Ottanta anni dopo. A essere esatti settantanove, ma non
formalizziamoci troppo. Succede che a Blackburn, piccola cittadina del
Lancashire, diventata famosa per la tessitura del cotone nei secoli scorsi,
dominata da nebbie inclementi e brughiere desolate spazzate da raffiche di
vento, era tornata di nuovo la gloria. Ma non quella industriale, dovuta alla
settecentesca “Spinning Jenny” di James Hargreaves, bensì quella calcistica. Il
Blackburn Rovers era di nuovo campione d’Inghilterra. Dopo l’ultimo titolo datato
1914. Il 14 maggio 1995 i Rovers, pur sconfitti ad Anfield dal Liverpool,
approfittarono della mancata vittoria del Manchester United a Londra contro il
West Ham, e sorprendentemente conquistarono il campionato inglese per la terza
volta. Certo che a guardarlo con una prospettiva recente, quel successo targato
Kenny Dalglish, arrivato a soli tre anni di distanza dalla promozione nella
massima serie, resta indubbiamente il momento topico di questo club. Ma questa
società ha origini antichissime e piene di affermazioni importanti. E quindi
prima di parlare di quel Blackburn Rovers, è giusto tornare al punto di
partenza, addentrarci nel passato, e osservare i primi poderosi passi di quello
che fino al 1995 sembrava davvero un gigante addormentato. La squadra fu
fondata nel novembre del 1875 nei locali del St. Leger Hotel in King William
Street. Artefici del sodalizio furono alcuni ex studenti di una scuola
pubblica, che videro in John Lewis il principale promotore. Un personaggio
passato alla storia del calcio inglese giacché fondatore anche della “Football
Association of Lanchashire”. Non solo. Ricoprì gli incarichi di vicepresidente
della FA nazionale e, tanto per non farsi mancare nulla arbitrò due finali di
coppa d’Inghilterra. Comunque le cronache coeve riportarono questo: "Il
signor Thomas Greenwood è stato eletto capitano, Walter Duckworth segretario,
Johnny Lewis tesoriere. La divisa decisa sarà blu scuro e bianco sul quarto di
maglia con disegno della croce di Malta sul petto, e pantaloni bianchi". Nata
l’idea non fu semplicissimo metterla in pratica. Solamente parecchi mesi dopo
il club riuscì a trovare un terreno di gioco, un terreno e basta, se vogliamo
essere precisi. Si trovava vicino alla scuola di St. Silas. Come avete capito
un “impianto” piuttosto empirico e rudimentale privo di strutture per giocatori
e spettatori. Addirittura pare che al centro del campo si trovasse una sorta di
pozza di drenaggio di una vicina fattoria che ovviamente durante le partite
doveva essere coperta con assi di legno e erba. Per il legno ci pensò un
commerciante di legname, il padre di un calciatore, di mestiere commerciante di
questo materiale. Una gentile concessione in un periodo dove il girovagare da
un campo all’altro di questi sodalizi calcistici, per esercitare un passatempo
di tipo strettamente proletario non veniva gradito troppo facilmente dalle
autorità. A Blackburn, poi i Rovers dovettero anche rivaleggiare con le
velleità del Blackburn Olympic un club almeno nelle intenzioni di levatura più
aristocratica. Alla fine dopo altre peregrinazioni, dopo la permanenza
straordinariamente fortunata nell’impianto di Leamington Road, (dove il club
vinse niente meno che tre FA Cup), i troppo elevati costi di mantenimento
consigliarono ai dirigenti della società di trovarsi una nuova casa, che arrivò
in un quartiere piuttosto periferico, sulle rive del fiume Darwen e nei pressi
dell’ Ewood Bridge. Da lì al nome Ewood Park il passo è breve, e il 13
settembre 1890 l’esordio contro l’Accrington fu visto da oltre 10000 persone.
Tuttavia rifacendo un piccolo passo indietro i primi calci non furono
propriamente confortanti (sconfitta 0-6 contro il Nottingham Forest in un terzo
turno di FA Cup nel 1880, e uno 0-4 subito dallo Sheffield Wednesday un anno
dopo) poi nel 1882 arrivarono alla finale di quella che all’epoca era veramente
l’unica manifestazione calcistica popolare e di successo in Gran Bretagna.
