Ha smesso di piovere. Il vento ora spinge velocemente le
nubi, crea ampi spazi al sole desideroso di scaldare questa terra che fatica a
conoscere l’estate. L’orizzonte si è ridisegnato con la sagoma neogotica
dell’Abbazia cluniacense dove a qualche metro scorrono le acque grigie del
fiume Cart. Il pub è accogliente e il nome è tutto un programma: The Wallace.
Causeyside Street, Paisley. Davanti a me una pinta di Tennent’s Super con le
sue sfumature di rame e la sua schiuma non eccessivamente compatta che tende a
sparire dopo qualche minuto. L’esterno è di un blu anticato, l’interno è
elegante e spazioso, un misto di vecchio e nuovo con il bancone in legno come
si conviene, e con lo stesso legno usato per l’arredo. Tavolini rettangolari o
quadrati con quest’ultimi un po’ più bassi, divanetti imbottiti di un color
marrone scuro, e sedie con la seduta in pelle, fissata con chiodi d’ottone
dalla testa semisferica. La tappezzeria non poteva eludere il celebre tessuto
dal nome della cittadina ovvero il “Paisley”, disegno dalle origini
orientaleggianti che rappresenta il germoglio della palma da dattero, che
s'impose nella moda, e regalò notorietà e lavoro alle industrie tessili della
zona nei secoli scorsi. Luci soffuse, con lampade in stile e pavimento in legno
a lisca di pesce e qualche delicata moquette nei punti giusti. Non ci sono i
vetri istoriati, e qualcos’altro di troppo moderno c’è, ma oddio alla fine sono
peccati veniali, e poi basta non farci troppo caso. Beviamoci la nostra birra,
appoggiando delicatamente il bicchiere alle labbra, come per un tenero bacio.
Non a caso dobbiamo andare a Love Street. Tappa obbligata se vogliamo conoscere
meglio il St. Mirren FC e la sua squadra di calcio. A Love Street c’erano i
campi di Fullerton Park e il vecchio stadio dove i “Buddies” hanno giocato la
loro ultima partita il 3 gennaio 2009 contro il Motherwell. Finì 0-0 ma a
vincere fu la palpabile tensione emotiva degli oltre diecimila presenti sulle
tribune, che davano l’addio alla casa di una vita. Un impianto costruito nel
1894 e che per ben 115 anni ha accompagnato le gesta dei bianconeri del St.
Mirren. Come quella volta contro il Celtic in Coppa di Scozia il 20 agosto 1949
quando le presenze registrate furono 47.438. Oppure trent’anni dopo, ancora
contro i cattolici di Glasgow nel replay del quarto turno sempre della coppa
nazionale, con il più ridotto dato di 27166 paganti, ma che mandò comunque
completamente in tilt gli organizzatori, con la formazione di enormi code
all’ingresso. Nel 2007 la terra è stata venduta alla Tesco per la creazione di
un supermercato, e con i proventi il St. Mirren si è costruito un nuovo stadio
qualche miglia più a ovest. Siamo ad appena 12 km dal centro della grande
Glasgow, nel cuore delle Lowlands scozzesi, a nord delle verdi colline di
Gleniffer Braes. Sembra che le origini dell’abitato siano di genesi monastica.
Fu infatti il monaco irlandese San Mirin a edificare una prima cappella a
cavallo tra il VI e il VII secolo accanto alla suggestiva cascata del Cart. San
Mirin, St. Mirren, accostamento inevitabile ed il gioco è fatto. In tutti i
sensi. Infatti nel 1877 un gruppo di gentiluomini dediti a Cricket e Rugby
fondano anche un sodalizio calcistico che sarà battezzato proprio con questo
nome, e che debutterà il 6 ottobre di quello stesso anno contro il Britannia
Shortoods vincendo per 1-0. A questo punto accavallare date e aneddoti diventa
dispersivo e forse nemmeno completamente esauriente, meglio concentrarci su uno
degli episodi che hanno contraddistinto il dipanarsi della storia di questo
club. Senza però tralasciare il fatto che nel 1890 il St.Mirren, divenne uno
dei soci fondatori della federazione calcio, un dato ancora più significativo
alla luce dei nostri tempi se si considera che oggigiorno solo cinque dei
membri originari sopravvivono nella massima serie. La stagione che vorrei
prendere in considerazione è quella relativa al 1986/87 ovvero l'anno
dell’ultimo successo della squadra di Paisley in coppa di Scozia. Una delle
poche vittorie nella bacheca del club, ma a dirla tutta alla resa dei conti a
nord del Vallo di Adriano, battere l’egemonia dell’Old Firm è impresa di non
poco conto. Si trattò del terzo successo nella manifestazione dopo quelli
ottenuti nel 1926 e nel 1959. Ma prima scivoliamo un attimo nell’aneddoto, solo
per cercare di chiarire la nascita sempre importante e affascinante dei colori.
