Visualizzazione post con etichetta SQUADRE. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta SQUADRE. Mostra tutti i post

giovedì 4 luglio 2024

La Contea Contesa

 Articolo di Damiano F.


Se esiste un luogo nel mondo colmo di storia, tradizionalità e cultura non si può non parlare della Gran Bretagna. In quella terra anche i più remoti angoli nascosti hanno una storia da raccontare. Le storie, come è risaputo, sanno appassionare sempre i lettori. Sono quella spinta che, da sempre, tiene accesa la fiamma della curiosità e della scoperta di chi, oserei direi, vive di queste passioni. In questo articolo si andrà alla scoperta di una storia legata al mondo del calcio in una delle contee, cosiddette, tradizionali dell'antica Caledonia. Ci troviamo in Scozia appunto e, più precisamente, nella contea dell'Ayrshire. Situata a sud-ovest della Scozia, la contea dell'Ayrshire, possiede una delle terre più fertili per quanto concerne l'agricoltura e gli allevamenti. Storicamente parlando, nel castello di Turnberry, sembra abbia avuto i natali lo storico condottiero e Re scozzese Robert The Bruce. Ma in una terra dove a far da padrone è l'agricoltura e l'allevamento dove si colloca il football? Ebbene in questo contesto rurale tipico della Scozia, vi sono due città ad avere la vetrina e lo scettro di città "industrializzate". Stiamo parlando di Kilmarnock e di Ayr. La prima è nota anche come KIllie ed è, ad oggi, la più densamente popolata della regione. La città, bagnata dal fiume Irvine, è sita nell'Ayrshire orientale ed è a metà strada tra Glasgow e la stessa Ayr. A proposito di quest'ultima, invece, Ayr è la più grande nel senso di ampiezza territoriale. La città è, perlopiù, un porto sulla Firth of Clyde posizionato nella zona meridionale dell'Ayrshire. Le due città hanno, come ovvia tradizione d'oltremanica, le proprie squadre locali. 

I due club in questione sono il Klimarnock e l'Ayr United. Entrambi i club portano, con fierezza, il nome delle proprie rispettive città. Il Kilmarnock, nonostante non sia un club noto in Scozia per aver dato filo da torcere alla due compagini di Glasgow, è comunque stata, come lo è a tutt'oggi, perennemente presente nella Scottish Premiership (massima divisione scozzese) ed ha, nonostante il poco blasone, cinque trofei in bacheca. Trattasi di un campionato, una coppa di Lega e tre coppe di Scozia. L'Ayr United, al contrario, ha passato molto della sua storia facendo salti tra la massima serie scozzese, in verità non tantissime apparizioni, e le serie cadette, perlopiù in Championship (equivalente delle nostra serie B). A livello di palmarès non vi è altro se non trofei per il passaggio da una categoria cadetta ad una superiore. Come il football, però, insegna quando si tratta di derby non vi è palmarès, blasone o notorietà che tenga. Al fischio d'inizio tutto si azzera e la singola battaglia avrà tutta una sua storia. Una nuova storia da essere raccontata. La prima partita si disputò il 14 settembre del 1910, nello stesso anno in cui si formò l'Ayr United (il Killie venne fondato anni prima nel 1869). Questa partita era valevole per la finale dell'antica e primissima competizione locale cosiddetta Ayrshire League nella stagione 1909–10 e finì con un pareggio 4–4. La prima vittoria, da parte di una delle due compagini, avverrà nell'anno successivo ad opera dell'Ayr United.




Ogniqualvolta i due club si trovano ad affrontarsi in un derby tutta la contea, praticamente si blocca, cittadini e tifosi di una piuttosto che dell'altra squadra altro non chiedono, ai propri beniamini, la vittoria. Ne vale l'onore, la faccia e la gloria fino al prossimo derby. Storici incontri tra le due compagini si sono, spesso, svolti per via degli incroci nelle coppe nazionali. Questo a fronte, perlopiù, della differenza di categoria tra le due realtà calcistiche. Neanche a dirlo che tra gli incontri di campionato, Scottish Cup e Scottish League Cup lo scettro delle vittorie oggi è in mano al Klimarnock, ma guai a pensare ad un ampio divario statistico. Tutto sommato, al 2022, l'Ayr United ha conquistato un totale di 49 derby ed i Killie 59. C'è un divario di dieci vittorie di differenza ma per due club che, nella loro storia, hanno giocato in larga scala su due categorie differenti non è, a parer mio, neanche così troppo ampio. I tifosi del Kilmarnock hanno sempre, comunque sia, preso sul serio questo derby perchè spesso, da quelle parti, la territorialità vale più di mille trofei in bacheca. I tifosi dell'Ayr United, dal canto loro, sentono sempre la convizione di dover vincere in ogni modo e maniera un derby contro gli arcirvali. Come detto, certe rivalità, hanno un senso più profondo che va ben oltre i 90 minuti di gioco. Manuel Pascali, ex calciatore italiano che divenne anche capitano del Kilmarnock, racconta in una sua intervista che quando era in procinto di esser giocato un Ayrshire Derby di coppa di Scozia, il ticket office presente fuori al Rugby Park (stadio del Kilmarnock) venne letteralmente preso d'assalto dai tifosi per potersi accaparrare un biglietto. Il piazzale antistante lo stadio era gremito di tifosi di tutte l'età. Per la cronaca quella partita si sarebbe disputata al Somerset Park, stadio dell'Ayr United,  ma finì 2-2. Così venne rigiocato il replay al Rugby Park ed il Kilmarnock s'impose 3-1.Un derby storico venne giocato il 28 gennaio del 2012. Ayr United e Kilmarnock si affrontarono, ad Hampden Park, nel match valevole per la semifinale di Coppa di Lega scozzese. Era la prima volta che il derby dell'Ayrshire si svolgeva in una semifinale di una competizione importante e, oltretutto, fu anche il primo derby giocato in un campo neutro. La partita fu molto tirarta, rude ma senza reti nell'arco dei 90 minuti. Sono seguiti i tempi supplementari ed era una questione di chi avrebbe osato di più e per primo. Alla fine Dean Shiels fece la differenza per il Kilmarnock, segnando l'unico gol, ad Hampden, e mandando la sua squadra in finale. Una finale che avrebbe vinto sempre 1-0, contro i favoriti Celtic. 





E nella festa degli innamorati, a San Valentino, non ce lo metti uno storico derby? Il derby dell'Ayrshire del 1998, giocato il 14 febbraio, era valevole per l'approdo ai quarti di finale di Scottish Cup. Fu un incontro molto combattuto che  fu deciso a fine partita. Jim Dick e Ian Ferguson, dell'Ayr United, segnarono negli ultimi sette minuti assicurando alla squadra di Gordon Dalziel il passaggio ai quarti di finale. Lì sarebbero stati poi battuti dai futuri vincitori della stessa competizione, gli Hearts. Questo poco importò ai tifosi dell'Ayr United in quanto, quella vittoria nel derby, fu la seconda di quattro vittorie consecutive in coppa sui nemici giurati del Kilmarnock. Secondo alcuni "addetti ai lavori" l'Ayrshire Derby è uno dei più caldi di tutta la Scozia. Per certi versi non ha nulla da invidiare a quello di Edimburgo tra Hibernian ed Hearts. Ovviamente non stiamo qui a dire a chi spetta il primato di derby più sentito di Scozia. Quello dell'Ayrshire è un derby che, anche se non si tratta di una consuetudine vista la differenza di categoria, ha tutta la stoffa per essere uno dei più affascinanti del Regno Unito in generale. Un derby di contea, più che cittadino, dove le sue due città simbolo sono in perenne sfida o, meglio, in perenne attesa della sfida per far vedere chi sarà il padrone della stessa contea da lì al prossimo incontro tra le parti. Talvolta, come purtroppo spesso accade, ci sono state anche qualche scaramucce tra le due tifoserie. Inutile negare che, soprattutto in passato, qualche schermaglia tra le due tifoserie non vi sia stata nelle vie adiacenti al Rugby Park od al Somerset Park. Quelle sono cose che non si vorrebbero mai raccontare ma che, comunque sia, esistono ed accadono soprattutto quando in ballo c'è un derby acceso come quello dell'Ayrshire. Non è una costante, ma può succedere ed è successo anche in questa faida locale. Concludiamo dicendo che, oltremanica, non si finirà mai conoscere storie, aneddoti e racconti.