Persero 1-0 con gli Old Etonians, ovvero un gruppo di ex studenti del college
di Eton, tre le cui file spiccava il celeberrimo Lord Kinnaird, vincitore di
cinque coppe e autore dopo il successo contro i Rovers di un festeggiamento
piuttosto inusuale e cioè una rapida camminata a testa in giù, quasi uno
scherno per quelli di Blackburn, che attribuirono parte dell’insuccesso alla cabala
in quanto dovettero cambiare i colori della loro divisa che nella circostanza
risultava troppo simile a quella dei loro rivali. Ma il club ebbe modo di
rifarsi. Accadrà nel 1884 sotto la saggia guida del segretario-allenatore
Thomas Mitchell, in una finale passata alla storia come una sorta di
Inghilterra-Scozia. Questo poichè tutti i giocatori del Blackburn Rovers erano
inglesi, mentre gli avversari non solo erano una squadra scozzese (Queen’s Park
per la cronaca) ma costituivano addirittura l’ossatura della propria nazionale.
Il Blackburn si impose per 2-1 davanti a 12000 spettatori, ripetendosi l’anno
successivo battendo nuovamente gli spiders di Glasgow, e realizzando un
maestoso tris nel 1886 quando piegarono nella ripetizione della prima gara il
WBA per 2-0. La prima partita fu caratterizzata dal fatto che i giocatori dei
Rovers erano arrivati al campo piuttosto infreddoliti perché sembra, si
attardarono lungo le sponde del Tamigi per seguire la classica “Boat Race”, la
gara di canottaggio fra le università di Oxford e Cambridge. E da Cambridge
arrivò anche la famosa tattica a piramide detta appunto di “Cambridge” uno
schema 2-3-5 avente, la sua base sulla linea dei cinque attaccanti affiancati,
e il vertice sul portiere . Questo modulo fece del Blackburn una delle squadre
di riferimento di quei tempi e la portò a vincere oltre a sei coppe
d’Inghilterra ( le altre nel 1890 nel 1891 dopo il trasferimento a Ewood Park,
grazie soprattutto ai goal di Billy Tomnley e Jack Southworth, e l’ultima un
po’ più tardi nel 1928), anche due titoli nazionali nel 1912 e nel 1914. Nel
1960 il Blackburn di Dally Duncan e di capitan Ronnie Clayton arrivò anche a
Wembley a giocarsi la finale di FA Cup contro il Wolverhampton. Sarà una delle
finali più calde mai giocate dal punto di visto climatico e infatti molti dei
centomila presenti furono soccorsi per malore. Sul campo ci fu invece poca
storia, i Wolves si imposero per tre a zero. Bello e menzionabile, per esempio,
anche l’epilogo della stagione 1974/75 quando la squadra vinse il torneo di
terza divisione. Gordon Lee che aveva sostituito Ken Furphy, non era affatto
contento della rosa di giocatori a disposizione. Dopo aver traghettato il
Blackburn verso una salvezza tranquilla nel primo anno della sua esperienza a Ewood
Park, nell’estate del 74 smantellò la squadra portando nuova linfa ed
entusiasmo. Nelle prime 12 partite i Rovers persero solo una volta e sembrava
un anno buono per risalire nei cadetti. A Febbraio del 1975 le prime due della
classe si dovevano incontrare a Blackburn. Il Plymouth di Paul Mariner si
trovava in testa alla classifica dopo aver battuto proprio i ragazzi di Lee 10
giorni prima per 2-1. Ne risultò una partita che è rimasta nella storia del
club per intensità ed emozioni. La pioggerella di rito e una folla di persone
che non si vedeva da troppi anni a Ewood Park. L’atmosfera era davvero
elettrica. Fu annunciato che la partita sarebbe stata trasmessa quella sera su
“Match of the day” e per risposta si levò l’urlo “We’re gonna win the league!”
