con i quali hanno condiviso tutto per tanti anni. Credo
che aver affrontato insieme per tanti anni certe cose, come anche la paura
durante gli scontri con i tifosi avversari, li abbia inevitabilmente resi molto
uniti da un legame indissolubile. L’amicizia tra di loro è l’aspetto principale
di tutti i tre libri, si sostengono a vicenda nei momenti difficili e capiscono
le scelte fatte da ognuno senza giudicarle. Quindi nelle terraces loro trovano
un punto di riferimento, un punto dove sentirsi tra amici e almeno per il
sabato, al football, possono lasciare a casa i loro problemi quotidiani. Però
poi, con l’età adulta, sanno bene che la vita non è solo football e terraces,
possono essere un rifugio solo temporaneo perché a certi problemi ed a certe
scelte difficili non si può sfuggire, sanno che poi, dopo la partita, dovranno
tornare alle loro vite affrontando le proprie responsabilità.
- Nei primi due romanzi c'era un personaggio chiave molto al centro della scena, soprattutto nel secondo capitolo. In questo romanzo, invece, sembra esserci e non esserci. E' nelle memorie di tutti gli altri ma, fisicamente, non è in questi anni 90. Il suo fato è un mistero il quale, però, per come è scritto il personaggio in questo testo, è lasciato a libera interpretazione del lettore. Possiamo dirlo che hai creato una sorta di interattività letteraria? C'è un motivo del perchè di questa e scelta ma, soprattutto, perchè proprio quel personaggio?
E’ il tema più delicato e la scelta più difficile che ho fatto e che ha ritardato la stesura del libro a causa della mia indecisione su come affrontare questo tema e se affrontarlo. Senza troppi giri di parole c’è un personaggio importante ed al quale sono molto legato che non appare “fisicamente “ in questo libro, anche se in qualche modo ne è ancora protagonista attraverso i ricordi degli altri personaggi ed attraverso i racconti legati al passato, perché, come tutto fa pensare, è purtroppo morto in un periodo di cui non si parla nei libri e cioè nel lasso di tempo che c’è tra No Love Lost e Aprile 97. Come hai ben notato però, per una mia precisa scelta, non si parla mai in modo diretto di questo tragico avvenimento lasciandolo un pò avvolto nel mistero anche se comunque è chiaro ciò che è successo. Ho deciso di lasciare libera interpretazione al lettore, tutto fa pensare alla morte di questo personaggio, ma non lo si dice mai esplicitamente. Perché ? Forse perché io stesso non voglio credere morto questo personaggio e quindi non sono mai riuscito a scrivere che è effettivamente morto. Perché ho preso la decisione di “far morire” (non mi piace proprio dirlo anche perché mi sto dando un potere che non potrei mai avere … ops.. sto ancora parlando dei miei personaggi come se fossero persone reali e sto veramente dispiacendomi della presunta morte di uno di loro …) qualcuno ed in particolare questo personaggio? La scelta di questa apparente morte è perché volevo un libro sempre più realistico e, purtroppo, la morte fa parte delle nostre vite, è qualcosa che mi è difficile accettare e parlarne mi fa sempre male, ma lo dovevo fare perché nella vita c’è anche tanta sofferenza. Ho scelto quel personaggio forse perché non me lo immaginavo in un ipotetico futuro negli anni 2000, forse perché è il tipico personaggio “dannato”, come certe rock star morte giovani, o magari perché volevo provare a capire come chi gli voleva bene ha dovuto affrontare una cosa così difficile come la morte di una persona cara. Odio dirlo ma per la “scenografia “ del libro questo avvenimento mi è “servito” per due motivi: il primo è che volevo che un certo personaggio stesse affrontando un periodo difficilissimo della sua vita e che quella particolare stagione della sua squadra gli desse la forza per reagire, questo per far capire quanto possa essere importante il tifo, ma anche il sostegno degli amici e della famiglia, il secondo è che quel personaggio aveva forse un po’ troppo monopolizzato il secondo libro assumendo quasi più importanza dei personaggi principali del primo capitolo ed ho pensato che a qualche lettore possa esser piaciuta meno questa cosa. Diciamo che avevo bisogno di distogliere un pò di attenzione da questo personaggio per far tornare alla ribalta i ragazzi degli Stylish Naughty Boys.
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C'è tanta profondità in questa risposta. Dico davvero.
Grazie, ma ho davvero passato
momenti di grande indecisione perché non volevo che qualcuno morisse e mi
sentivo male al solo pensiero che io potessi avere il potere di far morire
qualcuno… senza rendermi quasi conto che comunque si trattava di persone immaginarie!
