domenica 24 marzo 2013

In the Saddle...


29 novembre 1983.

Adesso non avevano più paura. Non potevano averne. Ora, che avevano espugnato Highbury, battendo in rimonta un confuso e imbarazzato Arsenal per 2-1, ed erano usciti dallo stadio festeggiando con i propri tifosi arrivati in massa a Londra, portando in trionfo Mark Rees e Ally Brown. Gli uomini che con le loro reti caparbie e scaltre, si erano guadagnati un posto di diritto nella storia quasi centenaria dell’ Walsall FC. Mentre intanto, dall’altra parte dell’impianto, sotto le luci velate dalla nebbia d’autunno, la North Bank gridava “Neill must go”. I saddlers avrebbero giocato le semifinali della League Cup, guidati dall’intraprendente e coriaceo Alan Buckley da Mansfield. Un traguardo di assoluto prestigio, giunto dopo una cavalcata iniziata in agosto, eliminando nell’ordine Blackpool, Barnsley, Shrewsbury Town, e infine, come detto, i gunners a casa loro.

Cavalcata è il termine esatto, si evince dal soprannome del club che non lascia spazio ad altre possibilità. I sellai. Una cittadina quella di Walsall situata nella contea metropolitana delle West Midlands, nel cuore dell'Inghilterra, dove si avverte a un passo il respiro della grande Birmingham, la seconda città del Regno Unito. Walsall è stata un centro prospero nel campo manifatturiero e del mercato fin dal medioevo al punto da prendere l’appellativo di “città dei cento commerci”; La capitale mondiale della pelle. Ed è appurato che le migliori selle inglesi siano costruite proprio a Walsall, nel rispetto di una tradizione secolare, anche se, ormai, le zone industriali stanno diventando un’entità sempre più estranea al popolo inglese, proprio perché, qui come altrove si produce sempre meno, al punto che rischi di perderti attraversando certe vie anonime e tutte uguali, dove la gloria del passato finge di apparirti solo per un attimo in un rapido riflesso su pozzanghere tristi.

Esaurita la sbornia londinese, il sorteggio aveva regalato al Walsall un viaggio a Anfield, per la partita di andata delle semifinali di Milk Cup. Poi ci sarebbe stato il ritorno a Fellows Park, anelando segretamente affinché non restasse un’inutile appendice in caso di sonora batosta subita a Liverpool, come qualche addetto ai lavori già paventava. Certo, sarebbe stata dura, i saddlers avevano conquistato Highbury, è vero, però quell’Arsenal dell’nordirlandese Terry Neill, ad essere del tutto sinceri non appariva poi così irresistibile. I biancorossi di Islington, avevano segnato grazie a una conclusione in corsa del versatile Stewart Robson, ma si erano fatti sorprendere nell’azione del pareggio e irridere a cinque minuti dal termine a causa di un ignobile pasticcio del lungo colored Chris Whyte, che probabilmente si stava chiedendo se in quel momento si trovasse a difendere l’area dei gunners oppure seduto su una panchina a Gillespie Park a contemplare il senso della vita. Due anni dopo con il fagotto rattoppato di quel pallone velenoso in spalla, partirà disincantato per gli Stati Uniti a cercar fortuna nel “Soccer” americano, da dove ritornerà nel 1988 per approdare al WBA.

Il confronto appariva impietoso. Uscire indenni da Anfield in quel periodo era congiunzione astrale che accadeva più o meno, come il passaggio della cometa di Halley sulle nostre teste. Il Walsall una squadra di terza divisione, mentre il Liverpool negli ultimi sette anni si era già sistemato in museo tre Coppe dei Campioni, una Coppa Uefa, tre Coppe di Lega consecutive, e cinque titoli di Campione d’Inghilterra. Una corazzata, guidata da Joe Fagan, che aveva appena rilevato in panchina Bob Paisley, avente in campo undici fenomeni con la maglia rossa che si trasformavano come inebriati, in una sorta di delirio agonistico, investiti dalle note malinconiche e struggenti di You ll’never walk alone. Come opporsi. Come porre un freno, e limitare i danni, come poter sperare, di avere un briciolo di opportunità per andare a giocarsi la finale a Wembley.

