Altro bellissimo racconto di Sir Simon!!
“I tifosi che sabato andranno alla partita tra Bristol City
e Bristol Rovers, sono invitati a comportarsi in modo che il match possa essere
ricordato esclusivamente come un "grande spettacolo di sport". Parole
e speranza del comandante in carica del corpo di polizia di Avon e Somerset,
Andy Francis. Il 4 agosto 2012 si è giocato una stracittadina in onore del
difensore dei "Robins" Louis Carey, il capitano con oltre seicento
partite alle spalle. Il suo testimonial match. Ad Ashton Gate sono accorsi in
9000. E' finita 3-0 per il City, ma i problemi non sono mancati, anche se la
massiccia presenza delle forze dell'ordine ha evitato incidenti pesanti. Alla
fine solo qualche arresto, e centomila sterline di denaro pubblico spese per la
sicurezza che hanno innescato diverse polemiche. Bristol City contro Bristol
Rovers. Robins contro Pirates. Quando le due parti si erano incontrate l'ultima
volta era il 2007 e si giocava per il "Johnstone Paint Trophy" (anche
conosciuto come "Football League Trophy"). Al "Rover Memorial
Stadium", ci fu un invasione di campo dopo che i padroni di casa dei
Rovers, chiusero la gara con un importante vittoria sui loro acerrimi rivali.
Bristol. Un po' Amsterdam, un po' Bombay. E poi scorci di
Londra, angoli di Genova, le scalinate di Oporto, il calore di Kingston. Una
città di mare che si nasconde dietro le ultime anse del canale, mentre da est
rimonta l'eco delle onde. Gli antichi docks screpolati dal tempo, il nuovo
fronte del porto che è un trionfo di musei, di spazi, di luce. Le case
georgiane che erano l'orgoglio dei ricchi mercanti. Strade strette e cortili
che appaiono e scompaiono come per magia. La prestigiosa università con sessantamila
studenti, le chiese austere, i graffiti sui muri e la musica. Quel crogiolo di
razze, di colori e di storie, sempre diverse. Ed è attraverso questa porta che
l'Inghilterra ha scoperto il mondo e secoli fa se lo è portato a casa. Perché
ci sono sere che a Bristol, lungo le vecchie banchine, si respira lo stesso
profumo d'avventura che accendeva la fantasia di Louis Stevenson, venuto qui da
Edimburgo per ritemprare la sua salute cagionevole. Dicono anche che Daniel
Defoe ci abbia scritto Robinson Crusoe, e che sempre qui Long John Silver
reclutasse marinai. Qui a Bristol, all'ombra storta del campanile di Temple
Church.
“Goodnight Irene” si canta nella zone nord della città. Una
canzone diventata l'inno del “Bristol Rovers F.C.”, club caratterizzato da un
passato sportivo poco glorioso (a parte i quarti di finale di F.A. Cup
raggiunti nel 1958 e nel 2008 grazie a una rete di Ricky Lambert al
Southampton) e da un presente non certo eccelso in League Two. La società venne
fondata da cinque insegnanti in un'assemblea tenutasi in un ristorante del
quartiere di Eastville nel Settembre del 1883 e fu, in un primo momento,
denominata Black Arabs F.C., per poi mutare denominazione in Eastville Rovers
l'anno seguente ed in Bristol Eastville Rovers nel 1897, prima di acquisire
l'attuale denominazione nel 1898. I suoi tifosi, conosciuti come “Gasheads”
(“teste di gas”), termine dispregiativo coniato dai supporters della squadra
cittadina rivale del Bristol City per la vicinanza del vecchio stadio dei
Rovers ad un gasdotto particolarmente maleodorante, cantano il loro inno
durante ogni partita, dedicando la “buonanotte” alla “ciurma dei pirati” scesa
in campo e vestita con le originali casacche a quadroni bianco azzurri adottate
ininterrottamente dal 1931. Mentre il nick name è un chiaro richiamo al
patrimonio marittimo locale.