La prima maglia del club si presentava con una tonalità blu- scarlatto, ma fin
da subito nel 1883, si passò alle strisce bianconere, dapprima orizzontali, poi
verticali. Se non ci sono dubbi sugli anni del cambiamento cromatico, resta una
simpatica disputa sul perché della trasformazione. Una teoria sostiene che le
strisce rappresentino i due nomi del corso d’acqua che attraversa l’abitato,
vale a dire il “White Cart” e il “Black Cart”. Negli ultimi anni però si è
fatta strada l’ipotesi che siccome i monaci della locale abbazia indossavano un
abito talare esattamente di questi colori, ecco svelato il motivo della scelta
societaria. Meno dibattuto, è ben riconoscibile invece il crest dei bianconeri,
che rappresenta la caratteristica coat of arms cittadina che fece la sua prima
comparsa sulle maglie durante la seconda guerra mondiale. Nel 1987 il St.
Mirren era allenato da Alex Smith, occhi a fessura e sorrisetto malinconico,
uno nato a Cowie un villaggio di minatori non molto distante da Stirling. E
sarà proprio giocando per le giovanili dell’Albion che stringerà amicizia con
Billy Bremner la grande futura colonna della nazionale scozzese e del Leeds
United. Quando Bremner si sposò Alex fu invitato al matrimonio come testimone
di nozze. Stirling segnerà una buona parte della sua carriera e sarà da lì che
nel dicembre del 1986 a stagione in corso approda a Love Street. Sembrava una
stagione come tante altre quella per i “Buddies”, l’ennesima da consegnare agli
annuali senza niente di speciale da segnalare se non una modesta e tranquilla
salvezza in prima divisione che Rangers e Celtic si stavano ancora una volta
contendendo disturbati solo dallo straordinario periodo del Dundee United di Jim
McLean, che incredibilmente quell’anno raggiunse la finale di Coppa UEFA,
battuti con molte recriminazioni dagli svedesi dell’IFK Goteborg. Ma quando il
31 gennaio inizia la Coppa di Scozia si intuisce subito che il cammino verso
Hampden poteva portare qualche soddisfazione. Il St. Mirren veleggiava in una
comoda posizione di metà classifica senza causare problemi a quelli del “piano
di sopra”, ne tantomeno averne da quelli dei bassifondi. Le notizie più
importanti che caratterizzarono le discussioni nei pubs di Paisley prima del
match casalingo contro l’Inverness Caley erano sostanzialmente due. La prima
era appunto la curiosità dell’arrivo di Alex Smith al posto di un altro Alex,
Alex Miller che si era accasato all’Hibernian dopo comunque aver plasmato un
ottima squadra e lasciato il dolce ricordo di una bella vittoria europea a Love
Street per 3-0 contro lo Slavia Praga nel 1985. L’altra notizia erano i 3
cartellini rossi rimediati da Billy Abercromby in una partita di campionato con
il Motherwell che gli valsero ben 12 giornate di squalifica. Episodio
disdicevole per un giocatore che in pratica ha regalato tutta la sua carriera a
questo club, ma che evidentemente qualche piccolo problema caratteriale ce
l’aveva se si considera che negli anni successivi è stato coinvolto in pesanti
problemi di alcolismo. Alex Smith ebbe la grande capacità di leggere dentro la
testa del ragazzo e di riportarlo alla tranquillità. Abercromby era un
centrocampista robusto dal baffetto accennato, che comunque in coppa avrebbe
potuto giocare, e ripagò le attenzioni del manager con prestazioni di ottimo
livello. Contro l’Inverness finì 3-0 grazie ai goal di Kenny McDowall, Frank
McGarvey e Ian Ferguson. Il sorteggio del quarto turno accoppiò il St. Mirren
ai rivali di Greenock. A quel Greenock Morton che sull’ estuario del “Firth of
Clyde” stava aspettando i bianconeri per tentare di festeggiare quello che
poteva divenire un evento da ricordare. La partita si sarebbe giocata il 21
febbraio al Cappielow Park. Un goal di Paul Chalmers su un errore piuttosto
pacchiano di un difensore del Morton, porta i Saints in vantaggio quasi subito,
ma la squadra di casa ovviamente non ci sta. Reagisce e trova la parità con
Rowan Alexander poco prima della chiusura del primo tempo. L’atmosfera è ovviamente
meravigliosa. I tifosi di casa cantano “Hullo, Hullo, we are the Morton boys”
mentre nella terrace riservata a quelli arrivati da Paisley si intona “The
Buddies Came Roaring Back”. Su tutti incombe l’immancabile cielo grigio di
Scozia che non prometteva niente di buono. Come il goal su rigore del Morton
realizzato da McNeil che in apertura di ripresa porta in vantaggio i “ton”. Ma
arriva un altro penalty e questa volta è a favore del St. Mirren. Dal dischetto
pareggia Ferguson, dopodiché sarà ancorà Chalmers l’attaccante nativo di
Glasgow dalla fronte alta e dall' iconico capello anni ottanta, a dare la gioia
