A Leeds l'inverno è talmente egocentrico, che ogni anno
pretende di essere il più freddo di sempre. Scatena un vento pungente che ti
sferza la faccia, duro, come le vocali strette degli inglesi del nord. Un
inverno così lungo, che sembra nessuno si ricordi cosa c'era prima, a parte
quella breve parentesi autunnale che piega gli alberi e riempe le strade di
foglie morenti. Il sole? Una band d'apertura che si sgola qualche minuto e poi
cede il passo al protagonista. A precipitazioni prive d'indulgenza che si abbattono
al suolo tramando contro l'eroismo di piccoli fiori sbocciati nei giardini di
Bramley, di Horsforth o di Roundhay. Ma, no. Non spaventiamo nessuno. Lo
scenario non è così cupo. Anzi. La città brulica di vita e di attività, essendo
uno dei centri finanziari più importanti dell'intero paese. Affollatissime le
zone pedonali, piene di negozi, ristoranti, gallerie, pub che chiudono a tarda
ora, e locali alla moda pieni di studenti in Erasmus. Su tutto si erge, lungo
l’argine del suo canale anche l’imponente ed austero edificio della Royal
Armouries. In ogni caso benvenuti a Leeds, la porta d'ingresso dello Yorkshire,
dove le brughiere si alternano ai villaggi, in un coloratissimo patchwork di
colture e vegetazioni diverse.
Benvenuti nella città del Leeds United AFC. Ma non iniziamo
subito ad associare questa squadra con quella che per circa un decennio, a
cavallo fra gli anni 60 e 70, visse un autentico periodo da protagonista sia in
Inghilterra sia in Europa, raccogliendo trofei importanti, ma anche beffarde
sconfitte e conosciuta con il celebre sopranome di dirty Leeds. Si è vero, non
erano una comitiva di santi, ma alla fine, nel calcio l'aggettivo “sporco” o
“cattivo” potrebbe fare compagnia a molte altre squadre che si vantano di avere
una fedina penale pulita e che invece di misfatti dentro e fuori il rettangolo
verde ne hanno combinati diversi. Non ci distraiamo, torniamo alle origini
allora. Fumi, rumori, abitazioni povere e umide. E' la Leeds del 1904. Quando
all'anagrafe cittadina questo club aveva un nome diverso. Leeds City. Ma il
sodalizio venne radiato dalla Federazione nel 1919 a causa di certi pagamenti
illegali compiuti per l'acquisto di alcuni giocatori durante il periodo del
primo conflitto mondiale. Tra i coinvolti anche il futuro tecnico dell'Arsenal
Herbert Chapman che successivamente se la cavò grazie a un amnistia. Ma non si
poteva restare senza calcio. E quasi subito si decise di formare un nuovo club
che rappresentasse la città, ed ecco il Leeds United. Primi anni nella Midland
Football League, un campionato di seconda fascia dove spesso giocavano le
squadre giovanili delle formazioni della prima divisione. E fu proprio grazie
al posto vacante lasciato dalla formazione riserve del Leeds City che la neonata
formazione poté iscriversi al torneo. Nel 1920, la squadra venne riconosciuta a
tutti gli effetti, acquisendo così il diritto di partecipare ai campionati
nazionali. In quello stesso anno il club venne acquistato da Hilton Crowther,
ricco proprietario di un lanificio nonché dell' Huddersfield Town, deluso dalla
scarsa partecipazione del pubblico dei Terriers, e a quanto pare invece
affascinato dalla grande passione della gente di Leeds. Non ci fu la fusione
tanto temuta dai tifosi di Huddersfield. Alla fine le due compagini rimasero
ben distinte e Crowther si dedicò esclusivamente allo United.