I saddlers a una prima fugace occhiata, apparivano una squadra di liceali in gita turistica. Il trio di centrocampo David Preece, Craig Shakespeare e Gary Childs, aveva un'età media di 19 anni. Tra gli altri, Kenny Hooper e il cervellotico Mark “Psycho” Rees, apparivano elementi solcati da rughe di vita e infanzie disagiate, ma che alla fine, all’anagrafe anche loro risultavano poco più che ventenni. C’era gente che nei sabati pomeriggio degli anni precedenti aveva visto gente bere birra e mangiarli in faccia fish & chips appoggiata a tentennanti balaustre di legno, negli ameni campi della Non –League. Nomi sconosciuti non solo alla nobiltà, ma anche alla borghesia calcistica, tipo Ron Green e Richard O'Kelly. Oppure, giocatori pescati fra i rivali locali, della fuligginosa Black Country: AstonVilla, Birmingham City e West Bromwich. Come Colin Brazier, Kevin Summerfield, Phil Hawker e lo sfortunato Ian Handysides. Un po’ d’esperienza si poteva trovare forse in Brian Caswell, e nel capitano Peter Hart, ex giocatore dell’Huddersfield, detto il reverendo, perché a fine carriera fu ordinato ministro della Chiesa d'Inghilterra e diventò vicario della parrocchia di St Lucke’s a Cannock. Infine il veterano Ally Brown, l’attaccante che aveva infilato Pat Jennings sotto la Clock End, facendo apparire i suoi baffi sornioni sulle pagine dei quotidiani del giorno dopo.

I Reds, non avrebbero per nessuna ragione sottovalutato e tenuto in scarsa considerazione avversario e partita. Le ultime tre vittorie di seguito nella manifestazione stavano lì a testimoniare un vangelo, dove il credo mutuato in vittorie veniva ripetuto sotto forma di laica preghiera ogni sera prima di andare a dormire. Per Alan Buckley una piccola fortuna c’era a dirla tutta. Ad Anfield, non ci sarebbero stati per la prima gara né Greame Souness, né Kenny Dalglish. Tutto sommato, non era poco. Una grazia da prendere, e fare inchino di riconoscenza al destino. L’incontro d’andata come riporta il programma si giocò il 7 febbraio 1984, alle 19.30 inglesi, quando le brume delle Mersey si mischiavano ai vapori dei cori della Kop, e ai fraseggi corti e pazienti dei Reds, in una sorta di stucchevole anticamera, a cui seguivano temibili e pungenti offensive, spesso letali che ormai non solo l’Inghilterra conosceva, ma un po’ tutta l’Europa del pallone. Il Walsall nella bella maglia blu da trasferta griffata Patrick, fa quello che può, finché fu costretto a capitolare quando una girata di Ian Rush innescò l’accorrente Whelan per l’1-0. Pareva un copione già scritto. E invece in barba a facili pronostici la serata si riaccese, grazie a un erroraccio del folletto Sammy Lee che smarrì maldestramente un pallone in area di rigore, che O’Kelly con un colpetto da biliardo fece scorrere lungo la linea di porta, e i precipitosi Phil Neal e Gary Gillespie non ottennero niente di meglio che un groviglio di gambe che spinse la palla in rete per un autogol apparso probabilmente evitabile. “Unbelievable”, certo.