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Hai detto che sei entrato nel club degli ANTA, anagraficamente parlando,
proprio come il personaggio principale, di tutta la trilogia, in questo
romanzo. Ti feci già questa domanda nelle vecchie chiacchierate. Quanto Sergio,
coetaneo, c'è in questo Damon versione 90's e quanto viceversa?
Sicuramente Damon è il personaggio che viene "studiato" maggiormente in tutti i libri e questo succede proprio perché io mi ritrovo spesso in lui e lui prende un pò spunto da me, più dal punto di vista caratteriale ed emotivo perché invece certi fatti che Damon deve affrontare io non li ho vissuti sia dal punto di vista dello stadio che da quello della vita privata. Io da adulto ho vissuto momenti un pò particolari e difficili a causa del mio carattere e li ho affrontati a modo mio come Damon affronta i suoi problemi pur diversi dai miei o in qualche caso simili. Dal punto di vista dello stadio anche io ho dovuto in certe occasioni mettere davanti la famiglia o il lavoro alle partite oppure ho dovuto rinunciare alla vita da terraces preferendo un approccio più tranquillo. Anche Damon è stato lontano da quella vita per dare più importanza e spazio ai sentimenti privati ed alla fine, nonostante il periodo difficile che lo ha fatto tornare a quel tipo di vita, ha capito chi è, quello che vuole essere, senza rinunciare al tifo per la sua squadra ma dandogli una giusta dimensione. Dal punto di vista sentimentale Damon è come me emotivo e sensibile, ci assomigliamo molto e forse proprio per questo sono riuscito a renderlo un personaggio realistico e che spero sia stato amato dai lettori.
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Sottoculture e musica. In questo romanzo hanno sempre quella spinta propulsiva,
nel testo in sè, oppure sono leggermente più marginali? La stessa sottocultura
Casuals, nel secondo capitolo, era presente ma meno "invadente", qui
sembra essere giusto appena accennata. Come li classifichi questi due fattori
(musica e sottocultura) in questo terzo romanzo?
Si, è vero. Beh, innanzitutto anche nella realtà, in quel periodo storico, i casuals erano ormai diventati più interessati ai rave e quella sottocultura aveva ormai meno senso dato che la sua principale prerogativa era quella di sorprendere, quindi quando si diffuse così ampiamente in tutto il Regno Unito, perse quella sua particolarità, non c’era più l’effetto sorpresa perché tutti conoscevano i casuals. Però, a parte questo, credo che questo libro voglia consapevolmente concentrarsi di più sui personaggi, sul loro modo di essere e di essere diventati adulti. Mi sembrava un pò superficiale parlare ancora dei casuals ritenendolo più un movimento giovanile, i personaggi sono ormai 40enni e pur mantenendo un certo stile nell’abbigliamento e nel comportamento non sono più così legati al fatto di voler apparire in un certo modo di fronte agli altri, diciamo che hanno pensieri più maturi adesso. Mi interessava di più analizzare i personaggi come persone piuttosto che come casuals o altro. La musica c’è sempre ma forse c’è meno sentimento nel parlarne semplicemente perché non ci sono più i Joy Division e nessuna band è per me e, per Damon, come loro. Ci sono tante grandi band, ma dal punto di vista emotivo nessuno può raggiungere quello che i JD ed in particolare Ian Curtis hanno dato a Damon. Non volevo mai che lui si staccasse dai JD, poteva ascoltare altre band, altra musica , ma nessuna lo avrebbe mai coinvolto emotivamente come avevano fatto i JD. Comunque penso che, anche in questo capitolo, la musica, più che le sottoculture, abbia un ruolo importante perché spesso le canzoni fanno da collegamento ai sentimenti dei personaggi, con certe canzoni ho creato dei sentimenti particolari. Penso in particolare alle scene finali con “Come Home” dei Placebo, ma soprattutto penso a “Don’t look back in anger” degli Oasis che diventa praticamente uno slogan del libro.
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Siamo alle ultime domande. Come si può riassumere questa trilogia e questa
esperienza per te personalmente? Come ti ha cambiato, se ti ha cambiato. Cosa
hai voluto trasmettere ai lettori? E, domanda forse fastidiosa, pensi mai che
una storia simile possa esser divulgata anche sul piccolo o grande schermo?