Quei posti sono una miniera d'oro di tutto ciò. E' quello di cui noi appassionati abbiamo bisogno oserei dire quasi in maniera "maniacale". Maniacale quasi come vincere un derby nell'Ayrshire. Un derby che, magari, per qualche stagione non si presenta e rimane in archivio. Ma quando questo prende forma tramite un sorteggio di Coppa di Scozia o Coppa di Lega ecco che il fuoco ricomincia ad ardere, a prescindere da quale parte ci si trovi della barricata calcistica in questione. Un derby che ha un forte e radicale senso di appartenenza territoriale che, di tanto in tanto, deve essere rinnovato su di un manto verde per 90 minuti, quasi sempre, ad alta intensità. L'auspicio, per tutti noi appassionati di un certo tipo di football, è che questa faida possa diventare di carattere più ordinario ogni stagione grazie, soprattutto, alla presenza di entrambi i club nella massima serie scozzese.

Damiano F.


martedì 17 ottobre 2023

Irish Blue

Articolo di Damiano F.


Talvolta i titoli di un articolo possono creare non pochi dubbi e/o perplessità. Sicuramente, molto spesso accade, che il lettore si soffermi al solo titolo senza scavare, come giusto che sia, fin dentro il testo per potersi, poi, riallacciare ad un titolo alquanto peculiare.

Ebbene nella terra, cosiddetta, smeraldo qual è l'Irlanda il colore dominante, se dovessimo chiudere gli occhi e pensare, è il verde. Ma allora cosa c'entra, nello specifico, questo "blue" riportato nel titolo?

Il colore spesso ha un senso che può contribuire, in campo sociologico, a determinati significati negli ordini sociali, politici e comunitari. Forse è proprio da questa ultima parola che dovremmo dare il via a questo "viaggio battuto a tastiera"...magari, in compagnia di una bella pinta di birra!

Prendendo un battello dall'Irlanda e navigando verso est, verso la Gran Bretagna per intenderci, ci capiterà di percepire le rigide temperature del Mare d'Irlanda. Un viaggio, tutto sommato, neanche troppo lungo se riflettiamo su ben altre traversate in giro per il globo. Questo è stato uno dei tanti tragitti fatti dagli irlandesi quando lasciavano la loro amata terra in cerca miglior fortuna. Gli irlandesi sono una delle popolazioni con il più alto numero di flussi migratori, in uscita, in tutta la storia dell'umanità. Ovunque essi siano andati hanno creato molteplici comunità le quali, con non poche difficoltà, hanno arricchito anche la stessa terra che li accoglieva. In particolare, in Gran Bretagna, ad oggi, vi sono circa 430.000 persone di origine irlandese smistate tra Inghilterra, Galles e Scozia.

Neanche a dirlo molti irlandesi, proprio come i vicini britannici, hanno una temprata passione per il calcio.

Giunti in Gran Bretagna, ora, ci rechiamo nella regione nota come il Merseyside.

Situata nel nord ovest d'Inghilterra, la contea del Merseyside, è una delle più altamente popolate e ricche di fascino. La città di punta di questa zona è, senza ombra di dubbio, l'arcinota Liverpool.

Liverpool è famosa per essere una delle città operarie più importanti di tutto il Regno Unito ma oltre a questo, è nota, ai più, per essere stata la "town" che ha dato i natali alla band musicale dei Beatles. Come ogni luogo anglosassone che si rispetti trasuda calcio da tutti i pori.

Due sono i suoi club più importanti: l'Everton, fondato nel 1878, ed il più titolato Liverpool sorto nel 1892.

Oggi si ritiene che circa al 50% della popolazione di Liverpool abbia origini irlandesi. Le influenze della cultura irlandese (ma anche gallese) hanno conferito alla gente di Liverpool tratti solitamente associati alle collettività celtiche tipiche delle isole britanniche, quindi non sorprende che la città sia nota per avere la più forte eredità irlandese di qualsiasi altra città britannica, ad eccezione di Glasgow.

Ovviamente l'irlandesità non è estranea al calcio ed infatti, entrambi i club, sono seguiti da diversi membri appartenenti a comunità irlandesi presenti sia in città, ma anche dislocate nella stessa Irlanda.

Tra le due tifoserie però quella che, forse, ha il più numero di tifosi irlandesi tra le proprie fila sono proprio quelli dell'Everton. I Tofees, questo è l'appellativo per i tifosi dei blu di Liverpool, hanno numerosi fanclub in città e nella vicina Irlanda.

Ma c'è un perchè? c'è sempre un "perchè" nel calcio d'oltremanica.

L'Everton veniva visto, fin dagli albori, come la squadra cattolica e il Liverpool come la squadra protestante (anche se, a tutt'oggi, non è più così semplicistica la cosa). Le origini del sostegno cattolico ed irlandese dell'Everton risalgono alla fine del XIX secolo, quando il dottor Baxter, un noto medico di origini familiari irlandesi/cattoliche ed un punto di riferimento nella comunità cattolica, si unì al consiglio dell'Everton. Questo non vuol dire che il Liverpool non abbia un seguito di fedeli cattolici con chiare improte irlandesi, non è riducibile il tutto ad un Old Firm in salsa Scousers, ma tra i due club, almeno storicamente parlando, il più "irlandese" dei due è sempre stato l'Everton.

Diciamo che, già di suo, la stessa città è sempre stata aperta a molte comunità e quindi, è "fisiologico" pensare, che da ambo le parti una matrice irlandese, almeno nel tifo, vi sia.

Per quanto concerne, invece, il campo nessun altro club inglese ha una vera storia d'amore con l'Isola di Smeraldo come l'Everton. Sono ben 30 giocatori della Repubblica d'Irlanda e 11 dell'Irlanda del Nord ad aver rappresentato i Toffees, a cominciare da Jack Kirwan nel 1898, Val Harris nei primi '900 e Billy Lacey, a seguire, sempre all'inizio del 20°secolo. Fino ad arrivare a tanti altri nomi più vicini a noi, cronologicamente, quali Billy Bingham, anni 70, Kevin Sheedy, anni 80, Lee Carsley, Kevin Kilbane, James McCharty e l'attuale capitano Séamus Coleman. Questi sono solo alcuni dei nomi irlandesi che hanno militato per i Toofees lasciando, chi più chi meno, un segno nella storia di questo club ultracentenario.

Il Merseyside Derby tra Toffees e Reds viene considerato come un "Friendly Derby" a causa del gran numero di famiglie che, in città, hanno in sé tifosi di entrambe le squadre. Il bacino d'utenza è, senza ombra di dubbio, tendente verso il più, storicamente, famoso e noto Liverpool ma, i tifosi dei Blues, sono molto radicati nella città stessa e un altro soprannome del club è "The People's Club" la squadra del popolo con il seguito popolare.

Ritornando al più noto epiteto di Tofees, ci sono diverse spiegazioni su come questo nome sia stato adottato. La più nota era data dal fatto che vi era un'attività nel villaggio di Everton, tra Everton Brow e Brow Side, chiamata Mother Noblett's, che era un negozio di caramelle (Toffees in inglese) che vendeva dolci tra cui l'Everton Mint (caramelle gusto menta). Il negozio, tra l'altro, si trovava di fronte alla prigione su cui si basa lo stemma del club dell'Everton. Quel tipo di caramelle, comunque sia, sono piuttosto note anche in Irlanda e la stessa parola Toffee veniva usato, talvolta, come aggettivo per gli immigrati irlandesi.

In conclusione cos'altro dire? La Gran Bretagna e l'Irlanda sono due realtà spesso distanti per vedute, perlopiù, socio politiche ma, come storia insegna, non è mai stata una novità che le due realtà, se sovrapposte, sono in grado di dar vita a straordinarie (sotto)storie. Nel mondo del football molte sono le comunità irlandesi legate ad un qualche club calcistico e, quello dell'Everton, non è di certo l'unico ma, senza dubbio, uno dei più straordinari legami tra le due terre.

