La chiave di ferro è enorme e pesantissima. Ma a che serve
chiudere la porta, a che serve nascondersi? Lui, se vuole, verrà. Ora, che le
grandi vetrate a sesto acuto incorniciano la notte, ora che sospiri di vento entrano
accompagnati dal buio, ora che tendendo l'orecchio si avverte uno scricchiolio
di legno calpestato e l'eco lontano di una campana. E' quella della torre
normanna dell'Old Parish Church. Un rintocco, bronzeo e lugubre. E' mezzanotte
in punto.
La pioggia è cessata, ma pesanti nubi preannunciano altri
piovaschi, mentre le raffiche che soffiano dal mare del Nord avvolgono la
cittadina in una morsa invernale. In altre parole, è la tipica giornata che
avrebbe scoraggiato chiunque, anche gli espositori dell' Links Market, la fiera
che si svolge qui annualmente dal 1305, sulla strada più lunga d'Europa. Lui è
il fantasma di Adam Smith, filosofo e padre dell'economia moderna nato nel 1723
e morto a Edimburgo nel 1790. Gli spiriti tornano sempre nei luoghi dell'infanzia.
La città è Kirkcaldy, il più grande centro della contea del Fife conosciuta
anche come The Toun Lang (Town Long) in Scozzese. Il nome deriva dal originale
evoluzione urbanistica della cittadina in una sottile striscia di case
parallele al litorale.
Daniel Defoe l'autore del celebre romanzo Robinson Crusoe la
definì come “One street, Onte mile long”cioè una strada lunga un miglio.
Disposta esattamente sul fianco di un braccio di mare che si insinua nel cuore
della Scozia fino a stringersi e stemperare la sua forza in una sinuosa vena in
prossimità di Stirling. Da allora Kirkcaldy si è sviluppata ulteriormente su e
giù per la costa, ma anche ampiamente entroterra, per cui il termine "Toun
Lang" ora è solo un riferimento alla sua iniziale particolare forma...
Ma questo singolare aspetto allungato dell’insediamento,
giustificato dal fatto che, anticamente, non si trattava di un unico centro,
bensì di una serie di città e villaggi allineati lungo le coste del Forth, poi
riunitisi appunto nell’attuale Kirkcaldy, fu merito di una donazione da parte
dei monaci dell’abbazia di Dunfermline nel 1365. Per far nascere un borgo
unico, a patto che tra i centri si stabilisse un patto di mutuo soccorso per
proteggersi a vicenda dai predoni, che spesso scendevano dalle terre del nord e
attaccavano la zona. Successivamente, nel 1661, Carlo II nè confermò il rango
di borgo reale. Da quel momento in poi l’agglomerato crebbe intorno al porto,
accanto alla bocca dell’East Burn, espandendosi velocemente nel corso del XIX secolo
e progredendo rapidamente nello sviluppo dell’industria tessile, del linoleum e
del carbone. Nel 1980 il centro storico cittadino venne designato come preziosa
testimonianza, da conservare per la sua bellezza e il suo valore. Il maestoso
Castello Ravenscraig, edificato nel XV secolo da Giacomo II sulle alture di
Kirkcaldy, fu una delle prime roccaforti in grado di fornire una discreta
protezione dal fuoco dei cannoni. Che dite potrebbe fare al caso nostro? In che
senso direte voi?
Beh, perché a Kirkcaldy abbiamo una squadra di calcio
fondata nel 1883 che gioca con una meravigliosa maglia navyblue, e sul petto
porta un fiero leone rampante rosso, coraggioso e nobile. Il Roary Rover.
Simbolo del Raith Rovers FC.
Nell'antico gaelico scozzese la parola “Rath”significava
forte o comunque residenza fortificata, ecco perché forse a Kirkcaldy hanno
scelto questo appellativo alla loro squadra, rifacendosi alla possenza della
rocca di Ravenscraig. Anche se le nebbie della storia non si sono del tutto
dissolte e tutt'oggi ci sono ancora piccole controversie sull'etimologia del
nome del club. Un episodio curioso è datato 1967 quando un commentatore della
BBC David Coleman dopo che i Rovers avevano battuto allo Stark's Park il Queen
of the South per 7-2, esclamò convinto: “Ci sarà un mucchio di gente in giro a
festeggiare per le vie di Raith”. Una delle gaffe televisive peggiori della
storia. Quelle vie, quelle di Kirkcaldy ovviamente, di festeggiamenti in ambito
calcistico non ne hanno visti molti, ma ci furono degli anni, esattamente fra
il 1993 e il 1995 dove i Rovers si conquistarono pagine importanti sui
principali giornali sportivi, e sopratutto si portarono nel proprio museo il
trofeo più importante mai vinto nella storia di questo sodalizio: La coppa di
Lega del 1994. Nella stagione 1992/93 le ambizioni del club apparivano
piuttosto modeste ma l'arrivo nel 1990 a Stark's park del player manager Jimmy
Nicholl infuse lentamente la chimica giusta a una squadra che a sorpresa nel
1993 vinse la First Division scozzese, fra l'altro eguagliando il record del
massimo vantaggio sulla diretta inseguitrice (11 punti), restando imbattuti in
casa e mettendo a segno 85 goal totali, 33 dei quali siglati da Gordon Dalziel,
eletto non solo capocannoniere ma anche giocatore dell'anno. Terzo in classica
in ambito di reti messe a segno in quel torneo un altro rovers, Craig Brewster,
che poi in virtù di quelle prestazioni si accasò al Dundee United. Nessuna
sirena invece per Jimmy Nicholl che invece rinnovò il contratto con il team di
Kirkcaldy per altri due anni. Forse aveva annusato di già il profumo della
gloria, più intenso e dolce di quello spesso acre e prepotente del denaro.