Un pareggio a fine primo tempo per i saddlers era quanto di meglio potessero attendersi, ma adesso, la fenice ferita cercava vendetta e il ristabilimento delle giuste gerarchie. E allora Craig Johnstone, che la faccia da pittore naif c’è l’aveva, con quella massa scomposta di ricci ribelli e scuri, tracciò una pennellata d’autore che terminò esattamente sulla testa dell’onnipresente Ronnie Whelan, e l’irlandese siglò perentoriamente la sua doppietta personale riportando avanti il Liverpool a metà ripresa. Nonostante tutto l’istrionico Buckley lesse nelle pieghe del match, intuì che difendersi sarebbe stato come far sentire l’odore del sangue ad uno squalo, e allora ci prova. Butta dentro un attaccante, Kevin Summerfield, al quale il piccolo, scattante, e estroso David Preece servì un invitante assist che il neo entrato trasformò in un pallonetto delizioso infilatosi alle spalle di un esterrefatto Grobbelaar. 2-2. E poteva anche non finire lì, se Mark Rees non avesse perso una grande occasione fracassando la palla sull'esterno della rete rossa di Anfield, per quella che sarebbe stata una vittoria assolutamente da ricordare negli annali.

Walsall era comunque entusiasta. I suoi ragazzi erano ampiamente in corsa per andare a Wembley, dove la storia fatta col senno di poi, gli avrebbe consegnato l’Everton e l’Europa, perché anche in caso di sconfitta nell’atto conclusivo, per il piccolo club di terza divisione delle West Midlands, si sarebbero aperte le porte della Coppa Uefa, considerando che l’undici di Howard Kendall la stagione seguente sarebbe risultato iscritto alla scomparsa Coppa delle Coppe grazie alla futura vittoria in FA Cup. Una logica ferrea e oserei dire suggestiva, ma solo fatta alla luce chiara dei posteri, e che evidentemente, purtroppo per i saddlers, non si verificò.

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Oggi all’angolo fra Hilary Road e Bauges Lane a pochi metri dalla ferrovia c’è un supermercato. Il Morrisons. Nel 1984 c’era Fellows Park il vecchio stadio dei saddlers, costruito nel 1896 dopo la fusione di sei anni prima fra i due sodalizi calcistici cittadini. Un amalgama fra lo Walsall Town e lo Walsall Swifts, che infuse la scintilla di vita al “moderno”Walsall FC.

Il 14 febbraio 1984 nel giorno di San Valentino, per la partita di ritorno c’erano forse più di ventimila persone al Fellows, una roba che non si vedeva più dai tempi di Colin Taylor, la leggenda da 184 goal spalmati fra il 1958 e il 1973. A onor del vero di gente c’è n’era fin troppa. Da Liverpool erano arrivati in tanti, e forse qualcuno, anzi più di uno, senza nemmeno il biglietto d’ingresso in tasca.

Comunque si gioca, atmosfera elettrica. Ad Alan Buckley chiedono il miracolo, ma lui alla fine non è un mago né tanto meno un profeta. Poi dopo un quarto d’ora, un tonfo. Sordo, quasi un grugnito. Polvere, grida e lamenti. Sotto il peso di centinaia di persone, un muro di sostegno della stand lato ferrovia collassò su se stesso e una ventina di tifosi resteranno feriti. A dare i primi soccorsi, Greame Souness che qualche fotografo immortalò mentre trasporta al sicuro un bambino tenendolo fra le braccia. Fortunatamente le conseguenze non saranno gravi per nessuno, ma poteva andar peggio. Fatto sta che nel 1990 il Bescot Stadium, che ha sostituito Fellows Park, è stato uno dei primi nuovi impianti costruiti a seguito del rapporto Taylor in merito alle nuove disposizioni di sicurezza negli stadi inglesi. La partita viene portata a termine, anche se è indubbio che l’episodio abbia turbato più i ragazzi di Buckley, che l’oramai esperto e navigato gruppo di Fagan. Eppure qualche occasione il Walsall riuscì a crearsela con Richard O'Kelly, al quale disse di no Bruce Grobbelaar, e con Ally Brown, il cui tirò sfiorò il palo. Solo che, il Liverpool, quella sera in una sgargiante divisa gialla, aveva là davanti un tipo come Ian Rush, che potrà pure aver deluso qualcuno nella sua triste esperienza italiana, ma finché ha indossato la maglia del Liverpool, in area di rigore si è sempre dimostrato un autentica sentenza. Suo il goal del vantaggio dei reds che allontanò sogni proibiti dalla testa dei sostenitori di casa, spazzati via poi completamente a inizio secondo tempo dal solito Whelan per il secco 2-0. Va detto che il Walsall non mollò fino alla fine mostrando indomito coraggio e intraprendenza. Saddlers, Brown, e Kevin Summerfield, mancarono di poco quel goal che riavrebbe acceso la speranza, ma così non fu, e il Liverpool se ne andò in finale a vincere la sua quarta coppa di Lega consecutiva. Cavalcare fino a Wembley si dimostrò impresa troppo ardua anche per dei sellai..