D’altra parte era evento abbastanza raro che la BBC trasmettesse partite di
quella categoria. Dopo un quarto d’ora i “Pilgrims” andarono in vantaggio e
dopo altri due giri d’orologio raddoppiarono. I Rovers furono capaci di
sbagliare anche un rigore, riuscendo però ad accorciare le distanze allo
scadere del primo tempo. Un primo tempo bellissimo, ma su un campo che man mano
diventava sempre più pesante e che poteva garantire ai verdi del Devon una
ripresa volta al tranquillo mantenimento del risultato. Invece i Rovers
iniziarono a macinare gioco e fu un susseguirsi di eventi. Segnarono ben 4
volte e la partita finì 5-2 al di là di ogni previsione formulata al termine
della prima frazione di gioco. Il campionato terminò con la vittoria del
Blackburn Rovers e il Plymouth meritatamente secondo. Poi arriverà quel famoso
1995. La svolta giunse alla fine degli anni ottanta quando Jack Walker ricco
magnate locale dell’acciaio investì ingenti somme di denaro nel miglioramento
del club, tanto che nel 1992 i Rovers erano ai nastri di partenza della massima
divisione. E i primi due anni furono i chiari prodromi del successo, con un
quarto posto e una piazza d’onore. Successo che arrivò nel campionato 1994/95.
Alan Shearer fu, non solo il bomber ma anche l’anima di quella squadra. Inglese
e caparbia, con davvero pochissimi stranieri. Alan arrivò dal Southampton in
concomitanza con la promozione in Premier e il primo anno segnò 16 reti in 21
presenze. L’anno successivo si migliora facendo salire la media realizzativa e
con i suoi 31 goal il Blackburn arriverà secondo alle spalle del Manchester
United. Shearer rimase ammirato e stupito dalla cittadina del Lancashire. Disse
di essere sorpreso dal non essere disturbato da nessun vicino di casa o da
qualche tifoso invadente, nemmeno i giorni precedenti all’ultima partita
decisiva, mentre in tutta tranquillità dipingeva il proprio steccato di casa.
Niente flash, nessuna corsa per un autografo. Alan era semplicemente uno di
loro. Loro che non dimenticheranno mai quelle corse gioiose sotto le tribune e
quell’esultanza dopo ogni goal con la mano alzata e il sorriso beffardo di chi
sa di essere un attaccante di razza, quel braccio teso a salutare il pubblico
festante. I goal di Shearer riportano a un calcio antico, quasi come quello degli
anni d’oro dei Rovers, pieno d’idoli semplici, comuni, niente star, niente
wags, solo football e gli “Yeeess” urlati dopo la segnatura. In quella squadra
guidata in panchina da Kenny Dalglish a fare compagnia al “geordie” c’era Chris
Sutton, energico ragazzone nativo di Nottingham, che arrivò dal Norwich per
l’ingente somma di cinque milioni di sterline. La sua collaborazione offensiva
con Shearer fu talmente proficua che furono soprannominati con un acronimo
commerciale: S&S. La sua non fu una carriera del tutto fortunata e a 34
anni decise di chiudere con il calcio per via di un fastidioso problema
persistente all’occhio. Impossibile dimenticare il capitano Tim Sherwood, un
centrocampista che ha svolto un ruolo assolutamente essenziale per le fortuna del
club in quella stagione. Un simpatico aneddoto racconta che quando il tecnico
Dalglish cercò di sondare la società per l’acquisto di Zinedine Zidane, Jack
Walker gli rispose un pò sconcertato: “Perché vuoi Zidane quando abbiamo
Sherwodd..? In difesa spiccarono le doti del biondissimo e roccioso difensore
scozzese Colin Hendry, che aveva saltato gran parte della stagione precedente
per un infortunio. Per lui la vittoria ebbe un sapore ancora più dolce visto
che con i Rovers aveva anche assaggiato i palcoscenici della serie inferiore.
Infine senza nulla togliere agli altri il portiere. Timothy Flowers detto Tim.
Quando lasciò il Southampton nell’estate del 1993 risultò essere il portiere
più costoso di Gran Bretagna con i suoi 2,4 milioni di sterline di trasferimento.