"Goodnight Irene" appartenente al genere folk, fu
scritta nel 1933 dal cantante/musicista blues statunitense Leadbelly, nome
d'arte di Huddie William Ledbetter. E' una canzone triste e malinconica, il cui
testo, parlando di pene d'amore, esprime tristezza e frustrazione. Fu prima
nella classifica delle vendite del 1950 e resistette in tale posizione per
altre sei settimane dopo la morte dell'autore. L'anno successivo la band folk
The Weavers registrò un singolo della canzone che occupò la prima posizione
nella hit parade per più di 25 settimane ed il loro successo ispirò molti
artisti a preparare una propria versione della canzone.
Fu cantata per la prima volta allo stadio nel 1950, durante
uno spettacolo di fuochi pirotecnici, esattamente la sera prima dell'incontro
casalingo contro il Plymouth Argyle, vinto agevolmente dai Rovers, i cui tifosi
intonarono un coro che recitava “Goodnight Argyle” riferito ai “dormienti”
calciatori del Plymouth; da allora questa canzone divenne l'emblema sonoro
della tifoseria, con una propria versione della canzone. Certo che anche nella
zona a sud ovest della città nei famosi anni degli “Eight Ashton Gate”, una
canzone inquieta e mesta non ci sarebbe stata poi cosi male. Stiamo parlando di
quando il City di Alan Dicks nel 1976 aveva ottenuto la promozione in quella
che ancora si chiamava First division, e non aveva badato a spese pur di
assicurarsi una squadra che gli consentisse la permanenza nel massimo campionato
del calcio inglese, vincendo nel 1978 anche la Anglo-Scottish cup. Ma dopo
quattro anni il sogno si interrompe con la retrocessione. Ma il dramma non
finirà lì. Sarà infatti la prima di tre consecutive che nel 1982 portano il
Bristol City in Quarta divisione, l’ultima prima dei dilettanti. In panchina
arriva il 35enne Roy Hodgson (l'attuale tecnico della nazionale), deciso a far
fruttare in patria l’esperienza maturata in Svezia alla guida dell’Halmstads.
Non ne avrà modo né tempo. In quei giorni lo spettro più immediato è quello
della scomparsa del club, mai così a rischio dal 1897, anno della fondazione
dei pettirossi. Un nomignolo facilitato ovviamente dal colore delle maglie che
richiamavano anche al coraggio delle truppe garibaldine. Hodgson se ne andrà, e
con la dichiarazione del fallimento del Bristol City viene costituita una
società (la Bcfc), cui viene concessa la possibilità di ereditare dal vecchio
City, giocatori, diritti sportivi e lo stadio Ashton Gate, proprio allo scopo
di tenere in vita la società sotto altra forma giuridica. Il salvataggio si
compie poche ore prima della scadenza fissata da tribunale e federazione per la
rinuncia di otto giocatori ai compensi previsti dai loro contratti pluriennali
(in alcuni casi addirittura dieci anni). Per il loro gesto, Peter Aitken, Gerry
Sweeney, Julian Marshall, Chris Garland, Jimmy Mann, Geoff Merrick, David
Rodgers e Trevor Tainton passeranno alla storia come “gli otto di Ashton Gate”.
Encomiabili e benemeriti. Per loro abbandonare la squadra è un sacrificio non
solo economico, ma sentimentale. Non si vive di solo denaro. Gerry Sweeney
giocava lì da undici anni: una leggenda locale protagonista della promozione in
Prima divisione nel 1976, che non aveva abbandonato la barca nonostante le tre
retrocessioni di fila. Andarsene senza soldi né grazie è stato l’ultimo gesto
di amore verso un club al quale ha dato molto più di quanto ricevuto. Da allora
per il Bristol City è stata mera sopravvivenza, spezzata da momenti di gloria
effimera ma esaltante. Come la vittoria del Football League Trophy a Wembley
nel 1986 contro il Bolton, guidati in panchina da Terry Cooper, o come
l’eliminazione del Liverpool ad Anfield nel replay del terzo turno di FA Cup il
25 gennaio 1994 quando il gol di Brian Tinnion al 66′ costò la panchina del
Liverpool a Graeme Souness. Poi un onesta mediocrità. E i tifosi non si sentono
tranquilli. Ma alla fine bisogna sempre fare i conti con il proprio passato, e
Bristol è sempre stata questa. La porta delle avventure, non si sa mai come andrà
a finire.
di SIR SIMON
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