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di Sir Simon

giovedì 28 febbraio 2013

British Football Tour


Ecco il racconto di Mirko sulla trasferta a Preston e dintorni di 3 GBS (Mirko, Marco e Andrea) ed alcuni amici.


Si parte da Orio al Serio, dopo aver scattato le prime foto con bandiera e sciarpe ufficiali del branch GBS sotto lo sguardo incuriosito dei turisti in partenza.



Sull'aereo una signora nota il giglio sulle sciarpe e chi chiede se siamo tifosi della Fiorentina, poi del'Inter, per poi rassegnarsi al fatto che seguiamo una squadra inglese!

Lasciamo Milano con il sole e atterriamo a Manchester trovando il classico cielo inglese, questa volta però è la neve ad accoglierci, infatti da quando mettiam piede sul suolo UK la neve non smetterà di cessare fino al giorno seguente.

  


Dopo aver ritirato le auto e aver rischiato qualche anno di vita nel capire come funziona la guida a destra, arriviamo al nostro albergo ai confini di Manchester, precisamente ad Oldham, cittadina a nord est della città.

Ci lanciamo subito in una pinta di benvenuto nell'albergo di fianco all'hotel(preciso!) e alla sera ci lanciamo nel centro di Manchester nonostante la neve continui a persistere rendendo le strade impraticabili.




  


Bellissimo il centro cittadino con il Manchester Town All posto in pieno centro città tra pub e un centro commerciale di nuova costruzione.


   

Ci dirigiamo verso i 2 pub più famosi del centro, l'Old Wellington Hill e in Sinclair's Oyster Inn scegliendo il secondo e regalandoci una serata all'insegna di altre pinte!

Bello il centro di Manchester, molto caratteristico con il Town All, il fiume che scorre attorno, i classici pub inglesi e una galleria piena di ristoranti e locali in cui si svolge la movida mancuniana.


   

Il giorno dopo sveglia presto, la neve è scesa tutta la notte ma questo non ci impedisce di raggiungere la nostra prima destinazione: il Boundary Crescent, stadio dell'Oldham Athletic Football Club!

   

Dopo un cammino tortuoso nel mezzo della neve entriamo nell'impianto, aperto per nostra fortuna!

  

  

  




Da fuori è un impianto vecchio stile, con un fascino old style che mi fa venire in mente il film Il Maledetto United, ma dentro è ancora più bello con la scritta LATICS su una tribuna e un'intera stand con posti in piedi!
Ci mettiamo a fare le foto ai tifosi che puliscono il campo, questi di risposta ci tirano le palle di neve invitandoci ad aiutarli, domani in casa loro arriva il Liverpool e vogliono che sia tutto pronto per poter giocare il match!
Giriamo per lo stadio, andiamo a vedere i sedili dirigenziali, le panchine vecchissime in mezzo ai tifosi e passando dall'interno ci dirigiamo verso il nostro primo shop da saccheggiare!
Shop bellissimo e fornitissimo nonostante sia un club di terza divisione inglese, con sciarpe, tazze e gagliardetti commemorativi per il match storico del giorno dopo!

