Racconto di Sir Simon
La statua di bronzo di James Watt sbuca all’angolo fra
Darlymple e William Street. Il più celebre figlio di Greenock, issato su un
piedistallo ottagonale, sembra non curarsi troppo dei passanti, appare
distratto, disinteressato da ciò che gli accade intorno, assorto nei suoi
pensieri, nei suoi studi. E poi in fondo che cosa mai avrebbe da imparare
l’inventore scozzese da questo anonimo e scialbo presente. Era nato qui il 19
gennaio 1736, quando questo luogo era poco meno di un modesto villaggio di
pescatori. Oggi la cittadina, da molti criticata e vituperata per il suo
aspetto depresso e sconfortante, non è per niente così ostile, anzi, a dirla
tutta questa sua esteriorità cupa di fosco porto britannico, incuriosisce e
affascina. Ci si può intrattenere sull’Esplanade: il lungomare della Greenock
“salutista” in cui non è raro incontrare sfaccendati o improbabili coppie
bighellonare lungo la serpeggiante lingua di cemento che unisce il centro con
Gourock, un gradevole e pittoresco borgo di mare. Storicamente, l'economia
della città si è sempre incentrata sui cantieri navali, la raffinazione dello
zucchero e la lavorazione della lana. In questo momento però, nessuno di questi
settori fa parte importante dell'economia locale, basata ormai prevalentemente
sull'industria elettronica che ha creato vari call center, presi d’assalto
nonostante le paghe precarie, come d'altro canto i contratti dei loro
dipendenti. Controindicazione climatica per i meno temperati, il forte vento
che si alza dal Firth of Clyde, e la continua pioggia che potrebbe benissimo
farvi compagnia per intere settimane. Ovvio si può tranquillamente battere in
ritirata verso luoghi meno avversi, e allora quando le giornate invernali si
accorciano a vista d’occhio, è bello trovare asilo in un buio pub dalle pareti
stillanti whisky, e instaurare un viscerale e intenso rapporto con un bicchiere
di Glenlivet: “Slanj”, salute. In gaelico, chiaro. E così, alla salute dei visi
cerei e rubizzi degli abitanti di Greenock, inizia il nostro racconto sulla
locale squadra di calcio.
“Questo club deve essere chiamato Morton Football Club”.
Chissà se il giornale locale, The Greenock Telegraph, uno
dei quotidiani più antichi del Regno Unito, abbia riportato nel 1874 la notizia
della nascita della squadra, e la decisione presa dai suoi padri fondatori di
chiamarla così. Il motivo sembra debba ricercarsi nell’uniforme caseggiato dove
abitavano James Farell, Robert Aitken, Alexander Ramsay, Mathew Park e John
Barrie, primi calciatori della squadra, denominato “Morton Terrace”, e che
costeggiava il fangoso campo da gioco. Ci sarebbe, come spesso accade, anche
una teoria alternativa che prende spunto invece da tale James Morton un celebre
costruttore del posto diventato membro protettore del club dopo essere stato
“prevosto” della cittadina per tre anni. L’associazione con Greenock invece è
affare piuttosto recente, datato 1994, quando si decise di abbinare “Morton” al
luogo natale, anche se a dirla tutta quattro anni dopo si cercò in maniera un
po’ imbarazzante di tornare al vecchio nome. La popolarità del calcio in Scozia
crebbe rapidamente. Intorno al 1880 fra Greenock e dintorni erano sorte
numerose società dedite al nuovo sport, dove il Morton era considerato a tutti
gli effetti una delle formazioni migliori del momento. Il gruppo originario
come detto, aveva incominciato a tirare calci al pallone su un terreno nei
pressi di Morton Terrace, prima di trasferirsi a Garvel Park. Nel 1879, a causa
di pressanti richieste per poter utilizzare l’area a fini industriali il
sodalizio optò molto semplicemente di attraversare la strada e insediarsi in
quello che diventerà la sede definitiva, ovvero il Cappielow Park dei giorni
nostri. Duecento metri dalla stazione ferroviaria di Cartsdyke dove vi conviene
scendere se la vostra meta è lo stadio dei “Ton” o, con un pizzico
d’egocentrismo, del "The Pride of the Clyde". Cappielow
originariamente mostrava una pista ovale sterrata che era utilizzata per
l'atletica e, talvolta, per le frenetiche e seguitissime corse di cani. L'area
sul lato ovest dello stadio divenne nota e lo è ancora oggi, come "The End
Wee Dublin". Una sorta di enclave irlandese, dovuta al fatto che questa
zona ospitava per larga parte soprattutto immigrati di questa nazione, che
erano venuti qui a lavorare nei cantieri navali, fra banchine assediate dalla
salsedine e urla rauche di gabbiani enormi. La prima “stand” in legno venne
costruita nel 1880 e riammodernata nel 1931, mentre il terrapieno che correva
lungo il lato opposto del campo fu sostituito con la tribuna detta “The Stable”
nel 1958. Stiamo correndo troppo come sempre, torniamo al 1890. Anno Domini del
