Sono contento ed orgoglioso di pubblicare un nuovo meraviglioso racconto del nostro Sir Simon!!
Se improvvisamente vi trovate catapultati sotto guglie alte
che si stagliano nel cielo sereno di una splendida primavera, fra torrette,
muri e strade di pietra serpeggianti, antiche chiese e palazzi, in un luogo
dove sembra quasi che il tempo si sia misteriosamente fermato, mantenendo
l'aspetto fatato di una cittadina gotica, e siete circondati da gruppi di
studenti con toga e berretto che discutono sulla soglia del portone di un
College, non preoccupatevi, siete a Oxford. Dove trasuda ancora una certa essenza
della vecchia Inghilterra. Dove tutto è magico. Dove si respira tradizione,
cultura, e tranquillità, sebbene da qui in quasi mille anni di storia sia
passato davvero di tutto. Rinnegati, inventori, geni, ciarlatani, benefattori
dell'umanità, venditori di pozioni miracolose, e rampolli dell'alta società.
Perfino quattro re inglesi e otto stranieri, quarantasette vincitori di premi
Nobel, venticinque ministri, ottantasei arcivescovi e diciotto cardinali. Fu
Mattew Arnold, poeta e critico letterario, a coniare il termine di “città dalle
sognanti guglie” per descrivere l'armonica struttura architettonica degli
edifici universitari. Ma la cosa che colpisce prima ancora di entrare in centro
è il paesaggio: Oxford e' letteralmente immersa nel verde della campagna
inglese e percorsa da numerosi canali. Qui il Tamigi si restringe e incontra il
Cherwell, diventando cosi il palcoscenico ideale di numerose gare di
canottaggio che vengono disputate in tutte le stagioni. Questo tratto del
Tamigi viene chiamato the Isis. Ed è proprio in questa zona che durante il
periodo sassone si parlava di "Oxenaforda", ovvero "ford of the
ox", il guado del bue. E qui di buoi che hanno attraversato il fiume per
dare vita a sodalizi calcistici che riflettono il nome e la storia della città
c'è ne sono due. A dire il vero il football non è mai stato molto in alto nelle
priorità di Oxford. Il calcio si è quasi sempre misurato con un ambiente
abbastanza indifferente e di moderate aspettative. Uniche, parziali, eccezioni
sportive sono riservate come già accennato in precedenza al canottaggio,
esercizio dall'aura aristocratica, e al Varsity match di rugby. Il tutto però
da contestualizzare sempre in ambito accademico nella sfida infinita con
l'altra storica istituzione universitaria del paese e cioè Cambridge. Tornando
al calcio gli archivi ci dicono che nel 1882 viene formato l'Oxford City, che
nel 1906 si prese la soddisfazione di vincere l'Amateur Cup battendo 3-0 il
Bishop Auckland, per poi adagiarsi per sempre su gradini inferiori della piramide
inglese anche se a dire il vero nel 1979 ci fu un tentativo di rilanciare il
club quando divenne una società per azioni e la direzione affidata al
leggendario Bobby Moore assistito dal suo ex compagno al West Ham United Harry
Redknapp. Ma non ci fu il successo sperato, anzi nel 1988 i “City” dalla
deliziosa maglia a strisce orizzontali bianco blu, dovettero abbandonare la
White House Ground per problemi di sfratto, riemergendo sportivamente solo nel
1990 quando si iscrissero alla South Midlands League insediandosi a Court Place
Farm in Marsh Lane. Ma torniamo indietro perché non è questa l'Oxford
calcistica che in questo momento ci interessa. 1893 allora. Headington. Un
pugno di case a qualche chilometro dalla cittadina. Posizionato in cima alla collina
che domina Oxford nella vallata dove scorre placido uno stretto Tamigi. Quattro
anni prima nel villaggio era arrivato come vicario il Reverendo John
Scott-Tucker figlio di un chierico del leicestershire. Se ne andò a vivere
nella canonica di S. Andrew, un grande edificio in pietra dalle mura alte, i
tetti aguzzi, e grandi comignoli fumanti. In quel fatidico 1893 insieme al
medico locale Robert Hitchings decide di fondare l'Headington football club.