    

Me la cavo con il completo della prima maglia, un peluche a forma di gufo da regalare alla ragazza(doveroso), la sciarpa del match e il portachiavi con il logo.

L'amico Joe mi fa sentire un novellino spazzolando tutti e 3 i completi più la sciarpa e una maglietta da allenamento, sono un dilettante!

La cassiera data la sorpresa di incontrare turisti italiani nel loro stadio(di solito i turisti vanno all'Old Trafford o al City of Manchester), ci fa parecchio sconto, gesto molto carino che in altre nazioni non sarebbe stato possibile!
Ripartiamo soddisfatti, lo stadio ci è piaciuto tantissimo e l'atmosfera era proprio inimitabile, come solo il calcio inglese sa regalare!

Per la cronaca l'Oldham ha compiuto l'impresa il giorno dopo il match vincendo 3-2 contro i Reds...la nostra sciarpa ha portato fortuna e avrà ancora più valore in futuro!

Tornati alle macchine e con qualche difficoltà nell'uscire dai parcheggi innevati, iniziamo il nostro vero "tour" dirigendoci verso Blackburn per saccheggiare lo store di Ewood Park e poi andare a Preston a goderci i Whites dal vivo!


Arriviamo a Blackburn dopo un viaggio di 3/4 d'ora, la città è piccolina, ma l'impianto è ben visibile seguendo i cartelli stradali.

Ewood Park è maestoso, stadio di grandi dimensioni e affascinante come pochi visto da fuori, capienza di 51000 spettatori per una cittadina di soli 100000 abitanti!

  





Lo stadio ha sulla facciata le foto dei giocatori più importanti della storia dei Rovers e lo store è pieno di fotografie inneggianti alla squadra che nel 1995 vinse la Premier League guidata da Alan Shearer e Teddy Sheringham.
Store parecchio più grande di quello dell'Oldham(e vorrei ben vedere), che viene come al solito saccheggiato..io esco con una replica della maglia con cui vinsere la PL e un portachiavi + spilletta del Blackburn.




Next Step: Preston!

Arriviamo a Preston attorno a mezzogiorno, decidiamo di sostare in un centro commerciale e fare un giro da SportDirect (c'è 70% di fuori tutto, perchè non approfittarne per qualche maglia?)

Si fanno le 2 ed è il momento di dirigerci verso la nostra destinazione: Deepdale!

Lo stadio è li vicino al centro commerciale, si vedono i piloni sopra i tetti delle case, quindi ci dirigiamo a piedi insieme agli altri gruppetti di tifosi.


Inizio ad accorgermi che la gente ci guarda incuriosita, per via della sciarpa e della bandiera con scritto "ITALIAN", passiamo nelle viette che sbucano sul retro dello stadio ed eccoci davanti a Deepdale!
Stadio bellissimo da fuori, stadio vecchio stile, ma sembra nuovissimo grazie alla ristrutturazione dei primi anni 2000.

  

Facciamo tutto il giro e attorno ci sono negozietti che un tempo devono essere stati gli store ufficiali dell'impianto, cosa che lo rende ancora più affascinante.




Facciamo qualche foto davanti all'ingresso, consegniamo una sciarpa del branch ufficiale e ci dirigiamo davanti ad un paninaro per mangiare qualcosa, mentre facciamo le foto veniamo avvicinati da parecchi tifosi che incuriositi ci chiedono se siamo del del branch italiano di cui hanno sentito parlare.
Alcuni di loro ci chiedono di fare delle foto ricordo e la cosa mi entusiasma molto, sembrano felici che la loro squadra abbia un seguito addirittura in Italia!


Fatto questo e ritirati i ticket ci dirigiamo dentro l'impianto passando dai soliti tornelli larghi meno di 30 centimetri...siamo in Alan Kelly Stand, il settore più caldo della tifoseria PNE.