football scozzese, dove prende vita in maniera ufficiale la lega calcio. Il
Morton deciderà di formarsi come un team professionistico nel 1893 iscrivendosi
al campionato di seconda divisione e tre anni più tardi diventerà società a
responsabilità limitata, il primo club a farlo nel paese. In quell’anno vincerà
per la prima volta la Renfrewshire Cup, la famosa coppa della regione, battendo
i rivali del St. Mirren per 3-0. La squadra giocò fin da subito con una
deliziosa maglia a cerchi white & royal blue. Una decisione quella dei
colori che venne presa al momento della costituzione, dove fra le altre cose si
dichiarava, che tutte le attività sarebbero state svolte secondo principi di
buon gusto e condotta educata. Una delle regole basilari doveva essere quella
di astenersi dall’alcol, ma questa normativa non fu un'idea che superò la prova
del tempo, e sinceramente c’era da aspettarselo.. a differenza dei colori
originali che il club manterrà, esclusa una breve parentesi in rosso blu fra il
1892 e il 1896. Il decennio compreso fra il 1910 e il 1920 resta un periodo di
grande successo per il Morton, che toccherà l’apice con la vittoria della Coppa
di Scozia nel 1922, la prima e sola affermazione nella sua storia in questa
competizione. A regalare il successo alla squadra allenata da Bob Cochrane, ci
pensò Jimmy Goulay, che mise a segno la rete dell’1-0 contro i Rangers, su
calcio di punizione dopo appena undici minuti di gioco. Ricordi sbiaditi e in
bianco e nero di un cammino vittorioso che li aveva visti eliminare
nell’ordine, Vale of Leven, Clydebank, Clyde, Motherwell e Aberdeen in
semifinale. Per motivi probabilmente di ordine pubblico le strade di Greenock
dovettero aspettare qualche giorno per festeggiare i loro eroi. La squadra che
portò l'unico trofeo a Cappielow a parte il già citato Goulay in arte
difensore, era formata da Edwards in porta, McIntyre, R.Brown, e Wright come
pacchetto arretrato, McGregor, McNab, McKay e Buchanan a centrocampo e Brown e
McMinn in avanti. Una vittoria che assomigliò molto a quello che in gergo si
chiama canto del cigno. Dopo la conquista della coppa, infatti, il Morton si
sistemò in un’estenuante altalena fra la prima e la seconda divisione. Uno
squillo di gloria sembrò voler risuonare nel 1948, nell'anno della ristrutturazione
dello stadio che costrinse i Ton a spostarsi fra Paisley e Ayr, quando
raggiunsero un'altra finale della coppa nazionale, questa volta sotto la guida
di Jimmy Davies. Erano riusciti nell’impresa di battere il Celtic in
semifinale, e a Hampden, di fronte a un pubblico di 126.176 spettatori si
trovarono di fronte ancora i Glasgow Rangers. La prima partita terminò in
parità dopo i tempi supplementari per 1-1 grazie al centro di Jimmy Whyte. Ma
nel replay disputato quattro giorni dopo, e con un’affluenza di pubblico ancora
maggiore, i “gers” si portarono a Ibrox il trofeo con la rete di Billy
Williamson. Gli anni cinquanta non produssero risultati apprezzabili, se non il
solito andirivieni fra le due categorie maggiori. Meglio il decennio dei “sixties”,
dove si mette in luce Hal Stewart, manager carismatico e per certi aspetti
precursore caratteriale e comportamentale del Don Revie del Leeds United. Nella
stagione 1963-1964 il Morton, con una rosa che comprendeva bomber Allan McGraw,
raggiunse la finale di coppa di lega da club cadetto. Accadde il 26 ottobre
1963, e fino a metà gara, l’incontro con i soliti Rangers era ancora in parità.
Difficile capire la svolta negativa della ripresa dove il Morton si arrese
affossato dai cinque centri degli avversari. Comunque la stagione fu di quelle
da ricordare con ben sessantasette punti totali, la classifica migliore di
tutti i tornei professionistici della Gran Bretagna. Erano i tempi di quella
che venne ricordata come l'invasione scandinava, con l’arrivo di diversi
giocatori danesi primo fra tutti Eric Sornson, che arrivo nel 1964, presto
seguito da Kai Johanson e altri quattro. Un periodo assolutamente fertile anche
nel vivaio che vide uscire elementi del calibro di Joe Harper e Joe Jordan. Ci
sarà anche una storica qualificazione europea nella coppa delle fiere nel 1967,
seppure un sorteggio poco fortunato lì vedrà uscire immediatamente al primo
turno per mano dei londinesi del Chelsea. Benny Rooney arriva come manager nel
1976 e vi rimarrà fino al 1983. Niente di straordinario da menzionare e forse è
un vero peccato visto che in quelle stagioni dalle parti di Cappielow Park sono
passati giocatori come Mark McGhee, Joe McGlauchlan, Davie Hayes, Neil Orr e
Andy Richie il cui nome evoca ancora serate indimenticabili tra i privilegiati
che hanno avuto la fortuna di vederlo giocare.
