Una perfetta “fetta” d’Inghilterra. Dove è impossibile
trattenersi dallo sbirciare attraverso gli antichi portoni di legno dei college
per riuscire a scorgere deliziosi cortili e giardini, nascosti come tesori.
Dove le vecchie librerie ti attraggono con il loro profumo di storia, e
incantevoli mercatini fingono una vivacità più formale che sincera. Perché
Cambridge alla fine, è luogo pigro, quasi indolente, dove lo scorrere del tempo
sembra empaticamente legato al defluire placido del suo fiume. Quando vedrete
un “punt”, un tipico barchino a pertica, scivolare dolcemente lungo le acque
del Cam, la conduzione di quella barca potrebbe apparirvi semplice. Ma fate attenzione,
il corrispettivo britannico della gondola veneziana, è molto più difficile da
controllare di quanto possa apparire. A sentirne la descrizione, il “punting”
potrebbe sembrare un innocuo e placido sport per campagnoli. A vedere il
praticante locale medio, sembra una rilassante gita sul fiume. Il problema è
che non si apprezza il peso del famoso palo, e il fatto, che il natante (privo
di timone) tende a ruotare furiosamente su se stesso. Forse, meglio dedicarsi a
un altro passatempo, molto in voga a Cambridge, e dagli aspetti più semplici..
andarsene in giro in bicicletta. Meglio d’estate, e magari verso i prati che
digradano dalle parti di Newmarket Road, verso l’Abbey Stadium, dove all’
esterno delle quattro stand, pascolano in una visione assolutamente bucolica,
imponenti mucche, che puntellano un verde che ti rapisce gli occhi.
Ora però abbiamo bisogno di un altro animale. Il cui habitat
naturale ha sede ad un'altra latitudine, più a nord, rispetto alle guglie e ai
pinnacoli della città universitaria, ossia un alce..
L’aneddoto, che se vogliamo potrebbe sfociare nel ridicolo,
incomincia in Spagna ed ha un nome e un cognome ben preciso: Dale Collett.
Il diciannove agosto 1989 è sabato. Accidenti però, non un
sabato qualunque. E’ il giorno dell’inizio del campionato, e Dave si trova in
vacanza in Spagna. Dave è un tifosissimo del Cambridge United, ma ha dato una
sbirciata troppo veloce ai calendari. Non si ricorda che la prima partita della
sua squadra non sarà in casa, bensì in trasferta, e nemmeno dietro l’angolo.
Gli “U’s”, saranno impegnati al Blundell Park di Grimsby.. Ora del calcio
d’inizio fissata a quando tutti gli orologi del Regno Unito batteranno le
quindici. Liturgia pagana del culto sportivo sacralizzato.
Dave non può mancare. S’infila sul primo volo per Londra,
prende il primo treno per Cambridge, sale in macchina e parte da solo alla
volta di Grimsby, senza nemmeno farsi una doccia. Alla radio passano “Eternal
Flame” dei Bangles, e qualcuno ogni tanto fa il punto sui disordini pubblici
scoppiati in Germania Est. Quel muro alla fine cadrà, pensa Dave, mentre
intanto accelera, e si tocca la barba leggermente incolta, i capelli arruffati
a cespuglio, e lancia un occhiata orgogliosa, verso quella sciarpa giallonera
deposta con cura sul sedile del passeggero che dice tutto: “Cambridge United,
Your City, Your Club.."
Non si fermerà mai. Quando esausto arriva sulla terrace del
Blundell, gli amici gli vanno incontro per salutarlo e farli festa, ma lui
blocca tutti a un metro di distanza:
“Non mi state vicino.. puzzo come un alce!”
Mai battuta fu più apprezzata. Quelle parole divertirono
senza dubbio più il pubblico del noioso 0-0 che si stava trascinando sul campo,
e per tutta la partita il gesto di imitare le corna sulla testa contagiò
rapidamente la gradinata. Strano a dirsi ma da quel momento in poi il passo è
breve, l’alce diventerà la mascotte ufficiale del club con il nome di Marvin
the Moose.
E’ porterà fortuna perché da lì a due anni la squadra
guidata in panchina da John Beck guadagnerà non solo due promozioni
consecutive, ma anche, per due volte, i quarti di finale della FA Cup. I
fantasmi della penosa rielezione in Football League del 1986 sembravano
definitivamente scacciati.
Velocissimo tuffo nel passato. L’Abbey United nasce nel
1908, ma diventerà team professionistico solo nel 1949, e tre anni dopo nel
1951 muterà la propria denominazione ufficiale in Cambridge United. L’ingresso
nella Lega è invece datato 1970, mentre nel 1977, sotto Ron Atkinson, arriverà
la prima vera importante argenteria in bacheca, ovvero, il trofeo della Quarta
Divisione.