Con mia delusione scopriamo che le prime 5 file sono chiuse per la neve caduta gli scorsi giorni, avendo prenotato alla quarta ci hanno dato i posti in 35a fila, quindi abbastanza lontani dal campo...un vero peccato...




Sistemiamo però la bandiera del branch e quella italiana dietro la porta, così da essere inquadrata dalla telecamera, e dopo aver stretto la mano a molti tifosi orgogliosi di noi ci dirigiamo ai nostri posti.
Vicino a noi c'è molta atmosfera, ci sono molti ragazzini(cosa insolita nelle curve british) con tamburi che incitano a gran voce la squadra, genitori che cantano con i figli che urlano.

  





La squadra va un po immeritatamente in vantaggio, per poi essere raggiunta subito e venir rimontata dal Coventry con delle disattenzioni allucinanti della difesa.

A dire il vero avevamo rischiato in parecchie occasioni con degli svarioni clamorosi, il vantaggio non è poi così immeritato!

Il pubblico rumoreggia, Westley non è amato per nulla e le continue sconfitte lo han fatto odiare dal pubblico, ovviamente partono molti cori che inneggiano a WESTLEY OUT!

Nonostante questo la squadra ha una reazione di orgoglio e trova il pareggio, proprio sotto di noi e va ad esultare proprio dove avevo acquistato i biglietti io...che nervoso!!

La partita finisce e rimaniamo gli ultimi nello stadio per fare mille foto all'impianto, molto bello e su ogni tribuna c'è una foto dei giocatori più importanti della storia del club (Tom Finney e Bill Shankly su tutti).

  

Lo steward si offre di farci qualche foto con le bandiere e fatto questo usciamo dallo stadio dando un ultimo sguardo alle tribune completamente vuote...

  

Ovviamente finiamo allo store e facciamo razzia di tutto quello che riusciamo a trovare...lo store è molto grande quindi troviamo di tutto e sopratutto a metà prezzo per gli sconti invernali.
Mi accontento della maglia home della stagione attuale con calzettoni, una felpa del PNE, una spilla e un portachiavi!
Usciamo ripercorriamo la strada a ritroso lasciandoci alle spalle il caro Deepdale, stadio che mi è piaciuto tantissimo e che mi ha trasmesso molte emozioni...spero di tornarci a far visita molto presto!

  

Raggiungiamo l'hotel, con qualche difficoltà nel pacheggiare l'auto dati i mille piloni ogni metro quadro!

La sera ci dirigiamo a cena, poi ci infiliamo in un pub al centro di Preston, ma data l'età molto avanzata dei clienti ci dirigiamo al The Sumners(di solito pub dei tifosi del Preston), dove purtroppo non troviamo nessuno e ci concediamo l'ennesima birretta.

  

A dormire presto e il giorno dopo si riparte, Paolo ci abbandona avendo il volo lo stesso giorno e fa ritorno da solo verso Manchester...noi invece ripartiamo carichi...la destinazione è la Scozia e precisamente Dundee!





  
Dopo aver percorso un 3-4 ore di viaggio per le autostrade britanniche (fluide, senza traffico e sopratutto senza caselli!) raggiungiamo Dundee che si trova più a nord-est rispetto a Glasgow. 

Parcheggiamo di fianco allo stadio, anzi ai 2 stadi del Dundee FC e Dundee United FC.


     

Questi 2 stadi sono famosi perchè sono gli stadi più vicini del Regno Unito, il Dens Park(casa del Dundee FC e nostra destinazione), e il Tannadice Park(casa del Dundee United) distano meno di 200 metri l'uno dall'altro!


 


Andiamo allo store dove ritireremo i nostri biglietti che ci son stati forniti da Manuel Pascali, giocatore italiano che milita nel Kilmarnock che giocherà questa partita in trasferta. 