 

E poi ci piace pensare che l'amore per una squadra non debba aver confini perchè questo sentimento individuale miscelato con lo stesso sentimento, di altre persone, può dare vita a splendide realtà e comunità che, in questo caso specifico, se avessimo una tavolozza dei colori, verrebbe rappresenta con il Blu su sfondo Verde Smeraldo.

 

Damiano F.






giovedì 30 dicembre 2021

We are the Gentry

 

We are the Gentry

Alla memoria di Cristian

Racconto di Conor Adam tratto dal libro "Per sempre con noi - Tributo a Christian Lafauci" ed. Urbone Publishing, scritto a più mani per ricordare ed onorare la memoria dell'amico Christian. Il libro, compreso quello qui riportato con il permesso dell'Editore e dell'autore, contiene 34 racconti sul calcio e sulla cultura o semplicemente su un legame come l'amicizia nei confronti di un ragazzo che ci ha salutati troppo presto lasciando però in noi il suo indelebile ricordo. Il ricavato delle vendite del libro verrà utilizzato per scopi benefici, quindi, oltre per i suoi contenuti, vi consiglio di acquistarlo sul sito dell'Editore: 

http://www.urbone.eu/obchod/per-sempre-con-noi-tributo-a-christian-la-fauci

o sui siti delle varie librerie online.

Grazie :)

Premessa: sono tifoso del Preston North End e l'amico Christian, tempo fa, incuriosito ed interessato, mi aveva chiesto informazioni sul "Gentry Day", una giornata organizzata annualmente dai supporters del PNE per ricordare gli amici che ci hanno lasciato. Si tratta di un racconto nato dalla mia fantasia, ma che rispecchia comunque la realtà.

E’ la sera del 14 febbraio 2014, qualcuno festeggia San Valentino, ma non a Preston, i cittadini della città del Lancashire hanno appena appreso la tragica notizia della morte di Sir Tom Finney, un simbolo del Preston North End, la squadra locale, ma anche di tutta la comunità, il leggendario fuoriclasse era sempre stato uno di loro, uno che aveva vestito nella sua carriera da calciatore soltanto le maglie bianche del PNE e della Nazionale Inglese tra il 1946 ed il 1960, uno che aveva sempre onorato quelle candide maglie, uno che si era sempre dimostrato fedele alle proprie origini con orgoglio.

Al Sumner Pub c’è silenzio e sgomento, qualcuno alza una pinta in alto in onore di Sir Tom, un uomo, prima che un calciatore, amato da ogni tifoso dei Lilywhites e da ogni cittadino di Preston, un eroe, una leggenda, ogni persona all’interno di quel locale pensa a lui ed a proprio modo gli da il suo addio.

Tra di loro c’è anche Trevor, è lì a trascorrere la serata con qualche amico, tutti fedelissimi tifosi del North End, dopo i primi momenti di dolore ed incredulità la gente inizia a parlare, tra una birra e l’altra ognuno di loro ricorda Tom, chi condivide qualche aneddoto, chi pensa alle sue giocate in campo, chi invece spiega quanto lo rispettasse anche come cittadino modello.

Poi Trevor pensa anche a suo padre Phil, a quanto possa essere colpito dalla brutta notizia ed allora va da lui, abita proprio lì vicino, poco distante dal pub, poco distante da Deepdale, la storica dimora del Preston NE, quella che fu la casa anche di Finney, bussa alla porta, lo accoglie sua madre che senza nemmeno chiedere prepara il tè; Phil è in salotto sulla sua sedia a rotelle e Trevor se ne accorge che ha le lacrime agli occhi, sta guardando alla televisione un programma dedicato a Sir Tom, per lui sono ricordi ancora vivi, lui li ha vissuti quegli anni, lui lo ha visto deliziare i tifosi con le sue giocate in campo, e più volte gli ha parlato, avevano più o meno la stessa età, quando Tom iniziò a giocare da professionista per il PNE nel ’46, subito dopo la fine della guerra, lui iniziava ad andare a Deepdale con suo padre, quanti bei momenti, le giocate di quel ragazzino davano un po’ di conforto a quella gente che negli occhi aveva ancora gli orrori del secondo conflitto mondiale, quel ragazzino dava speranze, i giovani lo prendevano come esempio, Phil capì che doveva lottare per raggiungere i propri scopi, per realizzare i suoi sogni, proprio come aveva fatto Tom che era riuscito a vestire la maglia della sua squadra del cuore, la squadra della sua città, l’unica per lui.

A Trevor ed a Phil bastano poche parole per capirsi, una pacca sulle spalle, un sorriso di conforto, la condivisione di quel dolore, così come fanno allo stadio, ci vanno sempre insieme a Deepdale, sono abbonati da anni, sempre allo stesso posto, nella “Sir Tom Finney Stand”, nella quale, con i colori dei seggiolini, è raffigurato il volto del più grande di sempre nella storia del glorioso Preston North End.

Anche Harris, il sedicenne figlio di Trevor, è un grande tifoso del North End, ma lui ha smesso presto di andarci con il padre a Deepdale ed ha iniziato già da un paio di anni a frequentare un gruppo di amici con i quale va nella Town End, il settore più caldo, dove partono i cori di incitamento alla squadra, suo padre non lo sa, ma qualche volta gli è capitato anche di fare a pugni con qualche tifoso avversario, forse Phil lo sa, ma non ha mai detto niente, vuole tanto bene a quel ragazzino.

I tifosi ed i cittadini di Preston hanno ricordato ed onorato la loro leggenda partecipando con commozione alle manifestazioni organizzate nei giorni successivi alla sua morte e nel giorno del suo funerale, a Deepdale la statua che lo raffigura, la famosa “The Splash”, che rappresenta una sua giocata contro il Chelsea sul campo infangato di Stamford Bridge, è stata ricoperta da innumerevoli sciarpe del PNE.

Passano le settimane, i tifosi del North End hanno organizzato il Gentry Day per il venerdì di Pasqua, il 18 aprile, giorno in cui i Lilywhites affronteranno al Griffin Park di Londra il Brentford, per loro questo è un giorno davvero speciale e molto sentito nei loro cuori, infatti è per loro tradizione ricordare in questa giornata tutti gli amici scomparsi, persone legate alle squadra, anche ex giocatori, è abitudine vestire in modo elegante e soprattutto indossare una bombetta, questo per rendere giustizia alla frase di Alan Ball, manager dei Whites negli anni 60, che li definì appunto “La Gentry”.

“Papà, lo sai quanto ci tengo, ma il venerdì di Pasqua proprio non posso venire a Londra! Mi dispiace non onorare il Gentry Day, l’ho sempre fatto da quando è stato reintrodotto nel 2005!” dice con dispiacere Trevor.

“Figliolo non ci pensare, lo capisco, ma non ti preoccupare, sono certo che Tim e John saranno disponibili ad accompagnarmi sul bus organizzato dal PSG (Preston Supporters Group), andrò con loro, non ci sono problemi, sei sempre venuto, ci sei sempre stato e ti ringrazio per questo!”

“No, no, papà, non mi va di impegnare Tim e John… ma.. adesso che ci penso, puoi andarci con Harris! Perché no? E’ tuo nipote, sarà contento di esserti di aiuto, gliene parlerò questa sera, tranquillo”

“Ma cosa ti viene in mente Trevor?? Quel ragazzo ci va con i suoi amici, soprattutto in trasferta! Ma cosa credi? Che preferisca andarci con il suo vecchio nonno in carrozzina? Lascialo libero, non voglio essere un peso per lui, immagino quanto sia gasato per questa trasferta nella Capitale!”

“Sei suo nonno e sarà contento di…” sta per dire Trevor, ma Phil lo interrompe “Ma come fai a non capire? Quel ragazzo è cresciuto, vuole stare con i suoi amici, non gli interessa andare allo stadio con noi, vuole divertirsi, eri anche tu così alla sua età!”

Infatti Phil aveva ragione, quella sera, a casa, quando Trevor parla della sua idea con Harris, il ragazzo si infuria “Io non ci vado con il nonno! E come faccio con quella sedia a rotelle! Io vado con i ragazzi, sappiamo come divertici noi, sarebbe un peso per me e poi a me non me frega proprio niente del Gentry Day! Noi andiamo per far casino,  mica ci mettiamo quelle ridicole bombette! Io ci vado con le mie Adidas e il capellino che uso tutti i giorni, non ci interessa di questa tradizione, la lasciamo a voi vecchi!”