L'esordio ufficiale avviene in seconda divisione il 28
agosto 1920 contro il Port Vale, terminato con una sconfitta per 2-0, ma quello
che più contava in questo caso non era il risultato ma il ritorno all'attività
sportiva per i bianchi del West Yorkshire, che nell'anno di grazia 1923/24
faranno la loro prima apparizione nel massimo campionato. Ho volutamente
commesso un errore cromatico. Quel Leeds non giocava in bianco. Fino al 1934 le
divise presentavano un disegno a strisce verticali bianco blu. Richiamo voluto
al momento dell' aquisizione della squadra da Crowther nel tentativo poi andato
a vuoto di unire le due società. Nel settembre del 1934, arrivò l'adozione di
una maglia blu e oro simile all'emblema cittadino, e il nick name di "The
Peacocks". Intanto due anni prima nel 1932 nello storico impianto di
Elland Road l'attesa per la gara con l'Arsenal fu talmente febbrile e
coinvolgente che quattro ore prima il pubblico era già al suo posto ad
aspettare il fischio d'inizio. Era il 27 dicembre, e sotto le tribune
gocciolanti ai piedi di Beeston Hill, ci sono 56796 cappotti e probabilmente
altrettanti berretti. Il loro record d'affluenza resisterà per 35 anni. Gli anni
seguenti la seconda guerra mondiale si fanno luce giocatori come Willie
Edwards, Ernie Hart, e Wilf Copping, con quest'ultimo che si prende anche la
soddifazione di vestire la maglia della nazionale inglese. La storia a alti e
bassi del Leeds non conosce soste, nel 1947 ecco l'ultimo posto in campionato e
la conseguente retrocessione. Ma il sorriso dalle parti di Elland Road non
tarda a tornare. Al timone della squadra in quegli anni c'è Frank Buckley. Anzi
a dirla esattamente il Maggiore Frank Buckley. Nasce a Urmston nel Lancashire
nel 1882. Calciatore e soldato, farà della disciplina e del rigore morale la
sua filosofia preferita. Ma lo sguardo burbero non riesce nascondere una
malcelata gentilezza che lo renderà benvoluto e rispettato da tutti. Nel 1948
scova un colosso gallese dalla fisicità dirompente e dall'aspetto bonario. Si
chiama John Charles e gioca nello Swansea. Nel gennaio del 1949 firmerà il suo
primo contratto da professionista con il Leeds United. Centromediano dinamico e
sicuro, travolgente negli inserimenti offensivi con un colpo di testa a dir
poco strepitoso, ben presto si guadagnerà l'appellativo di “King John”. Un
idolo assoluto che nella stagione 1953/54 vincerà il titolo di capocannoniere
con l'invidiabile bottino di 42 reti. Ciò nonostante la squadra non toccherà i
vertici della classifica, a differenza degli anni successivi che vedranno il
club tornare prepotentemente in prima divisione. E' il 1956, ancora con
Charles, che questa volta metterà la sua sigla su 30 centri. Il gigante gallese
non risentirà nemmeno la differenza del salto di categoria. Nel torneo seguente
infatti le reti saranno 38. Ma quel campionato sarà segnato da un episodio che
la storia del Leeds e di Leeds non potrà mai dimenticare. L'incendio di Elland
Road del 18 settembre 1956. L'odore acre del fumo avvolge l'intera cittadina,
le fiamme iniziano a divorare la West End, per poi spargersi ovunque.
Ingoieranno palloni, divise, trofei, le attrezzature, gli spogliatoi, le stanze
degli amministratori, l'ufficio stampa e i generatori per il sistema di
illuminazione. Alla fine tutto era un enorme ammasso di macerie fumanti. Il
fuoco sembrò portarsi via non solo lo stadio ma anche il futuro stesso del
Leeds United. Ma qui abita gente orgogliosa, tenace. Nessuno vuole abbandonare
Elland Road. Nessuno vuole lasciare la casa in cui questo club è cresciuto.
Pochi giorni dopo l'incendio, in uno scenario quasi post bellico, gruppi di
spettatori si sistemerammo alla meglio fra i resti contorti e anneriti dello
stadio per assistere al match contro l'Astonvilla e al goal vincente del solito
Charles. Ma adesso bisogna rimboccarsi le maniche, e tirare fuori qualche
sterlina per la ricostruzione. “Qualche” non è il termine esatto, ne serviranno
130000. Un impegno economico che fra qualche lacrima di disappunto, non può
prescindere dalla cessione del calciatore di spicco del club. John Charles si
accaserà in Italia alla Juventus per 65000 sterline. A Torino con la coppia
Sivori, Boniperti, darà vita a un ciclo leggendario per i bianconeri. A Leeds
il contraccolpo è forte. Nel 1960 la squadra retrocede ancora in seconda
divisione.