Micheal James “Jimmy Nicholl” nasce nel 1956 in Canada nella regione
dell'Ontario e le sue origini di genitori Nord irlandesi lo porteranno in
carriera anche a vestire per 73 volte la maglia verde della nazionale di
Belfast. Nicholl è un “rosso” difensore che morde bomber e talenti e che fra
giovanili e prima squadra resterà oltre dieci anni alla corte del Manchester
United con cui vincerà un FA Cup nel 1977 e ne perderà una nella famosa finale
del 1979 contro l'Arsenal. Ma il fiore all'occhiello resterà la già citata
coppa di lega del 1994 vinta alla guida del piccolo Raith Rovers. Si vince con
la tenacia, con la bravura, con gli uomini giusti e con un pizzico di fortuna.
Quel Rovers era una miscela di tutte queste cose. E senza far torto a nessuno
qualche nome è giusto citarlo. Come per esempio Shaun Dennis, difensore nativo
proprio di Kirkcaldy, 245 presenze e 6 centri, uno spietato esecutore d'ordini,
compassato e istrionico. Colin Cameron detto “Mickey” anche lui nato e
cresciuto sotto le ombre discordi delle tribune dello Stark's, centrocampista
operaio, chiavi, cacciaviti e sudore. In ogni club in cui ha giocato il suo
impegno alla causa non è mai venuto meno. Lascierà i Rovers nel 1996 con 32
reti messe a segno. Jason Dair sguardo da bravo ragazzo diplomato in geometria
del centrocampo e dotato di un discreto palleggio. Stephen “Stevie Crawford
classe 1974, all'epoca poco più che ventenne, la primavera che sboccia e che
regalerà 22 fiori al giardino del Raith. E poi come non ricordare Gordon
Dalziel, 170 goal in otto anni. In campo sembra un attore che interpreta una
parte in una tragedia, fra lo spaccone e l'ingenuo. Recita si, ma più che altro
sotto rete, è l'area di rigore e il suo palcoscenico preferito. Il cammino
verso la finale di Ibrox, in quanto lo stadio nazionale di Hampden era in
ristrutturazione, vede i successi contro il Ross County in trasferta per ben
5-0, l'affermazione casalinga sul Kilmarnock per 3-2, la vittoria fuori casa
sul St. Johnstone per 3-1, e infine furono i tiri dal dischetto (5-4) nella
semifinale giocata al Mc Diarmid park contro l'Airdrie United a spedire il
Raith Rovers a Glasgow. Per la cronaca i tempi regolamentari si erano chiusi
sull'1-1.
Da Kirkcaldy la mattina del 24 novembre 1994, partiranno in
10000 alla volta di Ibrox, carichi più di birre e d'allegria che di speranze
concrete. Dovranno vedersela con il Celtic di Nicholas e Mc Stay, con il Celtic
dell'icona Tommy Burns in panchina. Dovranno vedersela con l'anima cattolica e
irlandese di Glasgow che vincendo la coppa nel tempio degli storici rivali si
toglierebbero una doppia soddisfazione. Ma il Celtic non vinse, ci andò molto
vicino, ma una volta tanto gli dei del calcio si fecero beffe dei suoi semidei
terreni. Il giovane talento Crawford al 19° del primo tempo porta in vantaggio
il Raith Rovers, poi però al 32° una carambola da flipper nell'area di rigore
degli uomini di Nicholl consente alla testa di Walker di pareggiare per i
biancoverdi e attutire la crescente esuberanza dei Rovers. Nella ripresa le
gerarchie sembrano ripristinarsi definitivamente a sei minuti dal termine
quando Charlie Nicholas, funanbolo talentuoso tornato a Parkhead dopo
sopratutto la grande esperienza londinese all'Arsenal, segna ribadendo in rete
una palla precedentemente finita sul palo. E' finita? No. Perché lui non vuole.
Lui è il già citato Dalziel. Due minuti dopo il goal di Nicholas, in un Ibrox
Park quasi totalmente occupato da tifosi del Celtic già festanti, gira le luci
della gloria. Il suo colpo di testa ravvicinato che sfrutta la corta respinta
di Marshall è quasi una sorta di inchino alla fortuna. Siamo 2-2, ma i tempi
supplementari saranno un inutile prolungamento in vista delle emozioni dei
calci di rigore. E l'emozione più grande è quando il tiro di Paul Mc Stay viene
respinto da Scott Thomson che poi corre quasi incredulo verso la sua panchina
voltandosi a destra e sinistra, come per capire se fosse tutto vero. Era vero,
quella fu la parata decisiva, il Raith Rovers aveva vinto la coppa di lega. Ma
per la cittadina del Fife le emozioni non erano finite. L'anno successivo in
una storica apparizione in coppa UEFA, i Rovers superarono anche i primi due
turni per poi pescare nell'urna di Ginevra i tedeschi del Bayern Monaco. La
partita di andata si giocò per motivi di incasso e sicurezza all' Easter Road
di Edimburgo e vide il successo dei rossi di Germania per 2-0. Ma nella gara di
ritorno giocata all'Olympiastadion, Danny Lennon portò clamorosamente in
vantaggio gli uomini in maglia blu. Nel secondo tempo Klinsmann e Babbel
rovesciarono il risultato, ma quella sera a Monaco e a Kirkcaldy si cantò lo
stesso:
Take my
hand,
Take my
whole life too.
For I can't help,
Falling in
love with you.
di Sir Simon
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