Senza pensarci Trevor gli tira uno schiaffo sul viso, se ne pente subito, ma resta la grande delusione per le parole del figlio, sa quanto ne soffrirebbe anche suo padre che ama quel ragazzo e sa quanto Phil ci tenga a partecipare al Gentry Day, soprattutto quest’anno visto che tra gli altri si ricorderà con grande emozione e partecipazione anche Sir Tom.

Passa qualche giorno, Harris ha scherzato con i suoi amici della proposta del padre, i ragazzi ridono tra di loro, ma non ride Jack, che prende da parte l’amico e lo guarda dritto negli occhi parlandogli con rabbia mista a dolore “Harris, la famiglia è importante, cosa credi? Come ti permetti di ridere di tuo padre e di tuo nonno in questo modo? Non ti rendi conto di quanto sei fortunato ad averli ancora con te e così uniti? Mio nonno è morto da anni e mia papà ha sempre avuto un rapporto difficile con lui ed ora che lui non c’è più lo rimpiange, rimpiange di non aver mai fatto con lui tante cose, di non averlo mai portato allo stadio come invece il padre aveva fatto con lui quando era bambino! Devi portar rispetto ai tuoi vecchi e dovresti essere contento di poter essere utile a tuo nonno, almeno in questa occasione così speciale per lui! E’ il Gentry Day, amico, tu proprio non comprendi quanto sia importante?? Lascia perdere la bombetta, pensa al vero significato, io parteciperò con lo spirito giusto, penserò a mio nonno, a Sir Tom, ma anche al piccolo Daz, te lo ricordi vero? Era uno di noi, ma poi è stato più sfortunato, ma il suo ricordo non si spegnerà mai nel mio cuore ed in questa giornata lo onorerò, così come onorerò con orgoglio il Preston North End!”

Le parole di Jack sorprendono Harris che ne rimane colpito, non pensava che l’amico potesse parlare in questo modo, non pensava che anche per lui la famiglia ed il Gentry Day potessero essere così importanti, proprio Jack, uno dei ragazzi più decisi e svelti quando c’è da usare le mani contro i tifosi avversari.

Harris va dai nonni, Phil, nonostante sappia di come il nipote abbia reagito alla proposta del padre, lo accoglie con tutto l’affetto possibile, ma non la nonna, che sembra strana e triste, o forse delusa, prepara comunque come al solito il tè e poco, dopo, seduti in salotto, Harris annuncia “Nonno, non ti preoccupare, ci andremo insieme io e te al Gentry Day, non vedo l’ora” Phil non trattiene le lacrime mentre la nonna accarezza il nipote sui folti capelli e gli sorride con amore.

Arriva il giorno, Harris, come promesso, si presenta con Jack dal nonno ed insieme vanno verso Deepdale da dove partono i bus organizzati dalla tifoseria, per i due ragazzi sembra tutto strano, loro sono abituati ad andare in trasferta con il treno, a bere, a cantare e far casino, sul pullman c’è invece un’atmosfera diversa, ma tra i tifosi del PNE sembra esserci grande amicizia e rispetto reciproco, Phil trova molti suoi vecchi amici, con loro ricorda episodi del passato, ma soprattutto presenta loro con orgoglio suo nipote al quale qualcuno passa una bombetta e lui, con un po’ di imbarazzo, la indossa, ma subito dopo si sente ancor più parte di questa giornata magica, si sente ancor più coinvolto da tutta questa gente, ma soprattutto dall’energia positiva che emana il significato del Gentry Day.

Poi il nonno spiega al nipote quello che prova in questa giornata e quanto sia orgoglioso di averlo con lui “Harris, noi siamo la Gentry, siamo una grande famiglia, non siamo semplicemente una tifoseria, lo disse il grande Alan Ball, ci portiamo nel cuore i ricordi del passato e tra questi anche i ricordi degli amici che abbiamo amato e che non sono più qui con noi, ma noi li dobbiamo sentire ancora qui, qui vicini a noi, li portiamo nei nostri cuori e lo faremo per sempre, sono orgoglioso che tu abbia deciso di vivere il Gentry Day nel modo giusto, devi sentirtelo dentro, non è solo il fatto della bombetta, è molto di più, è sentirsi parte integrante di qualcosa”.

Arrivati a Londra vanno in uno dei 4 pub che circondano Griffin Park e lì, nonostante il significato di questa giornata, i tifosi sono allegri, bevono, ridono e cantano, ma non per mancanza di rispetto verso il Gentry Day e gli amici scomparsi, no, lo fanno perché lo vogliono vivere insieme e con gioia, perché questo è comunque un giorno di festa, da condividere insieme con allegria, perché è giusto ricordare, ma bisogna ricordare gli amici che non ci sono più con la felicità nel cuore, la felicità che loro vorrebbero, la felicità che loro avevano quando erano lì in quei pub, in quegli stadi.

La partita è importante, ma in una giornata del genere diventa quasi un contorno, allo stadio l’incitamento per la squadra è incessante, le bombette vengono agitate ed alzate al cielo, ma quello che si alza con ancor più decisione al cielo è il coro “WE ARE THE GENTRY” che tutti cantano con gioia ed orgoglio.

Il PNE perde per 1-0, ma per oggi può anche andar bene così, i tifosi hanno vissuto il loro Gentry Day e questo nessuno glielo potrà mai togliere, Phil è contento, allo stesso tempo commosso ed emozionato.

Ma forse è in Harris che qualcosa è veramente cambiato, questa giornata che prima avrebbe affrontato in modo del tutto superficiale è ora diventata la più importante per lui, soprattutto quella della stagione successiva quando avrebbe pianto proprio nonno Phil che ha raggiunto in cielo Sir Tom, ma sa che il nonno, proprio come lui stesso gli aveva insegnato, sarà sempre con lui, così come il piccolo Daz, è contento di avergli regalato quella gioia quel giorno.

Harris avrebbe continuato ad andare nella Town End con Jack ed i suoi amici, ma avrebbe sempre partecipato al Gentry Day con lo spirito di quella volta che ci andò con nonno Phil ed avrebbe sempre indossato con orgoglio il “Bowler Hat” cantando a squarciagola “We are the Gentry”.

Capitò poi un fatto strano e curioso ad Harris, una sera venne contattato tramite un Social Network da un ragazzo italiano che ne voleva sapere di più di questo Gentry Day, ne era affascinato.

Il suo nome era Cristian.

A Cristian

By Sergio Francesco Tagliabue “Conor Adam”




 

giovedì 23 dicembre 2021

Lieto Fine nel Lancashire

 Strano a dirsi ma, talvolta, le grandi soddisfazioni arrivano dopo una serie di lunghi cicli colmi di cadute e ricadute, sconfitte che arrivano proprio quando pensi che il più sia stato fatto. C'è sempre una morale nella vita di tutti i giorni e, senza dubbio, molte morali le possiamo trovare anche nel nostro amato mondo del calcio. 

In Inghilterra, come ben sappiamo, la quotidianità della classe operaia (non più soltanto lei) è alimentata a pane e calcio e quindi, molto spesso, gli umori della gente variano in base anche ai risultati della propria squadra del cuore. Negli anni 90 c'è stato un club, in Gran Bretagna, che ha rappresentato più di tutti quella che si dice resilienza. 

Siamo nel nord-ovest d'Inghilterra, più precisamente nella contea del Lancashire, più nel dettaglio, a Blackburn ed il club protagonista di questo racconto sarà proprio il Blackburn Rovers.

Il club venne fondato nel 1875 presso il Lager Hotel sito proprio a Blackburn. Il club ha militato circa settanta volte nella massima serie inglese e, ad oggi, dove si trova relegato in Championship, rimane uno dei club più affascinanti ed iconici soprattutto negli anni 90.

Partiamo dai primi anni 90. I Rovers sono ormai saldamente, e tristemente, bloccati in Second Division (l'allora Championship o serie B inglese detto all'italiana) dalla stagione 1980-81. Non riescono, da diversi anni, a risalire nella massima serie inglese forse per via di una squadra poco competitiva o forse perché, anche in Second Division, il livello si è fortemente alzato. Fatto sta che, nel Lancashire, i tifosi Rovers respirano malumori generali dovuti a piazzamenti da medio alta classifica e, ad ogni play-off, puntualmente arriva la delusione. 

