La scena è desolante. Bradford è una città di fantasmi. Strade
deserte, luci spente, pubs vuoti. Siamo in primavera ma il cielo grigio e la
temperatura quasi invernale rendono il tutto ancora più lugubre. Le ricerche
per tentare di scovare ancora qualche superstite sono terminate. Il bilancio è
pesantissimo, cinquantasei morti, oltre duecento i feriti. Fra i resti delle
tribune carbonizzate emergono le tracce della colpa. Una copia ingiallita del
“Bradford Telegraph” di lunedi 4 novembre 1968, e un pacchetto di arachidi
scaduto nel 1971. Peccato che quel giorno sia l’11 maggio 1985. Spazzatura che
si è accumulata negli anni sotto le assi di legno del Valley Parade e mai
smaltita. Superficialità e inadempienze pagate a caro prezzo. Quello stadio era
una bomba a orologeria pronta a esplodere. Bastò un mozzicone di sigaretta o un
fiammifero a scatenare un inferno di fuoco. Di lacrime e paura. E pensare che
avrebbe dovuto essere una festa. Il Bradford City aveva vinto il campionato di
terza divisione, e quel giorno contro il Lincoln City, ci sarebbero state le
celebrazioni di rito in un’atmosfera assolutamente allegra. I primi applausi
erano partiti ancora prima dell’inizio del match quando il capitano Peter
Jackson si era presentato in campo con il trofeo conquistato. Undicimila tifosi
in estasi. Tirava vento sulla cittadina dello Yorkshire. Il solito vento, che
da queste parti non va quasi mai a braccetto con le stagioni. E’ sempre il
solito vento. Freddo e pungente. Quelle maledette sigarette si accendono male.
Uno, due, tre cerini per i meno pratici, poi cavolo qualche tiro tanto per
darsi un aria, e il solito gesto sprezzante del bullo che getta a terra la
cicca senza assicurarsi di averla spenta. “Tanto l'ho fatto mille altre volte”.
Ma quella volta non è la solita volta. Dopo 40 minuti ci fu un primo incendio
nei pressi del settore G dello stadio e dopo soli tre minuti la polizia
cominciò a far evacuare i tifosi presenti nel settore. In seguito le fiamme
cominciarono a diffondersi, facendo crollare il tetto della tribuna. I
sopravvissuti raccontarono che era quasi impossibile respirare e l'arbitro
della gara, Don Shaw, fu costretto a fischiare l'interruzione della partita. A
causa del vento le fiamme si estesero in molti altri settori. Molti spettatori,
nel tentativo di scappare, scesero sul terreno di gioco, altri erano riusciti a
rifugiarsi nelle case vicine, altri ancora, cercarono di aiutare la polizia nel
tentativo di salvare qualcuno, ma non c'erano estintori all'interno dello
stadio; erano stati tolti per evitare possibili atti di vandalismo. Anche i
giocatori delle due squadre cercarono di aiutare le forze dell'ordine e le
aiutò anche l'allenatore del Bradford, Terry Yorath, che aveva i familiari
proprio nel settore colpito per primo dal rogo. L' identificazione fu
complicatissima. Soltanto in quindici casi la polizia ricostruì con relativa
certezza l'identità delle vittime. Il vescovo raccolse la città in preghiera.
La domenica nell’antica cattedrale c’erano oltre tremila persone. Bradford non
ha mai cercato vendette. Aldilà dell’irresponsabilità di qualcuno, l’incuria e
la scarsa manutenzione dell’impianto erano sotto gli occhi di tutti. Lo stadio
fu chiuso, ristrutturato e riaperto nel dicembre del 1986.
Era stato costruito centodieci anni prima, nel 1886, ma non
per il calcio. Vi giocava, infatti una squadra di rugby, il Manningham, che
però cadde in difficoltà economiche dalle quali cercò di riprendersi
organizzando gare di tiro con l’arco rivelatesi infruttuose per la soluzione
dei propri problemi finanziari. E allora nel 1903, con il decisivo intervento
di un certo James Whyte, di mestiere redattore del “Bradford Observer”, la
struttura venne occupata dal neonato sodalizio calcistico: il Bradford City,
che del vecchio Manningham mutuo i colori ambra e bordeaux. Sangue e senape.