Soldi comunque ben spesi e che garantirono interventi decisivi e quella
sicurezza necessaria per agguantare la vittoria finale. Citazioni opportune
anche per Greame le Saux, detto“il francesino” nonché raffinato laterale
sinistro, e il coriaceo David Batty. L’avversario da battere era il Manchester
United. I Red Devils avevano passeggiato a ottobre a Ewood Park vincendo per
4-2 e anche in casa la squadra di Ferguson l’aveva spuntata per 1-0. Ma
l’impressionante cammino di quelli con la rosa rossa del Lancashire sul petto
aveva fatto sì che il torneo si decidesse all’ultima giornata con le squadre
divise in classifica da soli due punti: Blackburn 89, Manchester United 87. Il
vantaggio esisteva. Questo era matematico, ma sembrava passeggero, vacillante,
come una tregua prima della battaglia finale contro un nemico ferito ma non
ancora battuto definitivamente. Lo United avrebbe dovuto sbancare per forza
Upton Park sperando nella contemporanea sconfitta o, al limite pareggio degli
avversari a Liverpool. Poteva anche starci, e i tifosi dei Rovers non dormirono
sonni tranquilli quella notte. E cosi King Kenny e il suo sgurado di pietra
tornarono ad Anfield. Ancora ad Anfield Road. A Londra i red devils misero
subito sotto gli Hammers che però al 31’ andarono in vantaggio con Hughes.
Shearer nel frattempo fa esplodere la curva dei sostenitori arrivati da
Blackburn portando avanti i suoi. All’intervallo sembrava tutto già deciso. Ma
nella ripresa lo United continua a giocare una partita a senso unico confortato
anche dalla miglior differenza reti in caso di conclusione a parità di punti, e
il campionato si riaprì quando Brian McClair impattò per lo United, e John
Barnes pareggiò i conti per il Liverpool ad Anfield. Da questo momento, ed è il
20’ minuto del secondo tempo, lo United sottopone la porta di Ludek Miklosko,
l’estremo difensore del West Ham, ad un autentico tiro al bersaglio. Il goal
sembrava dovesse arrivare a momenti, e ciò avrebbe consegnato il titolo nelle
mani degli uomini di Alex Ferguson.
Nel settore occupato dai tifosi dei Rovers si vivono momenti
di disperazione e paura. Uno sguardo al campo, e un orecchio alla radiolina
nella speranza che il Manchester United non segni ancora. Un’unica partita, in
due stadi diversi, con il collante di mille emozioni. Al Bolyen, Miklosko è in
giornata di grazia, quelli di Manchester mettono le tende nella sua area di
rigore, ma lui para l’impossibile e respinge ogni tentativo di Cantona e
compagni di portarsi in vantaggio. Gli Hammers avevano raggiunto una posizione
di classifica tranquilla, ormai non avevano più nulla da chiedere al
campionato. Ma qui non si vende la dignità. Non si regala niente a nessuno.
Sportività e orgoglio. E l’incredibile suspense scorre fino al 93’ quando ad
Anfield Jamie Redknapp porta in vantaggio il Liverpool chiudendo di fatto
quell’incontro. Liverpool 2 Blackburn Rovers 1. Le immagini della televisione
inglese si soffermarono inevitabilmente sul volto di Kenny Dalglish,
riproponendo seppure a distanza di alcuni anni la stessa immagine vista sempre
in quello stesso stadio, quando il tecnico scozzese allora con il Liverpool si
vide sfilare il titolo a beneficio dei Gunners. Ad Upton Park arriva la notizia
del vantaggio del Liverpool ma l’assedio in corso alla porta posizionata sotto
la Bobby Moore Stand non produce il goal tanto atteso. Le inquadrature della Tv
continuarono a indugiare su Kenny Dalglish che però improvvisamente scompare
alla vista sommerso dall’abbraccio dei colleghi della panchina. In campo
festeggiano tutti, esplode la gioia. Il Manchester United non c’è l'aveva
fatta. Non era riuscito a segnare il goal che gli avrebbe fatto vincere un
nuovo titolo. La difesa del West Ham tenne testa fino alla fine. Tim Sherwood e
Colin Hendry alzarono al cielo una copia del trofeo sponsorizzato Carling che
la Football Association nel dubbio aveva spedito anche a Londra. Ma quella
resterà chiusa nel buio di uno sgabuzzino, mentre quella inviata a Anfield
brillava nel cielo di Liverpool. “ Arte et Labore”..
http://rulebritanniauk.forumfree.it/?t=63756240
di Sir Simon
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