Comunque sia, va detto, nel nord (ovest nel nostro caso) d'Inghilterra vi è, storicamente, gente tosta abituata anche a vivere perenni fasi di stallo le quali, però, prima o poi si dovranno pur sbloccare ed una gioia potrà anche piovere da quelle parti.

Un piccolo spiraglio di luce eccolo arrivare nella stagione 1991-92. Il Blackburn Rovers milita sempre in Second Division ma, in questa stagione, si respira uno curioso ottimismo dalle parti di Ewood Park (stadio del club dal 1890). I Rovers giocano bene e sembrano molto più sicuri delle loro qualità e dei loro mezzi. Forse sarà stato l'arrivo di un centravanti come Steve Livingstone dal Coventry City, di un solido difensore, a gennaio, come Chris Price dall' Aston Villa ma, molto probabilmente, la differenza l'ha fatta l'approdo sulla panchina di Kenny Dalglish al posto di Don Mackay. Fatto sta che al termine della stagione 1991-92 il Blackburn si ritrova sesto in classifica e questo significa, ancora una volta, play-off. 

Il 10 maggio 1992 si gioca l'andata della semifinale play-off contro il Derby County tra le mura amiche. Non c'è storia, i Rovers si impongono per  4-2 grazie alle reti Sellars, Newell e doppietta dello scozzese Speedie.  Tre giorni più tardi si gioca il ritorno in casa del Derby County, nel vecchio impianto noto come Baseball Ground. Il Blackburn, questa volta, perderà per 2-1 ma con la differenza reti dell'andata si avrà un risultato finale di 5-4 il quale permetterà ai Rovers di approdare alla finale play-off contro il Leicester City nella straordinaria cornice di Wembley. Nella finalissima vi sarà una capienza di circa 68.000 spettatori e, molti di questi, provengono dalla contea del Lancashire. I tifosi Rovers ci credono, questo è uno spartiacque importantissimo, c'è entusiasmo e voglia di scrivere una pagina importante. Quel giorno, la pagina importante, verrà scritta ed infatti il Blakcburn Rovers vincerà per 1-0 con la rete dal dischetto di Newell. 

Grande festa nel Lancashire dopo anni di delusioni ed attese snervanti il  Blakcburn torna nella massima serie inglese ed ora c'è una voglia matta di fare bene anche nel principale palcoscenico del calcio britannico. 

L'estate del 1992 si apre subito con una bomba di mercato in tra le mura di Ewood Park. Kenny Dalglish ammette di avere un vero e proprio debole per la nuova stella emergente del calcio inglese il quale, a quei tempi militava nel Southampton. Il calciatore il questione è, niente poco di meno, Alan Shearer, secondo gli esperti il più forte centravanti della storia del calcio inglese. La società accontenta il suo allenatore e porta, nel Lancashire, il nuovo gioiellino inglese da tutti acclamato. Risulterà essere una mossa azzeccatissima e, nonostante oggi Shearer sia ricordato più con la maglia del Newcastle United che quella dei Rovers, va detto che lascerà un'impronta importante da quelle parti nella sue  quattro stagioni in maglia bianco e blu. Nella stagione 1992-93 il Blackburn alterna grandi prestazioni a piccoli inciampi ma, nonostante ciò, i tifosi Rovers credono da morire nei loro beniamini e, si sa, la fiducia attorno ad un ambiente può fare la differenza. Sarà, comunque sia, una stagione straordinaria in quanto il Blackburn Rovers si piazzerà quarto in classifica e, per un sol punto, non riuscirà a piazzarsi al terzo posto che avrebbe concesso l'approdo in coppa Uefa. Ma queste soddisfazioni arriveranno, sono nell'aria. L'amaro in bocca, in quella stagione, sarà dovuto dall'eliminazione dalla Coppa di Lega in semifinale contro lo Sheffield Wednesday. Nonostante si trattasse della prima stagione nella massima serie inglese, dopo quasi dieci anni, il Blackburn Rovers poté ritenersi soddisfatto vista la conquista della semifinale di League Cup ed il piazzamento tra le prima quattro della classe.  

La stagione successiva, 1993-94, regalerà un'altra cavalcata importante per gli uomini di Dalglish. L'allenatore potrà contare su degli innesti importanti del calibro di Henning Berg, in difesa, e dello scozzese Kevin Gallacher, a centrocampo. Il Blackburn, ormai, è diventato una realtà sensazionale che non fa altro che stupire ogni giorno di più. Tutti i tabloid parlano di come i Rovers stiano riuscendo a divertire il calcio inglese, fino a diventare quasi una vera e propria icona come solo le grandi band musicali inglesi stavano facendo in quegli anni 90 colmi di trasformazioni.

In quella stagione i bianco e blu se la giocheranno alla pari, per gran parte del campionato, con il blasonato Manchester United il quale, però, alla fine, avrà la meglio ed alzerà al cielo il suo ennesimo trofeo. Nonostante il secondo posto, per i tifosi Rovers, sarà, comunque sia, una grande festa perché, secondo posto, vuol dire accesso alla coppa Uefa. Ebbene sì, finalmente Ewood Park diverrà vetrina anche per le notti europee. 

Il destino volle, però, che siccome i Red Devils vinsero la Premier League ed anche la FA Cup nella stagione 1993-94, il Blackburn Rovers si ritrovasse, nella finale di Charity Shield (supercoppa d'Inghilterra), faccia a faccia contro gli stessi Diavoli Rossi in quanto, come detto, al termine della stagione 1993-94 si piazzarono in seconda posizione.     

L'occasione di alzare al cielo un trofeo dopo anni ed anni di “purgatorio” calcistico era davvero ghiotta per i Rovers. C'era entusiasmo e forte speranza attorno alla compagine allenata da Dalglish. Wembley sembrava sul punto di esplodere. Ovviamente, sulla carta, il Manchester United aveva più qualità ma, la Blakcburn calcistica era diventata, ormai, una realtà ben nota del calcio britannico ed esser considerati una mina vagante poteva dare il là a grandi soddisfazioni.

L'assenza, in attacco, di Shearer si faceva sentire ed infatti il pensiero che il pupillo della piazza non fosse presente ad un match del genere metteva agitazione a Kenny Dalglish il quale, però, optò per il duo, in attacco, Ripley – Pearce. Quel 14 agosto 1994 avrà la meglio i Man United il quale, va 

detto, giocherà di gran lunga meglio rispetto al Blackburn. Il match terminerà 0-2 per i Red Devils grazie alle reti di Cantona dal dischetto e Paul Ince in rovesciata.

Ancora una volta, per un pelo, il Blackburn non riesce a conquistare un trofeo del quale è a secco dal 1928 (FA Cup). I tabloid si domandano se forse, in realtà, i Rovers siano stati soltanto una cenerentola del calcio inglese non ancora attrezzata per far il vero salto di qualità oppure se, i ragazzi di Dalglish, abbiano qualcosa di straordinario in serbo da far uscire fuori. I tifosi, nonostante tutto, non hanno nulla da recriminare ai loro idoli in quanto, comunque sia, nell'arco di tre anni il Blackburn Rovers è risalito dalla Second Division, ha raggiunto una semifinale di coppa di Lega, è approdata in coppa Uefa piazzandosi al secondo posto in Premier League ed ha giocato una finale di Charity Shield, a Wembley, contro il Manchester United. 

Quindi, sipario...INVECE NO!

Non è finita qui, anzi, possiamo dire che tutto quello scritto sopra fosse la prefazione di ciò che stava per accadere da lì a poco. La stagione 1994-95 inizia subito con sette risultati utili di fila tra vittorie e due pareggi. Anche questa stagione sembrerebbe incanalata verso il solito copione delle precedenti: un Manchester United che vuol fare da padrone ma che, dinnanzi a sé, ha ancora questi folli pazzi del Lancashire che vogliono dare fastidio, per quanto possono, ai campionissimi di Manchester. Il Blackburn tenta di tenere il passo il più possibile e, al giro di boa, sembra che Man United e Rovers stiano giocando un campionato tutto loro. Alan Shearer è il solito “killer” sotto porta e trascina più e più volte il suo Blackburn alla vittoria. Negli scontri diretti tra il Blackburn Rovers ed il Man United ad avere la meglio saranno sempre i Red Devils i quali, però di tanto in tanto inciampano perdendo qualche punto per strada. Va da sé che ogni inciampo mancuniano sarà da sprone, per gli uomini di Dalglish, a non fallire le varie possibilità di sorpasso o di allungo. 