della vittoria nel derby in trasferta ai propri tifosi con conseguente
passaggio del turno. Per i quarti di finale sarebbe occorso ancora un viaggio
lontano da casa, nel Fife per affrontare il Raith Rovers che in quel momento
conduceva la classifica della seconda divisione. Il calcio d’inizio allo Starks
Park ritarda di un quarto d’ora per consentire il completo afflusso della folla
sulle gradinate. E il pomeriggio del 14 marzo 1987 e l’attesa vale la pena
soprattutto per i tifosi ospiti. Dopo appena 17 minuti Peter “basil” Godfrey
centrocampista tenace e dalla scorza dura, con una vaga assomiglianza con
l’attore Peter Sellers porta I “santi” in vantaggio. A un minuto dalla fine
arriva la certezza della semifinale quando il solito Chalmers siglà il
raddoppio. L’11 aprile a Hampden Park, dopo 28 anni dalla finale persa con i
Rangers nel 1962, il St. Mirren si sarebbe giocato la possibilità di accedere
alla finale contro la vincente del “discovery city derby” fra Dundee Fc e
Dundee United, che nel frattempo si stavano dando battaglia al Tyncastle di
Edimburgo. Lo scoglio non era dei più semplici. In semifinale la squadra di
Smith aveva beccato gli Hearts che nel quarto turno avevano estromesso il
Celtic. I Rangers dal canto loro si erano invece incredibilmente arresi subito
nel primo impegno a Ibrox, piegati 1-0 da un frizzante Hamilton. In 15000 si
mossero da Paisley per sostenere i propri beniamini. Al 33° del primo tempo
l’eccentrico e ossigenatissimo nonché scaramantico Ian Ferguson segna per i
“Buddies”. Ferguson aveva infatti il vizio di giocare con un lembo della maglia
sul lato destro fuori dai pantaloncini. Ma quando sembrava che le cose ormai
fossero indirizzate per il verso giusto arriva la doccia fredda, in fin dei
conti siamo pur sempre in Scozia. E così Gary MacKay dei “Jambos” va a segno
impattando la gara con un tiro da breve distanza che prima accarezza il palo e
poi si deposita alle spalle della porta difesa da Money Campbell. E il momento
della paura, si insinua una sensazione strana nella mente dei tifosi del St.
Mirren, una sorta di “deja Vu” il ricordo di aver perso ben quattro semifinali
nei primi anni ottanta. Ma questa volta il destino non si accanirà. Mentre su
Hampden brilla un tiepido sole e le ombre lentamente incominciano ad
allungarsi, e i supplementari bussano spazientiti, Frank McGarvey raccoglie a
centro area una spizzicata di testa di un suo compagno e chiude la partita.
McGarvey aveva mantenuto la promessa. Lui e i suoi ricci scomposti avevano
incominciato a Love Street la carriera segnando in quattro campionati la
bellezza di 52 reti. Nel 1979 Paisley è nel suo destino, ma non si tratta della
cittadina alle porte di Glasgow, bensì questa volta di Bob Paisley l’allenatore
del Liverpool che si infatua del ragazzo e lo porta ad Anfield per 270000
sterline. Al Liverpool però McGarvey non riesce a farsi spazio in mezzo a
tanti, troppi campioni. Dopo dieci mesi sulle rive della Mersey tornerà in
Scozia al Celtic che nel frattempo si era interessato a lui. Cinque anni a
Parkhead e 78 sigilli, per poi tornare nel 1985 là dove tutto era iniziato, a
Paisley nel St. Mirren, con la promessa di vincere qualcosa d’importante. Billy
Abercrombie è il capitano che accompagna in campo i ragazzi di Alex Smith il 16
maggio 1987 all’Hampden Park di fronte a 51782 spettatori. Maglia
sostanzialmente bianca griffata adidas con impercettibili striscioline nere e
sponsor rosso “Clydeside”. Il Dundee United fa paura, i tangerines vanno
addirittura in vantaggio con David Bowman, ma il goal viene annullato per un
discutibile fuori gioco, scatenando un nugolo di proteste intorno al signor
Kenny Hope. Per il resto del tempo l’incontro si trascina senza troppe emozioni
e questa volta l’epilogo dei supplementari è inevitabile. E così mentre i
Simple Minds cantavano “Live in the City of Light” e guadagnavano per un
periodo la vetta della hit parade britannica, nel secondo tempo supplementare
ad accendere le luci su Paisley ci pensa Ian Ferguson che sfugge di forza alle
maglie della difesa dello United e spara un bolide su cui Billy Thompson non
può far niente. St. Mireen 1, Dundee United 0. Gli ultimi attimi sembrano
interminabili, lenti, quasi infiniti come gli inverni scozzesi. Al triplice
fischio è il tripudio. Billy Abercromby diventa il nuovo capitano a sollevare
al cielo di Glasgow la Coppa di Scozia, dopo David Lapsley nel 1959. Un giorno
storico, il 16 maggio 1987, il giorno dell’ultimo miracolo dei santi di
Paisley.
di Sir Simon
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