  

Ritirati i biglietti ci dirigiamo all'interno, destinazione tifosi ospiti!

Lo stadio è molto caratteristico, piccolo ma molto accogliente e tifosi molto calorosi nonostante la squadra sia ultima a 12 punti dal penultimo posto! 

Dopo aver rischiato parecchie pallonate durante il riscaldamento pre partita(allenamento punizioni non troppo riuscito), seguiamo il match insieme ai tifosi Killie che cantano come dei pazzi per sostenere la loro squadra in trasferta.


  

Il tempo è gelido e c'è qualche tifoso addirittura con la coperta dato il vento pungente.


Il Dundee va in vantaggio e sentiamo il boato di tutto lo stadio(da batticuore), ma l'arbritro annulla per un mani inesistente...sarà questa l'unica mezza rete del match perchè il risultato finale è di 0 - 0. 

 


Usciamo dallo stadio e come ormai consuetudine ci lanciamo nello shop(anche per riprendere un po di calore) e acquisto una replica della maglia con cui i Dee vinsero la Scottish Premier League nel 1962, la solita spilletta, il solito portachiavi e un braccialetto.

Stiamo dentro fino alla chiusura e usciamo quando siamo sicuri che stiano uscendo dallo stadio i giocatori, vogliamo aspettare Pascali, scambiare 4 parole con lui e ringraziarlo dei biglietti forniti.

Nonostante l'attesa al freddo sotto la pioggia(un grazie alla guardia che no ci ha voluto far stare all'interno della sala di attesa) iniziano ad uscire i giocatori del Dundee e Kilmarnock, alcuni si dirigono a piedi a casa con la borsa in spalla, altri li vengono a prendere le famiglie.

Esce finalmente Pascali che sentendoci parlare in italliano ci riconosce, ci chiede come ci siamo trovati in Scozia, il motivo del nostro viaggio e come mai ci piace così tanto il calcio british.
E' gentile e disponibile e si lascia andare ad una frase di frustrazione parlandoci del calcio italiano e di come i giocatori/dirigenti facciano di tutto per allontanare il pubblico dagli stadi.

Ci racconta che i supporters della sua squadra sono molto numerosi in trasferta e che la sua squadra(di cui è capitano) non ha un vero e proprio campo di allenamento ma si allena alla periferia di Glasgow.
Ci consiglia qualche ristorante italiano in centro Glasgow e ci congediamo da lui(dato che il pullman della squadra stava aspettando lui per ripartire), foto di rito e ci dirigiamo verso le macchine per fare ritorno a Glasgow dove dormiremo la notte.



Dopo 2 orette di viaggio arriviamo a Glasgow, è ormai tardi e dopo qualche fatica nell'aver trovato l'albergo(sempre TravelLodge) decidiamo di andare in un pub dato che nella nostra via ce ne sono parecchi.

Notiamo che sono da entrambi i lati della strada e ci chiediamo come mai siano così vicini l'uno dall'altro, entriamo in uno e qualche ora dopo capiremo il perchè.



Dentro è pieno di gente in piedi, gente tatuata e con parecchi sfregi in viso, tutti che ovviamente ci squadrano chiedendosi chi fossimo...quasi tutti sono ubriachi persi e il fatto che son scozzesii di certo non aiuta a capire cosa dicono.

Scopriamo di essere in un pub tana dei tifosi del Celtic!

Dopo aver detto ad uno scozzese un po fatto che eravamo italiani in tour calcistico la voce si sparge e diventiamo le star della serata.

Molti ci stringono la mano e vogliono raccontarci un sacco di cose sull'Italia quando nel 2007 venirono a vedere il Celtic contro il Milan a San Siro.
Ci raccontano che amano l'Italia e le loro donne(a vederle in effetti come dargli torto), che San Siro è magnifico e l'atmosfera emozionante.

Dicono tante altre cose, ma quasi tutte ci sfuggono, già capire lo scozzese è difficile, figuriamoci uno scozzese ubriaco!