Sarebbe dovuto servire semplicemente alla squadra di cricket per mantenere la
forma durante il periodo invernale. Il gioco però si farà subito serio e l'anno
successivo viene aggiunto il suffisso United e “the boys from over the hill”
iniziano la partecipazione ai primi tornei fino a raggiungere nel 1921 l'Oxfordshire
Senior League. Nel 1925 ci fu l'aquisizione del Manor Ground in London Road,
impianto che fra i soliti rimpianti verrà abbandonato e demolito nel 2001. Nel
1954 ci sarà anche una virtuosa partecipazione alla FA Cup dove l'Headingdon
United raggiunge clamorosamente il quarto turno dopo aver eliminato squadre del
calibro di Millwall e Stockport, per poi arrendersi non senza aver venduto cara
la pelle al Bolton Wanderers. Ma l'incrocio della storia stava già per
arrivare. La prima curva era stata svoltata nel 1950 quando i colori originali
arancio-blu erano stati abbandonati per passare ad una tonalità giallo ocra con
rifiniture nere la cui scelta non è stata ancora del tutto chiarita. Nel 1960
ecco anche la nuova denominazione. Oxford United Football Club. Trasferimento
breve e apparentemente indolore per dare maggiore risalto e profilo alle
imprese sportive di un club che ora si accollava l'onere e l'onore di
rappresentare l'antica e famosa città. Nel 1962 aderiscono alla Football League
dopo aver vinto la Southern subentrando al posto dell'Accrington Stanley in
bancarotta, e nel 1968 sono già in seconda divisione, dalla quale
retrocederanno solo nel 1976. Crisi e debiti investono però il club in apertura
degli anni 80. Il contenzioso con la Barclays Bank viene sedato grazie alle
sterline dell'imprenditore Robert Maxwell che nel 1982 rileva la società
militante allora in terza divisione. Ma dopo il sospiro di sollievo a Manor
ground arriva il delirio del potente. Maxwell propone la fusione con i vicini del
Reading per fondare un sodalizio fra il ridicolo e il farsesco dal nome Thames
Valley Royals. Solo grazie a una massiccia levata di scudi dei tifosi il
progetto fortunatamente si arenò. Alla guida degli Us era arrivato nel 1981
Michael James Smith detto Jim nato a Sheffield nel 1940 fra le sirene e le
deflagrazioni dei bombardamenti tedeschi. Ha la faccia del mite allevatore
dello Yorkshire e la passione per lo Sheffield Wednesday. Ma ironia della sorte
non lavorerà nel campo di una fattoria, ma in quello di uno stadio e tanto per
iniziare non in quello delle amate Owls, bensì in quello dei rivali cittadini
dello United. E' il 1959. Ma alle Blades l'avventura durerà poco e le
soddifazioni maggiori arriveranno negli anni seguenti con l'Halifax Town e il Boston
United, tanto che quest'ultima squadra lo richiamerà nel 1969 come player
manager. All'Oxford United compie un mezzo miracolo. In poco meno di due anni
porta la squadra in First Division con due promozioni consecutive. Una statua
in High Street direte voi, o per lo meno un contratto migliore. No. Robert
Maxwell e Jim Smith non troveranno l'accordo per il nuovo contratto. “The bald
eagle” si accasa al QPR e al Manor Ground il nuovo manager è Maurice Evans,
faccia rubizza e sorniona, uno nato nelle vicinanze di Oxford, a Didcot, ex
membro della RAF, e con alle spalle solo una breve esperienza nei settori
giovanili. E qui il destino compie uno di quegli incroci che difficilmente si
ipotizzano a inizio stagione. I due infatti non solo si dovranno affrontare due
volte nella First division 1985-86, la prima dopo i fatti dell'Heysel, ma anche
in una storica finale di coppa di lega, che la federazione per ragioni di
sponsorizzazione riempie di latte “pregiato”. La Milk Cup. Quell' Oxford United
si classificò al diciottesimo posto finale della classifica a pari punti con il
Leicester City, lasciando l'onta della retrocessione a Ipswich, Birmingham
City, e WBA. Su tutti spiccano Ray Houghton e John Aldridge. Houghton è nativo
di Glasgow ma grazie al padre irlandese giocherà in nazionale proprio per il
team di Dublino. E forse non è un caso. Occhi vispi e fisico robusto, non molto
alto di statura, sorridente e goliardico, con un cappello a punta in testa e la
maglia verde d'Irlanda appare più un folletto che un membro di un clan
scozzese. In ogni caso tatticamente parlando è un centrocampista dalle spiccate
doti offensive che arriva a Oxford dopo tre stagioni da incorniciare al Fulham
con 129 presenze e 16 reti. Aldridge invece nasce a Liverpool nel 1958,
elegante col baffo curato da ufficiale, fiuta il goal come pochi. Inizia la sua
carriera nel 1978 con il South Liverpool, squadra militante in Northern Premier
League. L'anno successivo ottiene il suo primo contratto da professionista,
passando al Newport, in Fourth Division per 3500 sterline. La prima stagione è
molto promettente: il ragazzo realizza qualcosa come 14 gol in 38 partite,
risultando determinante per la promozione in Third Division e per la vittoria
in Coppa del Galles. Nella stagione successiva segna 7 reti in 27 partite,
contribuendo al fenomenale cammino europeo in Coppa delle Coppe, dove il
Newport riesce a raggiungere niente meno che i quarti di finale. Nella stagione
1981-1982 segna 11 gol in 36 partite, poi nel 1982-83 fa ancora meglio con 17
gol, con il Newport che sfiora la promozione in Second Division. Nella stagione
successiva, nonostante la partenza del suo compagno d'attacco Tommy Tynan
disputa un'altra ottima stagione segnando 26 reti. Nel 1984 si trasferisce a
Manor ground per 78.000 sterline. Il suo debutto con la nuova maglia è datato 7
aprile 1984 nella vittoria per 1-0 contro il Walsall mentre il primo centro
arriva nella vittoria per 5-0 contro il Bolton.