I tifosi Rovers, percepiscono un'elettrizzante sensazione come se, questa stagione, potrà essere quella decisiva. Quella della storia. All'ultima giornata di campionato i Rovers sono primi in classifica ad 89 punti mentre, il Manchester United, è secondo ad 87 punti. Se il Blackburn vince è campione d'Inghilterra, qualora lo United vince ed i Rovers perdono ci sarà il sorpasso al fotofinish. 

C'è tensione, fortissima tensione. Il Blakcburn Rovers va a giocare in casa del Liverpool il quale, si sa, non ha mai avuto rapporti idilliaci con il Man United. I Red Devils vanno ad Upton Park in casa del West Ham United.

Ci siamo: il Blackburn per scrivere una pagina indelebile della sua storia, il Man United per ribadire il concetto della sua forza. I tifosi Rovers presenti ad Anfield Road buttano giù fiumi di birra per scaricare la tensione e scacciare via qualsiasi pensiero pessimista. La partita ha inizio ad Anfield Road e subito, incredibilmente, il Liverpool prova a farsi sotto per cercare la via del goal. Il Blackburn soffre ed ha come una sorta di blocco. I Rovers reagiscono ma non riescono mai ad inquadrare la porta. Al 20esimo, però, ecco che a siglare la rete del vantaggio è proprio lui (sempre lui) Alan Shearer. Delirio nel settore ospiti di Anfield. I tifosi bianco e blu quasi non ci credono. Nella ripresa, però, ecco che scende in campo un Liverpool molto più agguerrito il quale, al minuto 64, trova il pareggio con John Barnes. In tutto questo, nel frattempo ad Upton Park, il match era ancorato sul risultato di 1-1 ed il Manchester United attaccava senza sosta cercando, in tutti i modi, di andare a segno. Con questa situazione di parità in ambo i campi di gioco si sarebbe laureato campione d'Inghitlerra il Blackburn. Il discorso, però, era che i Rovers stavano soffrendo tremendamente contro il Liverpool ed è al 90esimo che accade l'irreparabile. Calcio di punizione per i Reds, tiro a scavalcare la barriera di Jamie Redknapp, Goal! Liverpool 2 Blackburn Rovers 1. 

I tifosi bianco e blu non ci credono e non vogliono crederci. Preghiere, qualche pianto, scongiuri ora nulla sembra più avere senso. L'unica speranza si chiama West Ham United. Gli hammers stanno soffrendo terribilmente contro il Manchester United. Nei minuti di recupero, oltre il 90esimo, il Man United sbatte per l'ennesima volta contro il muro londinese e non appena Ian Bishop del WHU spazza via la palla dall'area di rigore, l'arbitro sancisce la fine del match con il triplice fischio. La notizia arriva ad Anfield Road seguita da altrettanto triplice fischio. INCREDIBILE: IL BLACKBURN ROVERS E' CAMPIONE D'INGHILTERRA. La classifica finale vedrà Blackburn Rovers 89, Manchester United 88. 

E' l'apoteosi nel settore ospiti di Anfiled. In tutti i pub della contea del Lancashire scorrono fiumi di birra. I tifosi del Blackburn non ci possono credere, dopo anni in Second Divison, dopo anni di delusioni proprio sul più bello, ecco che arriva la vittoria della Premier League. La rocambolesca maniera nella quale questa è arrivata ha un retrogusto ancor più romantico degno di essere raccontato per sempre nella storia del calcio d'oltremanica. Quella squadra è considerata, ad oggi, come detto in precedenza, un'icona anni 90 per quello che ha saputo dimostrare sul campo. Inaspettatamente quei ragazzi hanno rovesciato tutti i pronostici e sorpreso tutti, per fino loro stessi, compiendo un'impresa leggendaria. Chissà magari un giorno i Rovers torneranno a rivivere certe emozioni e nel museo di Ewood Park compariranno altri nomi di una qualche altra grande impresa, la speranza è sempre l'ultima a morire. Basta crederci e su questo, i tifosi del Blackburn Rovers, sono dei straordinari “porta bandiera di speranza”. 

Il duro lavoro, le sconfitte e le risalite sono il basamento per le grandi imprese e, non a caso, il motto (latino) che si legge anche sullo stemma del Blackburn Rovers è proprio: “Arte et Labore”.


Damiano F.  




lunedì 5 luglio 2021

24 Aprile 1988

Articolo di Damiano F.


Negli articoli precedenti non si è mai attaccato con una data. In questo caso si è deciso di dar vita all'articolo con una storica data che ha visto come palcoscenico il vecchio Wembley con le sue famose torri gemelle.

Su questo, ipotetico, palcoscenico vi era anche l'Arsenal che però, in questa circostanza, non funse da protagonista.

La “regina di Wembley” fu una piccola squadra del Bedforshire (contea orientale dell'Inghilterra). Da quelle parti, la nota squadra di football è il Luton Town; non se ne sente molto spesso parlare è sempre stata, per lo più, rilegata nelle categorie inferiori del campionato inglese (attualmente in League Two). Sempre in lotta per promozioni in categorie superiori o avvincenti play-out per non ricadere in quelle inferiori, il Luton vanta un solo trofeo, la League Cup, che conquistò proprio quel giorno (24 Aprile 1988) ai danni dei Gunners allenati da George Graham.

E' una calda giornata primaverile a Londra, vi è un grande afflusso di tifosi, circa 95.000, che riempiono il magnifico vecchio Wembley.

Sembra un po' Davide contro Golia, ma i tifosi del Luton, come la squadra, sanno quel che vogliono, ormai sono arrivati in finale e, una vittoria, sarebbe il giusto premio per club e supporter.

Sui programmi consegnati fuori lo stadio, si leggevano le formazioni ovviamente si notava fin da subito il divario tecnico tra le due rose. Ray Harford, manager del Luton dell'epoca, ci crede nell'impresa ed è convinto che, per quella finale di League Cup, i suoi ragazzi non hanno nulla da invidiare ai vari David Rocastle, Alan Smith, Tony Adams o Perry Groves.

Joe Worrall, l'arbitro della gara, da inizio alle danze e fin da subito si nota un Arsenal tecnico ed un Luton Town caparbio e grintoso.

Al 13' minuto Kingsley Black del Luton subisce fallo defilato sulla sinistra della metà campo dei Gunners. A battere il calcio di punizione ci pensa Davide Preece che, con il suo mancino ad uscire, becca Steve Foster che, a sua volta, vede l'inserimento del centrocampista Stein lasciato solo dalla difesa dell'Arsenal. A tu per tu con il portiere dei cannonieri, John Lukic, rimane freddo piazzandola sul secondo palo.

Doccia gelata per la compagine di Graham e delirio dei supporter del Luton. Per tutto il primo tempo i Gunners provano a macinare gioca ma, gli avversari, riescono a respingere le iniziative di Smith e compagni.

Nella ripresa si riprende a grandi ritmi e, intorno al 70' minuto, un ispiratissimo Rocastle viene atterrato nella tre quarti avversaria dopo un rapida serpentina.

Sul pallone va Paul Davis che, invece di provare la conclusione da posizione favorevole, opta per un “lob” morbido nell'area del Luton che, dopo un classico batti e ribatti stile anglosassone, perviene tra le gambe di Martin Hayes che spinge la palla dentro col sinistro. Salta tutta la panchina all'unisono con i tifosi..è 1-1.

L'Arsenal, adesso, fa da padrona sul terreno del gioco ed il Luton fatica su ogni singola azione o contrasto. E' proprio da alcuni contrasti persi che, al 74' minuto, Thomas dal limite dell'area di rigore avversaria serve un liberissimo Smith che defilato sulla destra batte il portiere del Luton: Diddle con un destro sul primo palo.