Ritchie era nato il 23 febbraio 1956 a Bellshill, nel
Lanarkshire; ricci scomposti, indifferenza apparente agli eventi, e un perenne
sorriso stampato in faccia. Resterà famoso per i suoi sette anni a Greenock
durante i quali ha segnato 118 gol. Venerato dai tifosi si guadagnò rapidamente
il soprannome “ The King of Cappielow Park”'e di “The Idle Idol “. Fece il suo
debutto in maglia bianco blu, il 28 ottobre 1976 ottenendo il titolo di
capocannoniere della prima Divisione nel 1978/79. Il giornalista Chick Young
definì Ritchie come il perfetto esempio di calciatore scozzese: grasso, pigro,
bastardo, ma di grande abilità con la palla fra i piedi. Era piuttosto noto per
la sua bravura sui calci di punizione, forse ispirandosi alle capacità
balistiche dei calciatori sudamericani osservati nei mondiali tedeschi del
1974. In un famoso incidente Ritchie quasi si ruppe una gamba cadendo malamente
sul fotografo del Greenock Telegraph, Jim Sinclair appostato sulla riga di
fondo campo. In panchina intanto si avvicendano Alex Miller eTommy McLean.
Tommy portò giocatori come Jim Duffy, Dougie Robertson e il club nel 1984
ritornò nella massima serie. Lascierà Cappielow Park per il Motherwell, e al
suo posto subentrerà suo fratello Willie. L’alternanza familiare però non
porterà fortuna, e il Morton precipiterà ancora in seconda divisione, in un
annata tutta da dimenticare dove raccoglierà il record negativo di cento reti
subite. Era il 1985 e l’IBM, che qui dava lavoro a una buona fetta di
popolazione sfornava i primi computer con il display a colori. Incomincia l’era
targata Allan McGraw, un ex leggendario attaccante dei Ton capocannoniere della
squadra per cinque stagioni consecutive, prima di passare all’Hibernian. McGraw
terrà le redini fino alla metà degli anni novanta assemblando una compagine che
ottenne la promozione nella stagione 1987-88 con in campo Rowan Alexander
artefice di 23 gol. McGraw fu sempre visto come un vero gentiluomo, con un
grande amore per il Morton, e un occhio attento per individuare e coltivare i
giovani talenti. Fra i suoi “laureati” Derek Collins futuro capitano, Derek
McInnes, David Wylie e David Hopkin. Un altra finale persa fu quella del
dicembre 1992, in un trofeo minore a essere sinceri, la Challenge Cup 2003
(sponsorizzata B&Q), quando in finale l’Hamilton Academical superò il
Morton per 3-2 al Love Street di Paisley davati a 7.391 spettatori. L’ ”annus
horribilis” resta forse il 1993-94 che vide la squadra retrocedere in terza
serie, in gran parte a causa dei numerosi infortuni a lungo termine accusati
dai giocatori. Tuttavia quest’inciampo fu una benedizione sotto mentite
spoglie. McGraw piazzò numerosi giocatori in altre società acquisendo una
notevole quantità di denaro per rafforzare la squadra, con gli acquisti dei
finlandesi Janne Lindberg e Mark Rajamäki. E con loro un’immediata risalita di
categoria. Di nuovo quindi in seconda divisione dove per poco l’undici di
Greenock mancò un posto nei play off per l’accesso in Premier League, sfuggiti
per la differenza reti, dopo la sconfitta rimediata malamente all’ultima
giornata della stagione. Nel 1997 a Cappielow arriva Billy Stark e anche
giocatori come Kevin Twaddle e Kevin Thomas. Tuttavia saranno anni complicati,
il club per problemi finanziari è costretto in amministrazione controllata,
costringendosi a vendere la maggior parte dei suoi migliori elementi. E
costantemente la clessidra inclemente del tempo si svuotava, senza che il
sodalizio riuscisse a trovare un nuovo acquirente. Una cordata capeggiata dal
professor James Pickett sembrò essere la risposta tanto attesa, ma
sfortunatamente il gruppo si sciolse, lasciando il compito di salvare la
società a Douglas Rae proprio all'ultimo minuto utile. Prima mossa del nuovo
presidente la nomina in panchina nel 2001 di Peter “Barr” Cormack ex
centrocampista del Liverpool degli anni settanta che frettolosamente mise
insieme un gruppo per tentare una salvezza complicata. Purtroppo la fretta non
permise una buona amalgama della squadra che retrocesse ancora nella terza
divisione. Andò meglio nel 2003, quando i Ton di un altro McCormack (John)
vinsero il campionato di terza divisione di fronte agli oltre 8000 tifosi
radunatasi all'ultima giornata della stagione a Cappielow Park. Quattro anni
dopo altra gioia, grazie anche ai 15 centri di Peter Weatherson e alla saggia
guida del grande John McInally. I Ton erano tornati al loro posto, quello
attuale, con il solito occhio lungo sulla Premier League..
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