Maggio 1984. Elton John, è nel pieno di un tour in Germania
per promuovere il suo ultimo album. Breaking hearts, infrangere i cuori. Il
cuore. Un muscolo involontario. Al cuore non si comanda. E allora nel bel mezzo
dei concerti tedeschi, c'è uno stop, una sosta prestabilita, una fermata
obbligatoria. Quanto basta per prendere l'aereo e tornare a Londra. Si, perchè
la storia aveva chiamato, fissando l'appuntamento. A Wembley il 19 maggio, il
Watford F.C. sarebbe stato protagonista della finale di coppa d'Inghilterra
contro l' Everton. Mai successo nè prima ne dopo.. almeno fino ad oggi. La
parabola era cominciata sette anni prima, quando lo stravagante cantante nato a
Pinner distretto di Harrow nel nord-ovest londinese, decide che è giunta l'ora
di provare a risollevare le sorti di quella che da sempre è la squadra per la
quale fa il tifo. Watford appunto. The hornets. I calabroni, per via del giallo
nero delle maglie. Il primo tassello si chiama Graham Taylor, inglese di
Worksop. Assomiglia a un ufficiale al servizio di sua maestà, sarebbe stato a
suo agio anche a prua della Victory accanto a Lord Nelson fra i gorghi di
Trafalgar, oppure in mezzo ai quadrati di Wellington a Waterloo a respingere i
poderosi assalti della vecchia guardia napoleonica. Stratega accanto a
strateghi. Ma le battaglie di Taylor sono sul campo di calcio. Da calciatore
veste le maglie del Grimsby Town e del Lincoln City, ed è proprio lavorando
come allenatore negli “Imps” che Elton John lo chiama e lo porta nel Watford,
nella feroce quarta divisione inglese, nella pioggia e nel fango di Vicarage
Road. Sarà una scalata senza precedenti. Solo il Wimbledon qualche anno dopo
sarà capace di fare qualcosa di simile. Nel 1982/83 i golden boys sono ai
nastri di partenza della massima serie, e sarà solo per lo strapotere del
Liverpool che i ragazzi di Taylor non si siederanno sul trono d'Inghilterra.
Certa nobiltà non ammette intrusioni al potere. L'anno seguente non sarà un
campionato felicissimo, ma c'è anche l'impegno europeo in coppa UEFA a limare
le energie. Un avventura che si chiuderà negli ottavi di finale per mano dei
cechi dello Sparta Praga. Ma è la F.A. Cup a tenere banco, a far sperare, a far
brillare gli occhi, e il sogno va vicinissimo dall' essere realizzato. Nell'
ordine cadranno gli Hatters, i cappellai del Luton Town, in due derby
infuocati. Poi è la volta di Charlton, Brighton, e Birmingham City. Il 14
aprile si aprono le porte del Villa Park per la semifinale, giocata di fronte a
43000 spettatori. C'è il Plymouth a contendere l'accesso ai fasti di Wembley.
Ci penserà “Hot cross” John Barnes a telecomandare un traversone per la testa
del biondo George Reilly che metterà a segno il goal sicuramente più importante
di tutta la sua carriera. Watford 1, Plymouth 0. Ci sono immagini di repertorio
che testimonieranno, la gioia, quasi l'incredulità dei tifosi all'indomani del
successo di Birmingham. I cartelli affissi davanti alla sede del club,
riportano: “FA cup final terrace tickets £ 5 -Queue”. Ma nessuno si lamenta,
tutti in fila ordinatamente, solo sorrisi di gente entusiasta in attesa di
mostrare l'agognato biglietto dove spicca in nero l'inconfondibile sagoma della
coppa più bella del mondo. Da Watford all' Empire Stadium la distanza è breve,
solo poche miglia più a sud, non si cambia nemmeno linea, una decina di
stazioni della Metropolitan (quella viola..) e si scende a Wembley Park.In un
pomeriggio di sole, il capitano Les Taylor ,con il numero 4, presenta i suoi
compagni alle autorità; Sherwood, Bardsley, Price, Terry, Sinnott, Callaghan,
Johnston, Reilly, Jackett, Barnes. Allineato a pochi passi da loro c'è l'
undici di Howard Kendall, forse l' Everton più forte di sempre, e che l'anno
successivo a Rotterdam contro il Rapid Vienna conquisterà anche l'ormai ahimè
scomparsa Coppa delle Coppe. Per pura nota di cronaca questa è la prima finale
giocata con maglie dove appare lo sponsor. “Iveco”, per il Watford su una
“Umbro” giallo rossa da favola, “Hafnia”, per l' Everton su una “Le coq
sportif”di un vivace blu, per niente male. Il contrasto cromatico delle divise
con il verde del terreno di gioco rende gloria al Dio del football. Nella prima
mezz'ora gli uomini di Taylor partono alla grande e si fanno anche piuttosto
pericolosi, ma due episodi li condannano. Il primo avviene al 38' del primo
tempo quando Greame Sharp intercetta un tiro di Stevens maldestramente sfiorato
da Barnes, che accarezza il palo e termina placidamente in rete.
Successivamente al 51' della ripresa, Andy Gray approfitta di un uscita-
diciamo non perentoria- di Sherwood per sospingere in goal di testa un cross di
Steven che sembrava non finire mai. Vinceranno i toffees 2-0. Per i gialli di
Watford rimarrà solo la sempre suggestiva consolazione di salire i gradini del
palco reale e ritirare la silver medal. I tifosi dell' Everton esporranno uno
striscione che recitava: “Sorry Elton- i guess that's why they call us the
blues !” Scusaci Elton immaginiamo che sia per questo che ci chiamano i Blues.
Eh si,.. è proprio il caso di cantarglielo Sir, ci avete davvero spezzato il
cuore.
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