Tifosi dei Gunners in festa per il gol del beniamino Alan Smith mentre, per sostenitori del Luton, brividi lungo la schiena in quanto vedono il loro piccolo club soccombere ai giganti dell'Arsenal.

La speranza di un pareggio diventa ancor più vana quando Rocastle, dalla fascia destra, entra in area di rigore con i suoi rapidi dribbling ed il difensore del Luton Town, Mal Donaghy, lo atterra toccandolo sulla gamba destra. E' rigore per l'arbitro Worrall e le proteste del Luton non cambiano la decisione.

Si avvicina al discetto il numero 2 dei Gunners, Nigel Winterburn, la quale, però, si fa ipnotizzare dal portiere Andy Diddle che tiene ancora in vita il Luton Town.

Sembra come una nuova linfa per il club del Bedforshire e, con il sostegno dei suoi tifosi, spinge per riprendere la partita.

Al 82' minuto il miracolo...lancio in avanti dalla difesa del Luton, un azzardato retro passaggio di un difensore dell'Arsenal mette in movimento uno Stein che stava pressando su tutti quanti, batti ribatti, la palla schizza a sinistra dell'area di rigore, sbuca Black che la rimette nell'area piccola dove, guarda caso, prova spingerla in rete Stein ma, dal suo tiro ne esce fuori un passaggio per Danny Wilson che appoggia la palla in rete dalla linea di porta occupata da tre calciatori dell'Arsenal. E' il pareggio, è la gioia, è l'orgoglio dei sostenitori del Luton Town.

Solo l'allenatore Ray Hareford cerca di mantenere la calma, può ancora succedere di tutto sia in positivo che in negativo esige concentrazione da parte dei suoi.

I tifosi del Luton riprendono a cantare a squarciagola, può accadere un altro miracolo.

Siamo alle battute finali, il Town guadagna un calcio di punizione utilissimo nella metà campo dell'Arsenal. Al momento della battuta in area di rigore, la difesa dei londinesi allontana ma la palla finisce ad Ashley Grimes che va fin sul fondo della fascia destra mettendo in area di rigore una palla a mezza altezza dove Tony Adams sembra essere in netto anticipo..appunto sembra...prima di lui ci arriva ancora lui, sempre lui: BRIAN STEIN. Il centrocampista del Luton gioca d'anticipo in area di rigore e, con un destro ad incrociare sul secondo palo, batte il portiere dei londinesi Lukic.

E' apoteosi vera, ora anche Hareford salta letteralmente dalla panchina per la gioia si esaltano, su tutti Brian Stein il vero protagonista della finale che al 90' minuto più recupero ribalta la situazione.

Al momento della ripresa del gioco, dopo tutte le celebrazione al gol, l'arbitro fa ripartire il gioco ma è solo questione di secondi perché finisce la partita.

Il tabellone parla chiaro, Arsenal 2 Luton Town 3!

Questa è la favolosa storia di una finale rocambolesca per un piccolo club dell'Inghilterra orientale che ha sempre militato nelle categorie inferiori senza mai far parlare troppo di sé.

Quel giorno, però, anche il Luton Town può aver detto che è stato alzato un trofeo importante e che, questa vittoria, è stata raggiunta grazie ad una tenace rimonta su un leggendario club di Londra la quale si è dovuto chinare di fronte a quei “scapigliati” calciatori di una piccola squadra dal cuore GRANDE.




domenica 20 giugno 2021

Acciaio

Racconto di Damiano F.


Nel mondo del calcio, da sempre, esiste un connubio che ha aggiunto a questo sport un qualcosa di unico e di magico. Quante volte si è sentito parlare di calcio e lo si è associato ad una questione sociale, nella fattispecie, proletaria?

“Football & Working Class” sono due elementi che riescono a dar vita ad una miscela, senza dubbio, caratteristica che crea un forte senso di appartenenza sia in senso sociale che in senso sociologico. Se ragioniamo con la mentalità del calcio moderno è lecito pensare che un senso di classe operaia non può essere assolutamente associato ai vari magnati e sceicchi che investono miliardi su di un club, perlopiù, per fini di marketing ed immagine; quindi, forse, oggi il calcio moderno, si può affermare, senza ombra di dubbio, che ha preso forti distanze dall'aspetto proletario dal quale questo nacque.

Ci sono posti e luoghi, però, dove l'essenza del proletariato ancora è il cuore pulsante di una città anche sportivamente parlando.

Ci troviamo in Inghilterra precisamente nella regione dello Yorkshire & Humber e, dirigendosi a sud della regione, South Yorkshire, ci si imbatte nella cosiddetta “Città di Acciaio” la protagonista del nostro articolo. Siamo a Sheffield.

Durante il XIX secolo Sheffield diventò famosa a livello internazionale per la produzione dell'acciaio appunto. Proprio lì si svilupparono molte innovazioni, inclusi il crogiolo e l'acciaio inossidabile, che portarono ad un'impennata della popolazione di quasi dieci volte durante la Rivoluzione industriale. Sheffield divenne ufficialmente una città nel 1893, ricevendo il suo statuto municipale. La città è cresciuta molto grazie alle sue forti radici industriali e ora si fonda su una base economica più ampia. Sorge su di un terreno di tipo collinare e, per questo motivo, è nota anche con il nome di "the city of seven hills" (la città delle sette colline). Il nome Sheffield lo si deve al fiume che attraversa la città: Sheaf.

Come detto la città ha sempre avuto un'impronta di tipo proletario e proprio questo senso di appartenenza od attitudine sociale è stata portata anche sui campi da calcio delle due squadre locali.

I due club sono lo Sheffield Wednesday, fondato nel 1867, e lo Sheffield United, fondato nel 1889. Il derby tra le due compagini ha il nome caratteristico di “Steel City Derby” proprio richiamando alla produzione d'acciai all'interno delle fabbriche presenti in città. Questo derby è considerato uno dei più affascinati, storici e sentiti di tutto il Regno Unito. I due club si sono affrontati a livello competitivo per un totale di 131 volte, con lo United in testa negli scontri diretti con 46 vittorie contro le 42 del Wednesday.

Lo Sheffield Wednesday è il club più antico tra le due compagini ed è caratteristico il suo nome perché quando venne fondato si chiamava “The Wednesday Cricket Club” la cui denominazione era dovuta al giorno in cui la squadra giocava i propri incontri: Mercoledì.

I colori sociali sono storicamente il bianco e blu ed il suo simbolo, il gufo, è dal 1956 lo stemma ufficiale del club da dove prende vita il soprannome: “Owls”.

Le partite casalinghe vengono disputate all'interno del famoso impianto Hillsborough Stadium. Questo divenne l'impianto ufficiale del club a partire dal 1899 quando, il Wednsday, abbandonò l'Olive Grove.

Per quanto riguarda lo Sheffield United, questo venne fondato, come detto, nel 1889 con il nome di Sheffield United Cricket Club in quanto riuniva anche i club di cricket presenti in città. I colori del club sono il bianco e rosso ed ha come simbolo due spade incrociate dal quale deriva il soprannome del club, The Blades (lame). Le partite casalinghe vengono giocate in un altro storico impianto britannico, Bramall Lane. Questo impianto vanta la notorietà di essere il più antico stadio al mondo ancora in grado di ospitare partite di calcio professionistico.

Per quanto riguardano i palmarès dei due club, ad oggi, lo Sheffield Wed può vantare nove trofei in bacheca mentre, i cugini dello United, sono fermi a cinque trofei.

Il primo derby tra le due squadre venne giocato il 15 dicembre del 1890 ad Olve Grove (vecchio impianto degli Owls). Fu una partita amichevole dove lo Wed si impose sul neonato Sheffield United per 2-1. Il primo vero e competitivo Steel City Derby, invece, venne giocato il 16 ottobre del 1893 durante la stagione di First Division 1893-1894 dove si ebbe, come risultato finale, un pareggio per 1-1. I due club, dalle loro rispettive fondazioni, si sono scontrati spesso tra la prima divisione e la seconda divisone eccetto nelle stagioni 1979–80 e 2011–12 dove le due compagini si scontrarono addirittura nella terza divisione inglese.