Una metafora per qualità guerriere, rafforzate dal fatto che vuole l’adozione
di questa colorazione, all’uso che ne faceva il West Yorkshire Regiment di
stanza nella caserma Belle Vue, sita nei pressi del campo da gioco, e usata per
un breve periodo anche come spogliatoio. Queste tonalità furono accompagnate
dall’emblema cittadino fino ai primi anni sessanta, poi il “coat of arms”
locale fu abbandonato per lasciare spazio all’orgoglioso gallo (animale totem
della società) seduto in cima allo scudo riportante l’acronimo del club. Le insegne
della città continuano a vivere su un'altra maglia di un'altra squadra
cittadina ovvero il Bradford Park Avenue. Come sia arrivato il gallo o “bantam”
non è storia completamente chiara. Primo indizio la tinta della divisa che
riporta al “pigmento” del focoso uccello da cortile. Secondo indizio un disegno
di quest’animale che era raffigurato in origine sulla facciata degli uffici del
club. Tuttavia il nickname “Bantams” fu fortemente osteggiato per un lungo
periodo da quello “Paraders”, anche se quest’ultimo non fece mai presa sui
tifosi al punto che venne abbandonato agli inizi degli anni ottanta. Primo
manager della squadra, Robert Campbell e primo match amichevole nel settembre
1903 contro il Common Grimsby, che si impose per due reti a zero. Quattro giorni
dopo invece l’esordio in campionato con il Gainsborough Trinity. Nel 1905
prende il timone del club uno scozzese, serioso, sempre elegante, e dal baffo
curato secondo i crismi dell’epoca. Si chiama Peter O’Rourke ed è nato a
Newmilns, un piccolo borgo dell’East Ayrshire. Con lui il Bradford City
conquisterà il trofeo più importante di tutta la sua storia: la FA Cup del
1911. Servirono due partite per avere ragione del Newcastle United. La prima
gara si disputò a Londra il 22 aprile al Crystal Palace e terminò a reti
inviolate. Quattro giorni dopo, anche per motivi logistici la ripetizione ebbe
luogo all’Old Trafford di Manchester. I nomi sono scolpiti nel marmo. E nella
mente. Una litania di pionieri in bianco e nero, e un pugno di medaglie, alcune
nelle stanze museali del club insieme a altri ricordi e cimeli di quei giorni.
L’eroe di quella finale, senza nulla togliere all’istrionico portiere Mark
Mellor, al guizzante tornante Frank Thompson o al robusto difensore David
Taylor fu senza dubbio, James Hamilton Speirs. Uno nato nel quartiere di Govan
a Glasgow nel 1886. Un ragazzone dalla faccia sincera, quinto di sei figli. Suo
padre e suo nonno erano minatori, lavoro duro e salari non eccelsi. Lui a 15
anni lasciò la scuola guadagnandosi da vivere come impiegato. Il calcio entra
subito nella sua vita con la squadretta locale giovanile dell’ Annandale, ma
presto si trasferirà nel nord della città a giocare nel Maryhill FC. E’ la
primavera del 1905. Deve aver fatto sicuramente una grande impressione, perché,
dopo appena una manciata di partite, firmò per i Glasgow Rangers, al termine
della stagione 1904-05, all'età di soli 19 anni.
Nel corso delle successive tre stagioni, giocò un totale di
62 incontri nella lega scozzese segnando 29 gol per i Gers, prima di
trasferirsi al Clyde nel 1908. Un anno veramente importante per il ragazzo. In
marzo, Speirs esordisce nella nazionale di Scozia in una partita valida per il
campionato britannico contro il Galles a Dundee. Nel luglio 1909 arrivò
finalmente nel Bradford nella prima divisione inglese. Ne diventa capitano, e
segna 29 volte in 86 presenze, con ulteriori 4 gol in coppa. All’ Old Trafford
raggiunge il picco della gloria personale realizzando la rete decisiva dopo
quindici minuti dall’ fischio iniziale. Se ne andò dal Valley Parade nel 1912
per approdare al Leeds City dove troverà ad allenarlo il mitico Herbert
Chapman. Jimmy Speirs giocò la sua ultima partita di campionato nella stagione
1914-15, e nonostante fosse stato sposato e avesse bambini piccoli, tornò a
Glasgow per arruolarsi nei Cameron Highlanders. Nel mese di marzo 1916,
l'allora caporale Speirs sbarcò in Francia. Anche li un successo, forse
maggiore di quello sportivo. Vinse la medaglia militare per il coraggio avuto
sul campo di battaglia e fu promosso sergente. Ma il destino cinico e baro lo
colpì a tradimento tragicamente, a soli 31 anni. Il 20 agosto 1917,la moglie fu
informata che Jimmy era tra i dispersi. Morirà per le ferite riportate, e
ancora oggi riposa nel vento delle fiandre nei pressi di Ypres.
Il Bradford City dopo quell’impresa resterà in prima
divisione fino al 1922. Ci vorranno 77 lunghi anni per riportarlo di nuovo
nella massima serie inglese. Un arco temporale lunghissimo dove vale la pena
ricordare Cess Podd e le sue 14 stagioni consecutive dal 1970 al 1984, e Bobby
Cambell, il miglior marcatore di sempre con 121 goal a cavallo fra il 1979 e il
1986. Un pellegrinaggio infinito nelle categorie inferiori, e pochissimi
sussulti di celebrità. Il vento cambiò nel 1990. La bonaccia arriva con
l’avvento di Geoffrey Richmond sulla poltrona di presidente. Il City navigava
sempre nelle limacciose acque della seconda divisione, ma in compenso lo stadio
era stato riaperto e messo in sicurezza con la costruzione di nuove stand.