Bene, torniamo a Beck, e al 1990/91.
John Alexander Beck è un ispido londinese di Edmonton. Un
uomo insondabile a livello mentale, di un’intelligenza rivoltante. Ha le sue
tattiche. Vuole sniffarlo il cuoio del pallone, sentire il fiato dei suoi
giocatori sul campo. Vuole ascoltare lo sdegno degli avversari. La sua carriera
agonistica terminò per un infortunio nel 1989, e passò a fare l’assistente di
Chris Turner, finchè, a seguito delle dimissioni di quest’ultimo, fu nominato
manager nel gennaio del 1990.. Un giovane, ma per gli addetti ai lavori,
paradossalmente fuori moda. Non ama i nuovi stili di gioco. Ha una fede cieca
per la palla lunga e pedalare, e per i cross in mezzo all’area, innervati di
vecchio calcio inglese. La sua impopolarità crescerà però al ritmo dei suoi
successi. Un ossimoro sportivo del quale lui ovviamente non si cura e persegue
nel credo. Circolavano strane storie sulle richieste di Beck a riguardo che
l'erba presso l'Abbey, doveva essere coltivata alta negli angoli al fine di
impacciare gli scatenati funamboli ospiti. Il riscaldamento negli spogliatoi
dei rivali poteva variare improvvisamente, così come il livello dello zucchero
nelle teiere durante la pausa. In particolare Glen Hoddle, all’epoca allenatore
dello Swindon ebbe un alterco con Beck che per poco non sfociò in una vera e
propria rissa, per certe supposizioni ampiamente dichiarate dall’ex giocatore
del Tottenham Hotspur.
Ma queste cose erano poco importanti per i sostenitori dello
United, fin troppo felici di scalare la piramide del calcio inglese e di
ritrovarsi tutti, il nove di marzo del 1991, sotto la clock end di Highbury, a
giocarsi l’accesso alle semifinali della Coppa d’Inghilterra.
Leggete bene in fila i nomi degli avversari che il Cambridge
United di quella stagione, aveva di volta in volta eliminato, per arrivare a
disputare quell’incontro, con la squadra che qualche mese dopo diventerà
campione nazionale, in una serata sviscerante indimenticabili emozioni. Ma
questa è un altra storia che qualcuno più bravo di me ha già raccontato in
maniera esaltante e coinvolgente..
Atteniamoci al nostro racconto. Eccole quelle squadre fatte
fuori: Exeter City, Fulham, Wolverhampton, Middlesbrough, Sheffield Wednesday..
Vittime illustri di un gruppo che faceva riferimento
sopratutto sulla boa centrale color ebano, che l’anagrafe di Leicester
conosceva come Dion Dublin. Con lui spiccavano elementi del calibro di John
"Shaggy" Taylor centrocampista di granito, Danny O'Shea il capitano,
Mick Cheetham e Chris Leadbitter, il muscoloso Lee Philpott, i terzini Gary
Rowett e Alan Kimble, e il serioso portiere John Vaughan.
La partita perfetta fu quella in casa contro le Owls. Un 4-0
perentorio mentre nel frattempo erano in cammino verso il titolo di divisione.
Lo Sheffield Wednesday scese a Cambridge forte di 18 match senza ombra di
sconfitte, ma la loro striscia d’imbattibilità si bloccò stupefatta davanti al
Re nero Dublin, che aprì le marcature raccogliendo un errato passaggio
all’indietro, al raddoppio di Lee Phillpott, e alla doppietta griffata John
Taylor.
La partita di Highbury fu una passerella galante, davanti a
43000 spettatori. Il solito fascinoso impianto di Londra Nord, gremito
all’inverosimile, in una tavolozza di colori accesi, stemperati dagli squarci
del cielo grigio di Islington, che sbucava ai quattro angoli dello stadio, e
dalle ombre cangianti delle parti più alte delle tribune. L’Arsenal di manager
George Graham. Una litania che scivola luminosa come un incantesimo: Seaman,
Dixon, Winterburn, Bould, O'Leary, Adams, Thomas, Merson, Hillier, Smith,
Campbell.
Proprio quest'ultimo, Kevin Campbell, incrociò di testa un
perfetto traversone di Winterburn e portò in vantaggio i gunners. I cori della
North Bank non freneranno però la straordinaria vivacità realizzativa dello
scatenato Dublin di quella stagione, che con un’acrobazia impossibile, in
apertura di ripresa riporterà l’incontro in parità. Non servirà, perché il
sogno dei gialli di Cambridge si frantumerà poco dopo sull’incocciata
ravvicinata di Tony Adams.
La corsa degli U’s era finita. Wembley poteva attendere. In
fondo, cosa importa, il tempo non passa mai a Cambridge..
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