Tra le indimenticabili partite tra i due club, la più famosa resta quella giocata a Bramall Lane l'8 settembre del 1951 dove, lo United, s'impose sullo Wed per 7-3. Il Wednesday passò in vantaggio dopo appena novanta secondi con Thomas, ma i gol di Derek Hawksworth e Harold Brook hanno dato, allo United, la possibilità di ribaltare la situazione portandosi in vantaggio di 2 reti a 1 che sarebbe stato maggiore se McIntosh, portiere del Wed, non avesse parato un rigore a Fred Furniss.

Nella ripresa Dennis Woodhead pareggiò per gli Owls dopo sessanta minuti ma, in rapida successione, Alf Ringstead , Hawksworth, Ringstead di nuovo e Fred Smith andarono a segno per lo United. Infine, Woodhead dello Sheffield Wednesday, andò in rete prima del conclusivo settimo goal di Brookha per gli Blades. Dunque, il match, si concluse con un risonante 7–3 e, a fine stagione, nessuna delle due squadre venne promossa in Prima Divisone o retrocesse in Terza Divisione. Comunque sia questa partita rimase indelebile in questa rivalità e viene ricordata, ovviamente, con più piacere dai tifosi biancorossi dello Sheffield United.

Altra battaglia che viene ricordata negli annali di questo derby storico è quella che venne rinominata “The Boxing Day Massacre”. Questa partita venne giocata il 26 dicembre del 1979 e viene ricordata come la più grande e risonante vittoria dello Sheffield Wednesday. Si giocava in quel di Hillsborough (casa del Wed) e i due club militavano, addirittura, in Terza Divisione. Il match fu praticamente a senso unico con i padroni di casa che impartirono, ai rivali cittadini, una lezione di calcio. Grazie alle reti di Ian Mellor , Terry Curran , Mark Smith e Jeff King, gli Owls ebbero ragione sugli avversari per quattro reti a zero. Lo United, all'epoca di quella partita, era in testa alla classifica mentre il Wednesday era al quarto piazzamento in classifica. La vittoria dei bianco blu spinse, gli stessi, alla promozione. E' opinione diffusa pensare che, quella vittoria e quella promozione in Seconda Divisione, abbia plasmato le fortune dei prossimi venti anni per lo Wed, mentre lo United languiva nella Terza Divisione prima di essere retrocesso, addirittura, in Quarta Divisione.

Altro scontro leggendario fu quello giocato niente poco di meno che tre anni fa, precisamente il 24 settembre del 2017. In quella stagione lo Sheffield United approdò dalla League One in Championship dove, ad attenderli, c'erano proprio i rivali dello Sheffield Wednesday i quali mancarono la promozione in Premier League perdendo ai play-off nella stagione 2016-2017. Quel giorno si giocava ad Hillsborough e quella stessa partita porta un nome simile a quella giocata il 26 dicembre del 1979. Quella partita viene ricordata come “The Bouncing Day Massacre”. Appena prese il via la partita, al terzo minuto, lo United si portò in vantaggio grazie alla rete su punizione di Fleck. Al 15' ecco un'altra rete per gli Blades siglata da Clarke che portò tutto Hillsborough in un silenzio assordante eccetto i tifosi biancorossi dello United atti a sbeffeggiare gli avversari. L'orgoglio Owls non si fece attendere ed ecco che, nei minuti di recupero della prima frazione di gara, arrivò il goal di Hooper che accorciò le distanze prima del fischio finale del primo tempo. Nella ripresa, ovviamente, lo Sheffiled Wednesday ha più fame anche perché, il risultato, li vede sotto di una rete. Al 65' arriva il tanto ambito goal del pareggio, siglato dal portoghese Lucas João, che fa letteralmente scoppiare di gioia tutto lo stadio a maggioranza Wed. Il calcio, però, lo sappiamo un attimo ti porta in paradiso per poi farti ripiombare nell'inferno. Mentre i tifosi padroni di casa dello Sheffield Wednesday sono presi dai festeggiamenti, sbeffeggiamenti verso gli avversari e saltelli in ogni settore dell'impianto...arriva la doccia gelata. Al minuto 67, esattamente due minuti dopo il pareggio, su di una verticalizzazione lo United passa nuovamente in vantaggio grazie alla rete di Duffy. Improvvisamente, sopra ad Hillsborough, cala il buio totale il quale, però, dà il via agli sfottò dei tifosi Blades verso i tifosi Owls. Siamo sul 2-3. Dieci minuti più tardi, al minuto 77, la vera esplosione di gioia dei tifosi “away”. Clarke si fa largo con la forza tra i due difensori del Wednsday, Lees e Van Aken, e a tu per tu con Westwood insacca per la rete del definitivo 2-4. I tifosi di casa dello Wednsday non possono far altro che osservare i tifosi rivali atti a sbeffeggiarli con cori di scherno quali: “your not bouncing anymore!” (non salti più!). Quella partita viene ricordata con gioia da parte dei tifosi United più che altro per la dinamica del match in sé. Le prese in giro da parte dei Blades arrivarono a tal punto di produrre magliette, felpe, tazze da tè, bottiglie e gadget vari con su scritto, appunto, “The Bouncing Day Massacre”.

L'altra partita che merita di essere ricordata fu quella giocata il 3 aprile del 1993 in occasione della semifinale di FA Cup. La Football Assosation decise che quel “Steel City Derby” dovesse giocarsi in campo neutro ad Elland Road (lo stadio del Leeds United) mentre, l'altra semifinale tra Arsenal e Tottenham, si dovesse disputare sempre in campo neutro ma a Wembley. I tifosi di Sheffield Wednesday e Sheffield United non furono d'accordo con questa decisione, in quanto, non capita tutti i giorni di andare a vedere i propri beniamini all'ombra delle due torri che vi erano nel vecchio Wembley. Grazie alla pressione dei tifosi, spalleggiati dalla rispettive società, alla fine la Football Assosation decise di far giocare la partita a Londra presso Wembley. Il match si concluse con la vittoria per 2-1 dello Sheffield Wednsday nei tempi supplementari. Quel giorno venne raggiunto un record di media spettatori con la cifra 75.364 tifosi presenti sugli spalti dell'impianto per eccellenza del Regno Unito.

Per quanto riguardano schermaglie tra le due tifoserie, va detto, che spesso è capitata qualche scazzottata ma il tutto non ha mai avuto un'ampia cassa di risonanza di episodi clamorosamente violenti. Si dice che le due tifoserie abbiano un tipo di rapporto feroce ma sano come gli stessi rispettivi club. Basti pensare che lo Sheffield Wednesday costituito, ricordiamo, nel 1867, giocava le sue partite a Bramall Lane fino al 1889 abbandonandolo, poi, a causa di una disputa sull'affitto. Per compensare la perdita di entrate, il Comitato Cricket prese la decisione di formare un'altra squadra di calcio, così fu fondato lo Sheffield United diventando, Bramall Lane, la casa di quest'ultimi.

I due club molto spesso hanno collaborato tra di loro in onore della città stessa. Nel 2011 presero parte alla conferenza congiunta chiamata “Supporting Sheffield” nella quale venne annunciata una comune sponsorizzazione, da parte dei due club, di aziende produttive locali della città di Sheffield. I due sponsor locali erano Westfield Health (un'organizzazione sanitaria no-profit) ed il Gilder Group (un concessionario di automobili).

Arrivati a questo punto penso sia doveroso fare delle riflessioni conclusive. Probabilmente con il calcio moderno che orbita, ormai, tutto attorno al denaro l'essenza di classe operaia associata al “mondo pallonaro” sta andando sempre più scemando. A Sheffield i tifosi dei due club ancora sono orgogliosi delle loro radici e del loro senso di appartenenza sociale. Questo lo si percepisce sia ad Hillsborough che a Bramall Lane dove, i rispettivi supporters, ogni settimana lavorano nelle fabbriche e nelle acciaierie della città e, quando arriva il weekend, ci sono soltanto gli Owls oppure i Blades. Tutto il resto non conta più. Anche se non sono tra i club più titolati d'Inghilterra, il loro senso di appartenenza, la loro passione, la loro sana rivalità vale, probabilmente, più di qualsiasi fuoriclasse che possa, un giorno magari, approdare ad una delle squadre. 

Che sia Sheffield Wednesday o Sheffield United, che sia Owls oppure Blades, che sia bianco blu o bianco rosso...QUESTA E' SHEFFIELD!