Il vuoto della partenza di John Charles viene colmato con
l'arrivo di Donald George Revie. Uno nato a Middlesrough e che a 14 anni ha già
lasciato la scuola per giocare a calcio. Alle spalle una discreta carriera con
Leicester City, Hull City, Manchester City, Sunderland, prima di arrivare nello
West Yorkshire come giocatore nel 1958. In campo è incisivo e preciso, e dotato
di una buona visione di gioco. Come uomo assomiglia più a un commissario di
Scotland Yard, basette lunghe, capello ondulato, e una faccia rotonda con un
mezzo sorriso accennato, che prima ti legge dentro e poi chiude il tuo file in
un cassetto della memoria. Forse insieme a quello di qualche arbitro e
dirigente della federazione. Preparazione maniacale o tentativi di corrompere
l'avversario? Ad ogni modo la carriera di manager di Don Revie a Elland Road
parte nel 1961. Vuoi per emulare il grande Real Madrid dell'epoca vuoi per un
voto di scaramanzia in seguito a una salvezza rocambolesca, il nuovo tecnico
decide di modificare i colori ufficiali del club. Si passerà a un completo
totalmente bianco, dove negli anni a venire campeggieranno, gufi, acronimi
l.u.afc, rose, fino all'attuale crest moderno. Don Revie, aprirà un epoca. Come
successo in altri casi, dove una squadra aveva vinto poco o niente nel suo
passato, non appena nel 1964 fa ritorno nella massima serie, riesce a mettere
in fila una serie inaspettata di risultati. Non si tratta di poche brillanti
stagioni, non una meteora passeggera, ma di ben due lustri nei quali fu
recitato sempre un ruolo da protagonista. Dopo aver raggiunto il secondo posto
nei primi due campionati e una finale dell’ allora Coppa delle Fiere, nella
stagione 67/68 ci fu la conquista della Coppa di Lega e la stagione successiva
il tanto sospirato titolo di Campione d’ Inghilterra, con 67 punti. A sei punti
il Liverpool, a 10 l'Everton terzo classificato. Maggior numero di vittorie,
minor numero di sconfitte. In ogni competizione il Leeds riusciva ad arrivare
quasi sempre a contendere il titolo all’ avversario di turno. Ma
paradossalmente questa tenacia nel voler conseguire ogni traguardo impedì alla
squadra di Revie di vincere ancora di più. Spesso la squadra arrivava alle
partite decisive letteralmente spremuta, così si spiegano le numerose e
talvolta inaspettate sconfitte. Venne conquistata l’ unica FA Cup della propria
storia nel 1972 ma contornata da tre finali perse e non sempre contro avversari
di livello, due Coppe delle Fiere nel 68 e 71, la finale della Coppa delle
Coppe persa in maniera quantomeno sfortunata contro il Milan, e una serie
infinita di piazzamenti, nelle zone di prestigio del campionato. L' ultimo
acuto fu la conquista del secondo titolo inglese nel 73/74. La chiamata della
nazionale chiude anticipatamente l’era Don Revie, e il nuovo ciclo affidato
all’ emergente ed ex-nemico Brian Clough proveniente dal Derby County che però
termina mestamente dopo appena 44 giorni con un flop clamoroso. Nel mezzo la rissa
di Wembley fra il capitano storico Billy Bremner e Kevin Keegan del Liverpool.
Una squadra che annoverava nomi quali, John Charles, Jack Charlton, il regista
John Giles, Peter Lorimer, Norman Hunter; ed era etichettata come rude, sleale,
esibendo tali doti agonistiche in campo tanto da essere etichettata dagli
avversari a torto o a ragione come il Dirty Leeds. Raggiungerà in ogni caso la
finale di Coppa dei Campioni a Parigi guidata in panchina da Jimmy Armfield, ma
il Bayern Monaco si imporrà per due reti a zero.
Cominciano gli anni bui
caratterizzati dal ritorno in seconda divisione. Agli inizi degli anni 90, dopo
essere tornata nella massima serie, arrivò un inaspettato titolo grazie
soprattutto all’ innesto del talento di Eric Cantona. Cantona è un marsigliese,
istrionico, e ruvido. Nel gennaio 1992, andò in Inghilterra per effettuare un
provino con lo Sheffield Wednesday, allenato da Trevor Francis. Gli venne
offerto un secondo provino, ma ciò provocò il risentimento del giocatore, che
si ritenne offeso e decise di firmare per il Leeds United, diventando una
colonna della squadra che vinse il titolo nel 1992 sotto la guida saggia di
Howard Wilkinson. L'avvio del torneo, iniziato il 17 agosto 1991, fu favorevole
al Manchester City che vinse le prime tre partite. Alla giornata successiva i
rivali cittadini del Manchester United presero il via libera e tentarono la
fuga, tallonati dal Chelsea, dal Liverpool, e infine dal Leeds, che al
tredicesimo turno prese il comando solitario della classifica. Nelle successive
cinque giornate si alterarono al comando della classifica il Leeds, e i Red
Devils, che al termine del girone di andata erano con due punti di vantaggio
sui rivali. Il testa a testa tra le due squadre continuò anche all'inizio del
girone di ritorno e sembrò arrivare ad un punto di svolta quando, alla
ventottesima giornata, il Manchester United si portò a +4 sul Leeds. A partire
dalla trentesima giornata il Leeds recuperò lo svantaggio sui Red Devils
conquistando la vetta dopo due giornate. Al trentacinquesimo turno il
Manchester United riprese il comando solitario della classifica, ma dopo
quattro giornate i bianchi conquistarono definitivamente la vetta del
campionato, assicurandosi la vittoria con una giornata di anticipo e
concludendo con quattro lunghezze di vantaggio sugli uomini di Ferguson. Non
solo Cantona, quella era la squadra del portiere John Lukic, del terzino Tony
Dorigo e dei suoi ricci sempre perfetti, della grinta dell'Irlandese Gary
Kelly, del povero Gary Speed e delle sue scorribande, dell'esperienza di Gordon
Strachan, dello scozzese Mc Allister, delle due punte, Lee Champan, (inglese
barcollante ma puntuale sotto porta), e del velocissimo colored Rod Wallace.