La League Cup per gli Us parte con un doppio confronto
contro il Northampton Town e una doppia vittoria, per 2-0 in casa e per 2-1 in
trasferta. Il 30 ottobre 1985 arriva subito lo scoglio bianco nero del
Newcastle United. Ma gli uomini di Evans non si lasciano intimidire e battono
le gazze per 3-1. I sorteggi favoriscono l'Oxford anche nei due incontri
successivi regalandogli l'opportunità di giocarseli entrambi di fronte al
proprio pubblico. Cadranno nell'ordine Norwich City e Portsmouth anche loro
come il Newcastle per tre reti a uno. La prima semifinale si gioca al Villa
park il 4 marzo 1986 contro l'Astonvilla e sarà proprio John Aldridge con due
reti di cui una su rigore a far si che i gialli di Oxford portassero a casa un
rassicurante 2-2 finale. Al Manor Ground la settimana successiva è un autentica
battaglia. Alla fine i padroni di casa la spunteranno per 2-1, con i goal del
gallese Jeremy Charles e di Les Phillips. Il 20 aprile 1986 in un pomeriggio di
sole si aprono le porte di Wembley per la finale di Milk Cup. Oxford United
contro Queen's park Rangers. Oltre 90000 i biglietti venduti. I tifosi Hoops
stipati nella “tube” hanno la sensazione di esserci solo loro. Stavolta sono i
padroni della metropolitana. Due anni prima l'avevano dovuta condividere per
ben due volte con quelli degli spurs e a dire la verità si stava un po'
“stretti”..E alla fine la coppa, la FA Cup, era anche andata a White Hart Lane.
Adesso si sentivano il trofeo in tasca. Ma chi erano alla fine questi di
Oxford? Non avevano il pedigree, non potevano impensierirli. Ma appena si
aprono le porte, sulla Wembley Way è una marea gialla. Cori collettivi e altri
separati ma legati alla solita unica passione:“Siamo i ragazzi di Didcot, siamo
quelli di Bicester, Siamo di Watlington, di Witney..”. In trentamila vocianti e
rigorosamente in giallo e nero. Quelli del QPR non si aspettavano un pubblico
avverso del genere. In fondo la squadra da battere era la loro quel giorno. E
loro erano quelli di Londra, quelli della capitale delle avanguardie, quelli
del Loftus road, quelli di Rodney Marsh e Stan Bowles. E a guidare sul campo il
QPR in quella finale c'era Jim Smith, chi meglio di lui poteva conoscere gli
avversari e batterli senza problemi. E c'era anche Terry Fenwick, quello del
momentaneo pareggio contro il Tottenham nella prima finale del 1982. Ma il
destino aveva deciso diversamente. Il primo goal per l'Oxford arriva al 40° del
primo tempo quando il pallone rilanciato da Paul Barron il portiere del QPR
innesca una velocissima manovra degli Us che mette in condizione il numero
dieci Trevor Hebberd di eludere nettamente la guardia di Alan McDonald e poi di
battere rasoterra sul primo palo Barron per l'uno a zero. Dopo appena sette
minuti dall'apertura della ripresa Ray Houghton metterà il sigillo a un
contropiede magistrale siglando il 2-0. Braccia al cielo, corre alla ricerca di
qualcuno o qualcosa da abbracciare. Il primo che trova è il terzino John
Trewick, poi il mucchio di maglie gialle festanti si infittisce come la
consapevolezza di avercela quasi fatta. Certezza che arriva a quattro dal
termine quando un tiro in corsa di Aldridge ribattuto a stento da Barron
finisce nei piedi dell'accorrente Jeremy Charles, barba incolta e furia
leonina, che su un pallone con scritto spingere non può esimersi dal realizzare
un facilissimo 3-0.
Esplode la gioia sugli spalti e sulla panchina dello
United. Il capitano Malcom Shotton guida i suoi sui 39 scalini del royal box
per ricevere la coppa, stringe mani, sorride, abbraccia il presidente, mostra
al mondo quella bellissima maglia gialla con la testa del bue sul petto che la
luce di un mite pomeriggio londinese fa brillare ancora di più, e alza al cielo
la coppa. A fine gara Maurice Evans deciderà di regalare la propria medaglia a
Ken Pesci, 72 anni e una vita nello staff degli Us. Un bel gesto e qualche
lacrima. Quelli di Oxford si sono laureati.
di Sir Simon
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