C'è anche la moglie di uno di loro che parla con noi e inizia a cantare dicendoci di seguirla...canta "Follow Follow We Will Follow Rangers" e restiamo un po perplessi dato che il pub è dei tifosi Celtic.

Ci spiega che lei tifa Rangers e che i pub dall'altra parte della strada sono tutti loro, mentre nel lato dove siamo noi sono quelli Celts.

Inizia a battibeccare con il marito dicendoci che lei è fedele alla regina e al Regno Unito, cosa che viene insultata dal marito con frasi di insulti verso "the Queen", la loro rivalità è anche questo del resto...religione e idee politiche totalmente opposte che rendono questa rivalità molto sentita e difficile da trovare in altre squadre nel mondo.

Il pub chiude presto, son solo le 23 e la domenica nel Regno Unito son fiscalissimi, purtroppo l'alcool è un problema serissimo e tenere i locali aperti fino a tarda notte creerebbe troppi problemi, soprattutto per i più giovani.

Torniamo quindi a casa, ancora emozionati per l'accoglienza unica che ci hanno riservato, difficile spiegare come ci siamo sentiti, addirittura un ragazzino ci ha salutato 9 volte perchè provava ad uscire dal locale ma tornava sempre da noi.

Il giorno dopo ci svegliamo presto, io ho qualche difficoltà nell'infilare tutti gli acquisti in valigia...ho fatto male i conti all'andata e devo tirar fuori tutte le mia capacità di incastrare le cose!



Andiamo a piedi fino al centro di Glasgow, con la solita pioggerellina ad accompagnare il tragitto, vediamo la stazione di Glasgow(Central Station), molto bella e caratteristica e ci fermiamo subito al primo store del Celtic sulla strada.


 

Prezzi da capogiro, unico punto in cui tutto è venduto a prezzo pieno(maglie a 50£), io però mi innamoro della seconda maglia e resisto fino al primo SportDirect in centro dove la compro senza esitazioni(45£, più onesto!).


Troviamo una catena di negozi sportivi che vende anche maglie delle altre squadre di Glasgow(Partick Tistle su tutte) e Joe non si smentisce acquistando anche quella!

Il centro di Glasgow mi è piaciuto, soliti negozi, ma anche architetture affascinanti.

 

E' già mezzogiorno però e alle 17 dobbiamo essere a Manchester per riconsegnare l'auto e prendere il volo del ritorno, ma prima ci concediamo il lusso di una gita all'Hampden Park, tempio della nazionale scozzese! 


Stadio da 60000 posti che ha anche ospitato la finale di CL tra Real Madrid e Bayer Leverkusen, nonchè campo dove gioca il Queens Park Glasgow, squadra di quarta divisione scozzese che riempie a malapena un terzo dello stadio.

  

Ultimo panino in uno dei tanti fast food economici davanti allo stadio e ripartiamo per tornare in Inghilterra, destinazione aereoporto di Manchester.

All'andata graziati da un misterioso sole, siamo meno fortunati al ritorno dove piove in maniera intensa per tutte le 4 ore di viaggio.

La mia brillante opera di incastro degli acquisti è smontata diabolicamente dal metal detector che decide di suonare al passare della valigia, la valigia viene aperta, ma per fortuna l'oggeto colpevole viene subito trovato e non mi viene chiesto di togliere tutto il resto, sarebbe stato un dramma!
Ripartiamo entusiasti della nostra avventura...gita e compagnia veramente splendida...un tour all'insegna del football tra stadi, store e saccheggi da SportDirect!
Manchester e Oldham sotto la neve, Preston tenendo alto il nome del Fans club italiano, Dundee tra i tifosi del Kilmarnock e avventure tra i tifosi festosi del Celtic...emozioni uniche che solo il calcio british può regalare.

Alla prossima sweet UK!!!

di Mirko