Scrivere questa trilogia mi ha regalato tante emozioni proprio scrivendola, ho instaurato una sorta di rapporti con i miei personaggi che non credevo possibili, mi sono sentito molto coinvolto scrivendo le loro storie forse perché spesso mi ci rispecchiavo ed anche per il fatto che parlavo di argomenti che comunque mi appassionano indipendentemente da questi libri. Quindi scriverli mi ha cambiato un pò emotivamente, sono stato molto coinvolto ed inoltre ha cambiato il mio modo di scrivere e di sentirmi scrittore. Ho provato la sensazione di sentirmi uno scrittore vero e non solo per passione. Ho capito quanto mi piace scrivere romanzi e non più storie vere o calcistiche, mi sento molto più completo e pronto a nuove sfide, ho più consapevolezza delle mie capacità ed ho più fiducia in me stesso, forse non solo nella scrittura, trovare riscontri positivi in qualcosa di mio, che ho fatto da solo, mi ha probabilmente dato più forza interiore anche in altre cose nella mia vita. Dal punto di vista pratico invece non è cambiato molto … di certo non sono diventato famoso (ahahah ma non è mai stato il mio obiettivo) ma comunque mi fa piacere il fatto che questi libri mi hanno permesso di fare nuove amicizie e di confrontarmi sui temi affrontati nei libri con tante persone. Di sicuro la parte migliore è questa, avere instaurato rapporti, amicizie, aver dato qualcosa ai miei lettori. Forse non sono così tanti, ma è una bellissima sensazione sapere che magari sono pochi ma sono tutti coinvolti ed interessati ai miei libri. Sono contento che c’è chi mi apprezza come scrittore perché è quello che amo fare ma sicuramente mi fa ancora più piacere sentire il rispetto di alcune persone nei miei confronti, l’amicizia o semplicemente la simpatia. Posso davvero dire di avere molti amici ora in giro per l’Italia, quando vado a vedere il mio local team, il Lecco, non riesco mai ad “odiare” i miei avversari perché in ogni tifoseria o quasi so che c’è qualcuno che mi apprezza o che ha apprezzato i miei libri. Mi ha fatto molto piacere essere stato invitato tempo fa a presentare i miei libri in un pub frequentato da tifosi veneziani che, in teoria, sono rivali di quelli lecchesi… scrivendo questi libri non ero intenzionato a dare dei veri e propri messaggi ai lettori, non volevo darmi questa importanza sinceramente, non mi sentivo nessuno per dare consigli o trasmettere qualcosa, però alla fine, forse senza volerlo e semplicemente parlando di quello che mi appassiona e in cui credo, penso che da questa trilogia il messaggio principale che ne esce è quello legato alle amicizie. In tutti i libri i rapporti tra i ragazzi protagonisti sono importanti, vengono trattati in modo “forte”, spesso si scontrano ma poi trovano sempre il modo di restare uniti e di condividere tutto, combattendo insieme per difendere i propri amici ed i propri ideali. Per quanto riguarda la trasposizione dei libri in film o serie tv ammetto che è un sogno che ho da sempre ma sul quale sono molto poco fiducioso perché prima di sperare in una cosa del genere dovrei innanzitutto fare in modo che questi libri diventino più conosciuti, non mi piace dirlo, ma inevitabilmente dovrebbero vendere di più per poter essere presi in considerazione per la televisione. Penso comunque che le storie raccontate, con tutti i legami anche sentimentali nati tra i personaggi e le trame soprattutto dei primi due libri, si presterebbero bene, forse, per una serie televisiva piuttosto che per un film vista la lunghezza.
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Grazie Sergio è stato, ancora una volta, un vero piacere ed un onore aver fatto
questa chiacchierata. Questo romanzo è stato davvero un bel viaggio dalla prima
riga di Una Nuova Alba fino all'ultimo periodo letto su Aprile '97. Ti auguro
il meglio per il futuro e per dei tuoi eventuali futuri progetti di scrittura.
Grazie mille! E’ stato un lungo viaggio in effetti, una trilogia che ci ha permesso di attraversare quei posti che amiamo dalla fine dei 70s alla fine dei 90s, scoprendo quei ragazzini fino a vederli diventare adulti. Per me è stato bellissimo, spero sia stato lo stesso per i lettori. Tante grazie per avermi dato l’opportunità di parlarne, è sempre importante, ma ti ringrazio soprattutto per la piacevole chiacchierata e per la tua amicizia che apprezzo sempre tanto. E di certo non mi fermo qui, aspettatevi novità dalla mia penna, non voglio smettere perché scrivere mi fa stare bene e sono contento se, quello che faccio, possa piacere anche ad altre persone. Grazie ancora e buona serata.
INTERVISTA DI DAMIANO





























































