Eric Cantona se ne andrà da Leeds nel gennaio del 1992. Troppo acute le sirene
dorate del Manchester United. All'Old Trafford arrivarono reti e successi e
anche un episodio negativo. Troppo brutto per essere vero. E Allora cancellate
il 25 gennaio 1995, scordatevi il Selhurst Park di Londra, togliete dalla
storia Crystal Palace-Manchester United. Eric Cantona forse finì il suo ciclo
nel sud della capitale inglese. Era il simbolo del Manchester, fu espulso per
un fallo su Richard Shaw. Protestò con l’arbitro, poi se ne andò. Nervoso,
verso gli spogliatoi. L’urlo dagli spalti, l’insulto. Lui parte: un colpo di
kung-fu con entrambi i piedi, i tacchetti di ferro sul petto di Matthew
Simmons. Uno che non doveva esserci quel giorno allo stadio: non tifava Crystal
Palace, ma Fulham. Era un ex carcerato, ex affiliato a un movimento di estrema
destra. Un violento. Il grido: “Fottuto francese di merda e deficiente”.
Assalto. Vergogna. Tutti scatenati contro il calciatore pazzo: “Cantona deve
essere cacciato per sempre dagli stadi di calcio”. “E’ indifendibile”. Eric
oggi non si difenderebbe neanche da solo. Sarebbe forse il primo a fare il
parallelo, a raccontare con voce impostata la solita parabola del campione che
gioca con la vita. Matto, sregolato, cattivo, sbagliato. Quelli su cui è sempre
bello e facile sparare: se le cercano. “Non è un vero attore, non può fingere,
non è un cialtrone”. Né calciatore, né attore. Eric, punto. Come se fosse
un’entità, uno spirito trasversale, un artista completo. Gira con la sua Laika
a pellicola. Fotografa il mondo per sapere dove vive, ritrae la gente per
capire chi è: “Scatto in bianco e nero, perché il bianco e nero, per me,
rappresentano la vita e la morte”. Bianco e nero. Come la continua altalena del
club di Leeds. George Graham sostituì Wilkinson sulla panchina; il suo arrivo
fu causa di diverse controversie da parte della stampa e dei tifosi. Graham
alle spalle aveva subìto una lunga squalifica da parte della Federazione, per
via di alcuni pagamenti illegali versati ad alcuni agenti di giocatori.
Ad ogni modo il nuovo allenatore mise a segno alcuni astuti
acquisti, grazie ai quali il Leeds riuscì a qualificarsi per la Coppa UEFA.
Nell'ottobre del 1998, Graham lasciò i Whites ed al suo posto venne ingaggiato
l'ex gunners David O'Leary come direttore tecnico, coadiuvato da Eddie Gray.
Grazie a questa coppia e alla sua politica di rinnovamento il Leeds, introdusse
moltissimi giovani talenti, come il difensore Jonathan Woodgate, il
trequartista Alan Smith ed il centrocampista Stephen McPhail, il loro talento
contribuì a trascinare la squadra alle semifinali della Coppa UEFA ed al terzo
posto in classifica, grazie al quale il Leeds ottenne l'accesso per la UEFA
Champions League.
Nella semifinale di andata della Coppa UEFA, gli inglesi si
trovarono di fronte ai turchi del Galatasaray. Disgraziatamente prima
dell'inizio di quella partita persero la vita due tifosi del Leeds, Christopher
Loftus e Kevin Speight, vittima della violenza di alcune frange di tifo estreme
della squadra turca. Nella partita di ritorno venne osservato un minuto di
silenzio, che da allora viene ripetuto ogni volta che il Leeds gioca un
incontro in prossimità della data della tragedia. Era il 9 aprile 2000. Le
risorse finanziarie non erano però state gestite adeguatamente, ed una nuova
crisi colpì nuovamente il club. I giocatori più quotati vennero venduti e i
risultati scarseggiarono pesantemente, facendo precipitare il Leeds fino in
terza divisione nel giro di poche stagioni. Non senza patemi d’ animo, il Leeds
è riuscito al termine della stagione 2009/10 a far ritorno in seconda divisione,
nella speranza di poter rivivere altri momenti d’oro. Un altro Eldorado. Ma il
presente ci parla di più bassi che alti. Ad ogni modo, comunque, questa resterà
una squadra che ha segnato un epoca nel panorama del calcio inglese, ma per
favore, alla fine, non chiamatelo sporco, non chiamatelo maledetto, chiamatelo
solo e più semplicemente Leeds United. Marching on together....
di Sir Simon
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