Richmond esordisce con quella che sembrò una battuta: “
Potete pure farci una risata, ma entro cinque anni questo club sarà in Premier
League”. E giù, mormorii sommessi, facili ironie, e risate di circostanza. Nel
1995-1996, Richmond assume Chris Kamara. Una mossa ispirata e indovinata.
Kamara coglie la finale play-off in una giornata da togliere il fiato. Nella
gara d’andata perse in casa contro il Blackpool 2-0. Tutto il duro lavoro
sembrava essere stato infranto. Ormai non ci credeva più nessuno. Ci credevano
ovviamente a Blackpool dove già avevano fornito ai loro tifosi le indicazioni
per il viaggio a Wembley. Ma il Bradford City annichilisce la folla del
Bloomfield Road ribaltando la situazione e vincendo per 3-0. E’ stato, forse,
uno dei risultati più sorprendenti dell’intera storia del club. Oltre 30.000
Bradfordians fecero il viaggio verso Londra Nord per vivere una giornata
indimenticabile. Sconfissero il Notts County 2-0, e si assicurarono un posto in
Division One.
La stagione successiva fu un’autentica lotta per la sopravvivenza.
Nel maggio 1997, mentre l’intera nazione aspetta di sapere se il partito
laburista di Tony Blair vincerà le elezioni, a Bradford si aspetta invece di
sapere se i Bantams batteranno il Charlton per avere ancora qualche possibilità
di salvezza. Il Bradford City vincerà 1-0 ma gli ultimi istanti saranno a dir
poco strazianti con i londinesi che colpiranno due pali nel giro di pochi
minuti. L'ultima giornata portò al Valley Parade il QPR, e il City vincendo 3-0
mantenne la categoria. Se tutto questo entusiasmo non bastasse, qualche
settimana prima la Regina Elisabetta aveva ufficialmente aperto il nuovo stand
su Midland Road. Nel gennaio del 1998, Kamarà verrà licenziato e al suo posto
subentra Paul Jewell. Ricevette una tiepida accoglienza. Tuttavia la campagna
acquisti estiva vede Il ritorno di Stuart McCall e l’arrivo dell’ attaccante
Lee Mills.
Nonostante buone aspettative , il City vinse solo una volta
nelle prime sette partite. Quando sembrava che le capacità manageriali di
Jewell non fossero in grado di dare i risultati sperati la squadra infilò una
striscia positiva impressionantie che culminò a Wolverhampton, quando una
vittoria avrebbe riportato il club di Valley Parade nella luccicante Premier
League. Il vantaggio dei Wolves mise paura a tutti, ma la terna realizzativa di
Peter Beagrie, Lee Mills e Robbie Blake portò i bantams sul rassicurante
vantaggio di 3-1. Anche quando Beagrie sbagliò un rigore la festa sugli spalti
non diminuì. I lupi però non erano rientrati nel bosco, e si riavvicinano
pericolosamente segnando il 3-2. Nervi, ansia, e sensazione di tempo sospeso.
Ma alla fine ecco il fischio tanto atteso. Dopo 77 anni il Bradford City era
tornato in Premiership e 3000 tifosi festeggiano inebriati. Nella stagione
seguente i media congiurano contro la squadra di Jewell, ritenendo il suo
arrivo nella massima serie, solo una rapida toccata e fuga nell’Olimpo dei
grandi. Si dovranno ricredere. Ancora una volta il destino della “Città”
sarebbe stato deciso l'ultimo giorno del campionato. Contro il Liverpool.. Un
pomeriggio indimenticabile. Con appena dieci minuti sull'orologio David
Wetherall di testa porta in vantaggio il Bradford. Il Liverpool mette sotto
assedio i bantams ma la tenace difesa e l’inspirato Matt Clark tengono a freno
Owen e compagni. Contro tutte le aspettative i galletti erano sopravvissuti.
Paul Jewell, i suoi pugni in aria in segno di trionfo, ha tutto il diritto di
godere con un sorriso ironico di chi aveva dubitato di lui. La gioia per la
salvezza fu ampliata anche dalla notizia che la squadra avrebbe potuto
partecipare alla coppa Intertoto, la competizione estiva per accedere a un
posto in Coppa Uefa. I bantams si comportarono bene. Furono esclusi solo al
terzo turno dallo Zenit di San Pietroburgo. Quello fu però l’inizio dei
problemi. Arrivò la retrocessione, e a dirla tutta arrivò anche Benny Carbone.
Ma i guai finanziari ebbero il sopravvento. In attesa del nuovo canto del
gallo.
http://rulebritanniauk.forumfree.it/?t=63702747
di Sir Simon
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